Andare in pensione nel 2023 potrebbe risolvere una gran parte dei problemi, anzitutto superare in anticipo uno stallo politico senza precedenti. Se è vero infatti che l’Italia non ha mai avuto una legge strutturale sulle pensioni, e se è vero che le riforme si sono sommate alle precedenti creando un caos vero e proprio il tema di legislazione nel settore previdenziale, è pur vero che c’è chi potrebbe essere disposto a fare comunque dei sacrifici e a rinunciare ad una buona fetta dell’assegno mensile pur di non entrare nella bolgia della riforma pensioni 2023.
Riforma pensioni 2023: quali sono i vantaggi di andarci con Ape sociale?
E così c’è chi si domanda, conviene andare in pensione in anticipo con una buona dose di rinunce oppure conviene aspettare che il governo approvi la legge sulle pensioni?
Soprattutto, in che modo è possibile uscire dal mondo del lavoro andando anticipatamente in pensione? La risposta è molto semplice, sfruttando l’ape sociale, quella che l’ex ministro Orlando avrebbe voluto rendere strutturale ma non ha poi proceduto nemmeno alla bozza di legge. Così come esattamente avrebbe voluto fare anche Giorgia Meloni, anche se l’Ape Sociale è stata riconfermata solo per un altro anno. Eppure si tratta di uno strumento molto importante per assicurare la pensione anche a coloro che hanno avuto una vita lavorativa caratterizzata da discontinuità contributiva. Prima di rispondere alla domanda, se è giusto andare in pensione adesso con l’attuale riforma, quindi con quota 103 oppure con l’Ape sociale, bisogna capire quali sono gli svantaggi di queste due misure.
Anzitutto l’Ape Sociale è stata organizzata in 12 mesi, quindi chi sceglie di andare in pensione adesso deve calcolare che la tredicesima mensilità non potrà riceverla. L’altro elemento che potrebbe costituire uno svantaggio per taluni è l’assenza di reversibilità dell’Ape sociale. Se ad andare in pensione dovesse essere infatti un coniuge, questi deve sapere che non potrà trasferire l’ape sociale al coniuge che sopravvive alla morte del pensionato.
Riforma pensioni 2023: è giusto aspettare la legge strutturale?
L’ape sociale inoltre non è integrabile al trattamento minimo e non gode delle maggiorazioni sociali. Ha un importo limitato di 1500 euro al mese e si interrompere al compimento del 67° anno di età. Infatti, una volta giunti al traguardo fissato dalla legge Fornero, si potrà fare richiesta della pensione di vecchiaia.
Il dubbio che hanno molti contribuenti e lavoratori è se andare in pensione quest’anno con l’Ape sociale deriva dal fatto che, pur avendo maturato i requisiti di pensione con l’Ape sociale, non è possibile accedervi successivamente in quanto l’ape sociale non gode di cristallizzazione del diritto. Per bloccare la possibilità di accedere con quella particolare riforma infatti, sarebbe necessario presentare una domanda e sbloccare l’agevolazione pensionistica.
Con l’Ape sociale non è possibile farlo: chi presenta la domanda deve necessariamente andare in pensione entro l’anno oppure perde la possibilità di poter usufruire dell’Ape sociale. Se a ciò si aggiunge che quest’ultima cadrà il 31 dicembre 2023, capiamo che chi ha dei dubbi non ha praticamente scelta. Si può decidere anche di attendere ad una riforma pensioni 2023 che sia in un qualche modo equa e per cui non generi una grande perdita all’interno del proprio assegno mensile. Ma sarebbe comunque un terno al lotto, perché il governo potrebbe non arrivare ad elaborare una riforma pensioni, oppure la riforma a 41 anni di contributi senza limite anagrafico potrebbe costituire un limite per altre persone. Quindi l’Ape sociale diventa obbligatoria, ma se chi ne fa ricorso a una famiglia numerosa, deve anche tenere in conto della possibilità di non riuscire a rendere reversibile l’assegno pensionistico.