Il giorno del 30 maggio è ormai vicino e sono in tanti a domandarsi quale strategia potrebbe essere adottata dal premier Giorgia Meloni e dal ministro del lavoro Marina Calderone: potrebbero stupire tutti attraverso la presentazione di una bozza di legge strutturale? Questo ormai appare già abbastanza difficile.

Riforma pensioni 2023: una legge per tutti è impossibile

La riforma pensioni 2023 non è soltanto appesa a un filo per l’inerzia del governo che, non riuscendo a sciogliere il bandolo della matassa, ha dovuto necessariamente nominare una commissione ad hoc che ha il compito di valutare gli effetti di qualsiasi scelta legislativa sul tessuto socio economico dei pensionati del futuro.



Ormai la legge strutturale è difficile da realizzare principalmente per il fatto che in Italia non ci sono coperture. Inoltre, conti alla mano, cominciano a cadere poco a poco tutte le convinzioni dei membri e dell’esecutivo: quota 41 era stata presentata come la soluzione a tutti i mali, una riforma che avrebbe potuto soppiantare la intanto detestata riforma Fornero. Ma è bastato fare i calcoli di quanto questa misura avrebbe comportato in termini di spesa pubblica entro i primi tre anni di attuazione per alzare le mani: da 19 a 27 miliardi di euro.



E così il governo Meloni ha cambiato idea, ma le idee non sembravano del tutto chiare: la necessità di convocare una commissione di studio era doverosa perché non si sarebbe mai compreso veramente in che direzione muoversi, se non si fosse fatta una fotografia della situazione attuale. Eppure di statistiche ne sono state pubblicate a bizzeffe: da un lato abbiamo un corpo di lavoratori che rischia di affollare il sistema previdenziale sin dal 2035. Mancano già pochi anni all’anno fatidico, quello in cui il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori.

Riforma pensioni 2023: Giorgia Meloni chiederà un rinvio sulle pensioni?

Ed ecco che una legge strutturale sembra quasi una mission impossible, poiché non esiste una riforma pensioni che possa realmente accontentare tutti. Quota 41 ad esempio avrebbe fortemente penalizzato i giovani ma anche gli over 50 caratterizzati da una discontinuità contributiva. Infatti è proprio l’elemento dei 41 anni di contributi a risultare inconciliabile, in un Paese come l’Italia, con la exit anticipata a 64 anni, così come avrebbero voluto i sindacati.



E dunque di cosa si parlerà il 30 maggio 2023? Con ogni probabilità, essendoci molti punti all’ordine del giorno, il governo Meloni cercherà di abbozzare sotto banco una riforma procrastinando l’incontro ufficiale vero e proprio che sarà incentrato necessariamente sulla riforma pensioni 2023.

Tutto per non creare rumors prima del momento fatidico in cui, con una riforma pensioni pronta, Giorgia Meloni deciderà di renderla ufficiale incassando automaticamente critiche e applausi.