IL FUTURO PREVIDENZIALE DEI GIOVANI

Nel libro di Pasquale Tridico “Il lavoro di oggi, la pensione di domani”, scritto con Enrico Marro, si affronta anche il tema del futuro previdenziale dei giovani. Come riporta Tiscali Cultura, nel volume si legge infatti che “mentre chi ha cominciato a lavorare prima del 1996 (con sistema di calcolo del trattamento retributivo e misto retributivo-contributivo) ha diritto a un’integrazione dell’assegno fino al raggiungimento della pensione minima (572 euro al mese nel 2023), chi sta interamente nel contributivo riceverà soltanto l’importo maturato sulla base dei versamenti fatti durante l’intera vita lavorativa. Chi ha iniziato dopo il 1995, se ha fatto molto precariato e ha ricevuto retribuzioni basse, rischia di avere una pensione da fame”. Intanto, come riporta Ansa, anche l’Associazione nazionale forense esprime “forte preoccupazione” per la bocciatura da parte dei ministeri dell’Economia e del Lavoro della delibera della Cassa forense sull’estensione al 2023 dell’esonero contributivo integrativo minimo.



L’ALLARME DEL PRESIDENTE INPS SULLA RIFORMA PENSIONI 2023

Calo demografico e disoccupazione sono i due veri temi centrali nella sfida per la prossima riforma pensioni 2023: lo ha detto il Presidente dell’INPS ormai giunto al termine del suo mandato, Pasquale Tridico. Intervistato a “Coffee Break” su La7 per presentare il suo ultimo libro, il professore sottolinea «Il lavoro resta Principale difficoltà del Paese da tre decenni abbiamo lo stesso tasso di occupazione intorno al 59%, abbiamo fatto diverse riforme per migliorare, ma abbiamo sempre 23milioni di lavoratori, e grande sacche di disoccupazione giovanile e di donne, specie al Sud, oltre che una quota importante di lavoro nero».



Ma si può migliorare se si vuole, visto che ora conosciamo la ‘malattia’ rileva ancora Tridico: «Inoltre, Se i giovani vanno all’estero vi é un problema, si perdono cervelli e vuol dire che le condizioni in Italia non sono adeguate, ma si può agire». Il Presidente INPS riflette sul rapporto tra sistema pensionistico, occupazione e natalità: «Noi abbiamo un sistema pensionistico che é a ripartizione, vuol dire che i lavoratori di oggi sostengono i pensionati quindi dovremmo avere tanti più lavoratori attivi , e questo tasso é di 1,4 , e nel 2050 se questo sarà il trend sarà 1 a 1. Va invertito con politiche alla famiglia, alla natalità, politiche di conciliazioni più spinte», riassume “Pensioni per tutti” nel focus sull’intervento del Presidente Tridico. (agg. di Niccolò Magnani)



L’INTERROGAZIONE A SCHILLACI

Marco Simiani, deputato del Pd, insieme alla collega Ilenia Malavasi, ha presento un’interrogazione al ministro della Salute Orazio Schillaci per evidenziare un problema relativo alle pensioni di invalidità. Come riporta grossetonotizie.com, l’esponente dem ha detto: “Invece di millantare l’indicizzazione delle pensioni, già previsto dal Governo Draghi, il Ministro Salvini si preoccupi di mantenere le promesse fatte dal suo collega di partito, il sottosegretario alla Salute Claudio Duringon, per rimediare al pasticcio sulle pensioni di invalidità. L’esecutivo Meloni, non allineando all’inflazione i limiti di reddito per poter beneficiare della pensione di invalidità, ha infatti negato a chiunque abbia un reddito lordo di 18mila euro annui questo beneficio aggiuntivo. Da gennaio molti cittadini con gravissime patologie riconosciute sono stati infatti espropriati di questo sostegno economico, spesso necessario per mantenere livelli di vita dignitosi. Il Governo è consapevole di questa situazione, ma non è ancora intervenuto per risolverla”.

BOCCIATA LA DELIBERA DELLA CASSA FORENSE

Come spiega Ansa, l’Organismo congressuale forense esprime “grave preoccupazione” per la decisione dei ministeri del Lavoro e dell’Economia di non approvare la delibera adottata dal Comitato dei delegati di Cassa forense il 16 settembre 2022 con cui veniva esteso al 2023 l’esonero del pagamento del contributo integrativo minimo. Mario Scialla, Coordinatore dell’Ocf, spiega che tale decisione “colpisce gli avvocati con i redditi più bassi in modo incomprensibile. Ciò che indigna di più, però, non sono tanto le non condivisibili ragioni tecniche alla base del diniego”, ma “alcuni passaggi della decisione, che dimostrano la totale mancanza di conoscenza di quella che è la difficile situazione che da anni vive l’avvocatura”. Infatti, secondo i ministeri il fatto che un terzo degli iscritti dichiari un fatturato inferiore può essere indice che “esercitano altre professioni per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo o, ancor peggio, sono lavoratori dipendenti”. Per l’Ocf, “all’avvocatura va ridata la giusta dignità che merita. Diversamente, si rischia una sua reazione”.

RIFORMA PENSIONI, LE SIMULAZIONI DI ANDREA CARBONE

In un articolo pubblicato su L’Economia, inserto del Corriere della Sera, Andrea Carbone evidenzia che un lavoratore dipendente 30enne che già investe il proprio Tfr nella previdenza integrativa può “raggiungere una pensione pari al 96% del proprio reddito investendo di tasca propria, ogni mese, solamente l’1% della propria retribuzione”. Il fondatore di Smileconomy illustra quindi i risultati di alcune simulazioni compiute, dalle quali emerge che un lavoratore 40enne dipendente in una grande azienda, potrebbe, considerando sia la pensione pubblica che quella privata maturata con il Tfr e il versamento volontario di un 1% della propria retribuzione (cui verrebbe aggiunto un 1% da parte del datore di lavoro), “arrivare ad una rendita pensionistica pari all’83% del proprio attuale reddito”.

L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Si tratterebbe di “un risultato di tutto rispetto, che darebbe una pensione in linea con quella della generazione di nonni e genitori, che in media potevano contare su (almeno) l’80% della propria retribuzione”. I risultati “sarebbero naturalmente migliori per un 30enne, che avendo più tempo di fronte a sé, potrebbe raggiunge il 92% del proprio reddito, mentre un 50enne potrebbe passare dal 67% al 75% del proprio tenore di vita”. Carbone spiega inoltre che “i risultati raggiungibili dai lavoratori di aziende fino a 50 dipendenti potrebbero essere perfino migliori, perché oltre al Tfr maturando si potrebbe conferire anche quello maturato. Un 40enne potrebbe complessivamente raggiugnere il 93% del proprio reddito, un 50enne l’89%”.

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