Il governo Meloni non ha ancora messo mano alla riforma pensioni 2023 che sarà inevitabilmente prorogata al 2024, ma molto probabilmente l’idea che prevarrà sarà quella di una riforma ponte che possa accompagnare il corpo dei lavoratori attraverso una exit a che garantisca i 62 anni per chi ha già collezionato 41 anni di contributi, un miraggio per tutti i giovani o gli over ’50 che hanno una discontinuità contributiva. Esiste però un modo per andare in pensione anche entro (o prima) dei 63 anni. Ecco in che modo.
Riforma pensioni 2023: la exit a 67 o 63 anni?
Come sappiamo la legge Fornero ha fissato il paletto dell’età anagrafica a 67 anni e un secondo paletto, che forse resterà nella riforma proposta e attuata da governo Meloni, dei 41 anni di contributi, anche questi oggetto di critica da parte di alcuni analisti che vedono proprio nel montante contributivo uno scoglio insormontabile per alcune generazioni. Tuttavia è ancora possibile anticipare la exit da 67 a 63 anni, anche in assenza di riforma facendo leva su degli escamotage che sono tutt’ora attivi. Parliamo della possibilità di uscire dal mondo del lavoro dopo soli 20 anni di contributi.
Per poter usufruire di questa exit tuttavia sarà doveroso passare (per chi non lo ha già fatto) al calcolo contributivo integrale, ma l’assegno non potrà essere inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale. A conti fatti dunque potrebbe non convenire, almeno per coloro che hanno già un gran numero di contributi e potrebbero, in tempi bravi, sperare in una exit con quota 41. Infatti nel 2022, l’età media dei pensionati è stata di 62 anni.
Riforma pensioni 2023: le possibili vie d’uscita
Anche se la quota 41 universale è onerosa almeno quanto le misure ponte volute da Matteo Salvini in questi anni, non ultima quota 102 che è intervenuta al posto di quota 100, per questo motivo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, aveva proposto una exit a due velocità che contava un assegno ridotto a partire dai 62 o 63 anni, per poi consentire al pensionato di percepire un assegno pieno non appena toccati i 67 anni. Una riforma quest’ultima, che avrebbe penalizzato di poco i lavoratori e rispettato comunque le casse pubbliche. Al momento però il governo Meloni non si è mai voluto esprimere in merito alla possibilità della sua attuazione e si attende piuttosto il parere di una commissione ad hoc nominata.