LE PAROLE DI LIZZAMBRI (UILP)
Come riporta Ansa, a Genova si è svolto il Consiglio regionale della Uil Pensionati Liguria, la cui Segretaria generale, Ambra Lizzambri, ha ricordato che il capoluogo ligure “guadagna il triste primato di una inflazione al 7,3% rispetto al 7,1% nazionale, con una spesa annuale di 1.590 euro in più per nucleo familiare”. E a pagarne il prezzo più alto sono le donne. “È un enorme problema. È stato calcolato che mediamente le pensioni delle donne arrivano ad essere inferiore anche di 8.000 euro a quelle degli uomini. Perché le donne hanno una carriera discontinua a partire da contratti ballerini come quelli a tempo determinato e perché hanno impegni familiari laddove non arriva il pubblico a garantire i servizi alle persone e alle famiglie. Sono le donne a sopperire licenziandosi e di fatto facendo il vero welfare”, spiega il sindacato. Tra l’altro spesso gli assegni dei pensionati diventano un supporto importante per i loro familiari, ma il loro importo continua a essere messo a dura prova dai rincari di molti beni e servizi.
ALLARME CNEL SULLA RIFORMA PENSIONI E L’INTERO SISTEMA PREVIDENZIALE
Durante l’audizione davanti alla Bicamerale sugli Enti previdenziali, il Presidente del Cnel ed ex Ministro Renato Brunetta lancia l’allarme sull’attuale riforma pensioni e soprattutto sulla tenuta del sistema previdenziale nel prossimo futuro. «Aver concesso per decenni pensioni non sostenute da un corrispondente gettito contributivo sta alla radice non solo del disavanzo pensionistico, ma anche di gran parte del debito pubblico», spiega il responsabile del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro.
Senza effettivi e realistici interventi di “riordino” dell’assetto pensionistico, il rischio – ribadisce Brunetta – «è un collasso dell’intero sistema», definito come verosimile «con una spesa stimata fino al 23% del Pil attorno al 2030». È ancora il Presidente del Cnel a sottolineare come il problema per i giovani non è tanto il metodo di calcolo contributivo, bensì «la qualità del lavoro e la natura delle carriere discontinue». (agg. di Niccolò Magnani)
LA POSIZIONE DELLA UIL
Secondo la Uil, l’emendamento del Governo all’articolo 33 della Legge di bilancio “è inaccettabile, condanna definitivamente la possibilità di andare in pensione in anticipo e amplia le discriminazioni tra il personale sanitario e le altre categorie”. Infatti, “per i lavoratori pubblici iscritti alle Casse di previdenza interessate, la nuova norma prolunga fino a 9 mesi la finestra di uscita per chi richiede la pensione anticipata. Sommato ai requisiti contributivi ordinari, significa porre la pietra tombale sul diritto alla pensione anticipata. Non solo, alla discriminazione contro i lavoratori del pubblico se ne aggiunge un’altra interna, quella tra i medici e gli infermieri e tutte le altre categorie. Solo per i lavoratori della sanità, infatti, viene previsto un meccanismo che riduce la diminuzione derivante dalle nuove aliquote di un trentaseiesimo per ogni mese in più lavorato dalla maturazione del diritto alla pensione anticipata. In breve, una Quota 46 mascherata da bonus”.
L’ANALISI DI MARINO
Mauro Marino evidenzia che il 2023 “è l’ennesimo anno che è stato buttato via sulla previdenza, con pochissimi interventi, per giunta peggiorativi sia sull’Ape Sociale che su Quota 103 e Opzione Donna, che di fatto consentiranno a poche migliaia di persone di accedere al pensionamento anticipato. Nulla sulla pensione di garanzia dei giovani, nulla sui coefficienti di trasformazione, nulla sulla previdenza complementare, nulla sulla flessibilità in uscita”. In un articolo su pensionipertutti.it, l’esperto previdenziale spiega che in tema di riforma delle pensioni bisognerebbe “consentire una amplissima flessibilità in uscita con lievi penalizzazioni ed al tempo stesso incentivare, almeno per alcune tipologie di lavoro, chi voglia rimanere oltre l’età ordinamentale di pensionamento. Cominciare, poi, a scardinare un tabù in Italia rappresentato dall’intoccabilità delle pensioni fissando un limite agli importi mensili (per esempio 5.000 euro lorde per quelle a cui non corrispondono adeguati versamenti contributivi)”.
RIFORMA PENSIONI, LA RICERCA DELLA FISAC-CGIL
Una ricerca condotta dal dipartimento Sostenibilità e Responsabilità sociale d’impresa della Fisac-Cgil evidenzia come i criteri ESG siano ormai entrati nelle decisioni di investimento dei fondi pensione del settore finanziario. Come riporta Ansa, l’indagine è stata svolta da consiglieri della Fisac-Cgil che operano all’interno dei Fondi previdenziali dei dipendenti di Banca Intesa Sanpaolo, Previbank, Bcc, Unipol e Generali; a questi si è aggiunta anche una rilevazione sul fondi di previdenza dei dipendenti del Monte dei Paschi di Siena. “Soprattutto dopo la Pandemia, i fattori Esg sono passati dall’essere un ‘nice to have’ ad un ‘must have’”, spiega la segretaria nazionale della Fisac Cgil, Chiara Canton. Resta però da verificare “se poi si traducano in azioni concrete: il rischio è che spesso si tratti di operazioni di marketing, di green washing”.
L’IMPORTANZA CRESCENTE DEI CRITERI ESG
L’obiettivo principale della ricerca, fa sapere la coordinatrice del dipartimento Sostenibilità e Rsi della Fisac-Cgil, Sabina Porcelluzzi, “è stato quello di innescare una nuova attività di engagement con la Governance del fondo e con l’Azienda, indagare sulle politiche ESG e svelare come coniugare gli obiettivi di sostenibilità con i rendimenti necessari per gli investimenti previdenziali”. Dalla ricerca emerge “come sia maggioranza la risposta affermativa alla domanda se esistano specifiche responsabilità Esg all’interno del consiglio del Fondo; così come sono presenti politiche di retribuzione, legate a fattori Esg, all’interno del fondo in una percentuale, anche qui ampiamente maggioritaria (66,7% delle risposte)”.
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