Il governo Meloni aveva promesso una legge strutturale sulle pensioni dal 2024, eppure per il 2023 restava la misura ponte di quota 104 che adesso esce di scena, nuovamente a favore di quota 103. Nel 2024 verrà attuata quota 41 universale?
Riforma pensioni 2023: cosa prevede la manovra fiscale
La manovra fiscale che verrà approvata entro la fine del 2023, prevede l’uscita di scena di quota 104 in favore di quota 103. In pratica non sarà più possibile andare in pensione a 41 anni di contributi e 63 di età anagrafica, ma già a 62 anni e 41 anni di contributi. Pare dunque che al Governo Meloni non spaventi quota 103 anche se prevede una exit riferita al paletto dell’età anagrafica anticipata di un anno. Il motivo è molto semplice: Già nel 2022 la maggior parte dei lavoratori che hanno deciso di andare in pensione avevano, per la maggioranza, in media 62 anni.
Riforma pensioni 2023: perché torna in auge quota 103
Con il ripristino di quota 103, il governo ha dimostrato ancora una volta che l’unico cardine su cui vede il fondamento di una bozza per le pensioni è il requisito tanto osteggiato nella stessa Riforma Fornero che si intendeva superare. Pare proprio che fuori dal quel requisito dei 41 anni di contributi non possa fondarsi nessuna riforma pensioni, perchè si tratta del parametro su cui si fonda l’ordine integrale dei conti del sistema previdenziale che già dal 2035 potrebbe subire un grave chock.
La misura si applica a chi abbia maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2023, anche se la pensione viene liquidata dopo una finestra temporale di 3 mesi per i lavoratori privati e 6 mesi per i lavoratori del settore pubblico.
Chi maturerà i requisiti da gennaio 2024 potrà lasciare il lavoro con un assegno ridotto, a differenza della Quota 103 in vigore ora. Questa differenza dipende dal fatto che nel 2024 sarà attuato un ricalcolo integralmente contributivo lasciando così decadere i vantaggi maturati prima del 1996. E viene prevista una nuova penalizzazione correlata alle finestre: i lavoratori del settore privato dovranno aspettare 7 mesi, mentre i pubblici dipendenti ne dovranno attendere 9.