Finalmente la presentazione del DEF il documento economia e finanza che il governo deve presentare ogni aprile a conferma dell’attuabilità degli interventi previsti in legge di bilancio, è giunto alla luce all’insegna della prudenza e delle strette di cinghia ed è stato presentato questa mattina in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Una dote di 3 miliardi sul fronte energia, ma una totale assenza di bozza programmatica per una legge strutturale. Come previsto tutto è rimandato al 2024.



Riforma pensioni 2023: DEF all’insegna della prudenza (o dell’immobilismo?)

Ebbene, il governo è riuscito a racimolare 3 miliardi di euro per gli interventi sul fronte energia, come sostegno a famiglie e imprese nel pagamento delle bollette attraverso la riconferma del bonus sociale.

Poi abbiamo la legge delega che aprirà le danze con la prossima legge di bilancio da approvare entro la fine di quest’anno fiscale. Questo documento programmatico da un occhio molto attento e prudente alla tenuta dei bilanci pubblici a testimonianza di ciò il totale mancato accenno ad una legge strutturale sulle pensioni. del resto già il Ministro Marina Calderone aveva dichiarato che la legge strutturale sulle pensioni sarebbe stata rinviata al 2024.



E così è stato perché di fatti mancano le coperture. E mancano anche perché il governo non è riuscito a mantenere tutte le promesse fatte in campagna elettorale durante i primi mesi di governo, quando sognare era ancora lecito.

Se infatti dopo la legge di bilancio alcuni avversari come Matteo Renzi avevano obiettato all’esecutivo che la manovra non avesse un ampio respiro e avrebbe costretto il governo a fare i conti nel mese di marzo 2023.

Riforma pensioni 2023: 2026, l’anno dell’emancipazione?

Ed infatti così è stato. La prima cosa che Giorgia Meloni ha dovuto mettere nel cassetto è stata la possibilità di lavorare serenamente alla riforma pensioni 2023. Infatti, oltre a mancare le coperture c’è anche il problema non da poco che la quota 41 per tutti, la cosiddetta quota 41 universale, potesse costare più del previsto: almeno 12 miliardi di euro. Per la precisione, stando a Il Sole 24 ore del maggio 2022, 4 miliardi per il primo anno (ben 3 in più rispetto a quanto costa quota 103 di adesso), per poi passare a 9 gli anni successivi. Il totale, solo per iniziare è di 12 miliardi. Troppo per il sistema previdenziale italiano.



Se il governo ha dovuto tenere saldi i conti pubblici per il 2023, l’anno dell’emancipazione economica resta per tutti il 2026. Sarà solo allora che il governo potrà allargare i margini di manovra, se lavora bene oggi, ma prima di allora i piedi dovranno restare ben saldi sul terreno.

Ed è per questo che si fa molta attenzione ai risvolti positivi della riforma fiscale che dovrebbe trovare piena attuazione nel 2025. dopo almeno due anni dalla sua approvazione e dopo l’approvazione dei Testi Unici.

Riforma pensioni 2023: i sindacati abbandonano i tavoli delle trattative

Dalla seconda metà del 2023 dovrebbe verificarsi anche un progressivo calo dell’inflazione e dei suoi effetti collaterali, ovvero i tassi d’interesse con graduale ripresa dei mutui.
Per quanto concerne la Riforma pensioni 2023, questa non ha da farsi. Tutto, come previsto, è stato posticipato all’anno che verrà e, sicuramente, qualsiasi sia la riforma a cui il governo mira, non potrà assolutamente accontentare tutti.

Il governo conferma il taglio di 2 punti dei contributi previdenziali (3 per i redditi più bassi) che al momento è finanziato solo per il 2023. Si tratta di una dimostrazione di “buone intensioni” che vale 5 miliardi, ma che serve a confermare l’obiettivo finale ovvero il taglio di 5 punti per tutti.
Pe dicembre 2023 quindi ci sarà certamente la riconferma di quota 103, ma non certo un lavoro su quota 41 che dovrebbe beneficiare anche del lavoro dell’osservatorio creato dal governo proprio per questa finalità.

Del resto che Giorgia Meloni e Marina Calderone avessero deciso di mettere da partequota 41