La riforma pensioni 2023 con quota 103, che rappresenta una via di mezzo tra quota 100 e quota 102, che però consentirà un exit lavorativa anticipata a fronte di una grande rinuncia sull’assegno mensile. Come è stato già detto, i reali beneficiari della riforma voluta dal ministro Marina Calderone saranno all’incirca 48.000, anche se, stime alla mano, potrebbero non superare i 18000.



Riforma pensioni 2023: i punti deboli di una riforma strutturale con quota 41 “secca”

La spesa complessiva è relativa a una forchetta molto ampia che va da 256 milioni di euro fino a 750 milioni di euro, a fronte di un milione di euro previsto inizialmente. Il “risparmio” sulla spesa pubblica relativa alla previdenza sociale e al pagamento pensionistico è dovuta anzitutto al taglio sulla perequazione delle pensioni, esiste infatti un indice cosiddetto “perequativo” che consente di calcolare la rivalutazione delle pensioni sulla base dell’inflazione.



Ebbene questo ricalcolo non è stato effettuato al 100% per tutti gli importi mensili, ma soltanto per quelli al di sotto dei 2000 euro. Un calcolo in un qualche modo limitato e condizionato che però consentirà un risparmio di 25 miliardi nei prossimi anni.

L’obiettivo del governo meloni è quello di giungere ad una quota 41 pura, quindi senza il paletto dell’età anagrafica. Oltre ad aver chiarito che questa strategia non beneficerà coloro che non hanno mai avuto una continuità contributiva, oltre a chiarire che non beneficerà i giovani, così come ha dichiarato Alberto Brambilla, il presidente del centro studi e ricerche itinerari previdenziali, che ha fatto proprio il punto su questo tallone d’Achille della riforma pensioni 2023. Ma la domanda è non soltanto relativa all’effettivo beneficio che si otterrebbe da una quota 41 pura che verrebbe discussa, almeno stando alle dichiarazioni dei membri del governo, entro il prossimo aprile 2023, ma anche in relazione all’effettiva capacità di questo governo di eliminare al cento per cento la legge Fornero.



Riforma pensioni 2023: perché la riforma Fornero è difficile da eliminare

Anzitutto va tenuto presente che entro il 2030, l’anno in cui entrerà in vigore il sistema contributivo puro al 100%, si otterrà un risparmio calcolato intorno allo 0,8% del PIL punto soprattutto nel periodo che va dal 2011 al 2020, la riforma delle pensioni è contribuito a risparmiare circa 22 miliardi di euro. Si tratta del 1,4% del PIL.

Naturalmente, nonostante i sacrifici delle persone che sono costrette a veder slittare continuamente la propria exit lavorativa, è lo stato non poter fare a meno di questa riforma. Infatti ad influire moltissimo è stato il calo demografico in cui l’Italia va incontro ormai da molti anni Ma negli ultimi anni il calo demografico, soprattutto quello degli italiani, è diventato realmente insostenibile.

Per quanto concerne dunque l’elaborazione di una riforma pensioni 2023 strutturale entro il prossimo aprile, il governo dovrà considerare altre misure correttive che possano in un qualche modo avviare a tutti i problemi di una quota 41 pura. Perché c’è da tenere in conto non soltanto delle generazioni che verranno, ma anche di quelle che hanno dovuto affrontare la pressoché totale assenza di una legge previdenziale durante gli ultimi decenni.