LE PAROLE DI GARDINI

Maurizio Gardini è stato riconfermato alla presidenza di Alleanza delle cooperative dall’assemblea dei delegati e, come riporta Ansa, nel suo intervento ha evidenziato la necessità di “un nuovo patto per il lavoro per creare ricchezza da redistribuire a partire da una maggiore detassazione delle forme di welfare e dei premi di produttività”. Il Presidente di Confcooperative, si è anche espresso a favore degli “strumenti che si prendono carico delle povertà, ma non chi si nasconde dietro l’assistenza dello Stato: queste protezioni sociali non posso essere un alibi per non lavorare, occorre combinarle sempre più a strumenti di politiche attive. Sulle pensioni siamo pronti a sostenere forme di flessibilità in uscita a patto che tengano conto dell’equilibrio dei conti pubblici”. Una formula, quest’ultima, che incontra un favore trasversale nel dibattito sulla riforma delle pensioni, ma che deve ancora trovare una traduzione concreta in proposte effettive di intervento rispetto all’attuale sistema previdenziale.



OPZIONE DONNA, AL VIA DOMANDE SU RIFORMA PENSIONI

Sono scattate sul portale Inps le domande da presentare per sfruttare la riforma pensioni prorogate in Manovra 2023 per l’Opzione Donna, seppur con la platea ristretta dal Governo con l’ultima Finanziaria. Diversi sono i canali che restano a disposizione delle lavoratrici: il più diretto è tramite il portale Inps, accedendo tramite SPID di Livello 2, CNS o CIE e seguendo il percorso: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Pensione anticipata “Opzione donna” – Domanda”. Disponibili anche altri canali come Patronati, CAF, oppure telefonando al Contact Center Integrato al numero verde 803164 o il numero 06164164.



Ricordiamo che la riforma pensioni di Opzione Donna resta accessibile per tutte le lavoratrici disoccupate, con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, con un riconoscimento di invalidità civile di grado almeno pari al 74%. Da ultimo, la lavoratrice che sia dipendente oppure autonoma deve avere 60 anni e 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2022. In tutto questo resta il rebus attorno alla misura che potrebbe essere modificata allargando la platea nei prossimi mesi: giovedì è previsto un nuovo incontro dei sindacati con il ministro del Lavoro sul tema delle pensioni e si tornerà a parlare anche di Opzione Donna. Come ha spiegato oggi sul nostro quotidiano Giuliano Cazzola, «che cosa si potrà fare con effetto immediato senza rinviare la modifica alla scadenza di fine anno, nel quadro di quella riforma strutturale annunciata e attesa? In primo luogo, occorrerà trovare un vettore utile (in sede di conversione del Decreto milleproroghe?) e poi si dovranno risistemare le coperture. È compito dei riformisti (“quale sono e fui” copyright Cecco Angiolieri) contribuire a ridurre il danno laddove sono stati commessi errori come – a mio parare – nel “pacchetto pensioni” contenuto nella Legge di bilancio». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI MALAVASI (PD)

Ilenia Malavasi chiede “perché la Lega ha prima ritirato e poi nuovamente presentato l’emendamento che allunga a 72 anni d’età e fino al 31 dicembre del 2026, l’uscita verso il pensionamento di tutti i dipendenti della sanità pubblica, aggravando una situazione che vede gli ospedali preclusi ai giovani medici aggiornati e neo-specializzati?”. La deputata del Partito democratico evidenzia che la Lega si batte per abbassare l’età pensionistica, quindi “vorremmo sapere perché per i medici non vale lo stesso principio”. “La Lega ascolti i rappresentanti sindacali e le associazioni di categoria e ritiri un emendamento che è uno schiaffo ai medici e un segnale molto chiaro nei confronti dei soliti noti. Il Paese ha bisogno di una sanità che sappia programmare il futuro, di giovani motivati in corsia e di risorse certe e stabili nel tempo. Invece, la destra si occupa di fare favoritismi personali alle solite lobby in un Paese che ha i medici più anziani d’Europa. Questa è una forzatura ingiusta contraria al necessario rinnovo generazionale. Ritirino l’emendamento”, aggiunge Malavasi.

SINDACATI CONTRO EMENDAMENTO AL MILLEPROROGHE

L’Intersindacale della dirigenza medica, come riporta collettiva.it, evidenzia che la “norma sul pensionamento dei medici e dirigenti sanitari a 72 anni è uscita dalla porta e rientrata dalla finestra. Ci impegneremo con ogni mezzo possibile per evitare alla categoria questo ulteriore schiaffo”. È stato infatti presentato dalla Lega un emendamento al Milleproroghe per rendere possibile il mantenimento in servizio fino a 72 anni dei medici. “L’ossessione di riproporre una norma inaccettabile la dice lunga anche sull’incapacità di trovare soluzioni strutturali alle criticità del nostro sistema sanitario, che vive ormai nella totale assenza di programmazione”, spiegano i sindacati, che evidenziano il rischio che si apra “una frattura difficilmente sanabile tra parti sociali e governo, che porterà a uno stato di agitazione della categoria in mancanza di risposte esaustive alle criticità strutturali della sanità pubblica”. Vedremo se l’emendamento resterà o meno durante l’iter parlamentare.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI REALFONZO

Secondo Riccardo Realfonzo, “in Italia il tasso di partecipazione al lavoro è tra i più bassi in Europa. Di questo passo arriveremo a un lavoratore per un pensionato e questo non è sostenibile. Bisogna allargare la base produttiva del Paese, minata da trent’anni di politiche di austerità”. Intervistato dal Corriere della Sera, il Presidente del fondo Cometa ricorda di aver da tempo “proposto di creare un meccanismo che incentivi gli investimenti dei fondi pensione nell’economia reale del Paese, mediante l’introduzione di una garanzia di rendimento, con una soglia sotto la quale interverrebbe lo Stato coprendo il differenziale. Tale soglia dovrebbe essere commisurata alla rivalutazione del Tfr nel lungo periodo. Le parti sociali nell’industria metalmeccanica chiedono a gran voce politiche industriali. Questo potrebbe essere uno degli strumenti per finanziarle”.

GLI INCENTIVI PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Per incentivare la previdenza complementare, dal suo punto di vista “molto utile sarebbe la reintroduzione di un meccanismo silenzio assenso di sei mesi: se il lavoratore non sceglie tra Tfr e fondo pensione, viene automaticamente iscritto al fondo. Ma servirebbe anche ridurre la tassazione. Oggi i rendimenti annuali sono soggetti a un prelievo del 20%, ridotto al 12,5% per i titoli di Stato; poi scatta la tassazione sulle prestazioni. Si dovrebbe intervenire per ridurre il carico fiscale sui fondi a partire dalla detassazione dei rendimenti in fase di accumulo. Poi c’è un problema drammatico che riguarda i giovani che, a causa dei rapporti di lavoro precari, rischiano di avere pensioni da fame. Occorrerebbe riportare al centro il contratto a tempo indeterminato e in ogni caso introdurre una pensione di garanzia pubblica per evitare queste situazioni”.

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