VERSO UNA NUOVA OPZIONE DONNA

Secondo quanto riporta Il Mattino, la ministra del Lavoro Marina Calderone vorrebbe ripristinare la vecchia versione di Opzione donna, ma avrebbe contro sia palazzo Chigi che il ministero dell’Economia. “Così i tecnici avrebbero iniziato a ragionare su una soluzione diversa per permettere alle lavoratrici, sempre su base volontaria, di poter anticipare il pensionamento”. In particolare, si starebbe pensando di “copiare” il meccanismo dell’Ape social per le over 60. “Si tratta di una indennità che può arrivare al massimo a 1.500 euro al mese, pagata per dodici mesi l’anno, e riservata ad alcune categorie di lavoratori che svolgono mansioni usuranti”, fino “al compimento del 67esimo anno di età, momento in cui sarà poi percepita la pensione. L’ipotesi, secondo quanto ricostruito da fonti governative, sarebbe al vaglio dei tecnici per la prossima manovra di bilancio e dovrà dunque passare il vaglio della stima delle platee coinvolte e delle coperture”.



DURIGON E LA RIFORMA PENSIONI DI QUOTA 41

«Quota 41 per tutti entro la fine della legislatura»: lo ribadisce oggi su “La Stampa”, dopo l’incontro di ieri al Ministero del Lavoro con i leader dei sindacatiClaudio Durigon. Al netto delle distanze evidenziate ancora al tavolo delle trattative, con la Cis e l’Ugl disposte al dialogo mentre Cgil e Uil sulle “barricate”, il sottosegretario al Lavoro in quota Lega torna a sottolineare come l’unica vera riforma pensioni studiata dal Governo in pianta stabile sarà appunto la Quota 41 per tutti.



«Abbiamo fatto passi importanti per capire le posizioni delle parti sociali e ribadisco come tutti gli interventi devono essere economicamente sostenibili», sottolinea Durigon, «tutte le azioni che si possono mettere in campo, da un minimo di garanzia, che può essere rappresentato dalla proroga che si può dare per assodata di Quota 103, ad altre misure che possiamo prendere. È vero che non abbiamo ancora definito le risorse, ma ci sono alcune cose che certamente non si bypassano». Su Quota 41 il sottosegretario al Lavoro aggiunge quanto gli sta a cuore come provvedimento, «posso garantire che poi si farà. Se sarà fatta quest’anno o comunque il prossimo lo vedremo. Ma sia come Lega che come governo vogliamo senz’altro portare a casa questo risultato. E già la quota 41 nella quota 103, con 62 anni di età, è un primo passo in questa direzione. Con la Quota 102 di Draghi andarono in pensione 108.000 persone con la Quota 103, come la chiamate voi coi 41 anni di contributi ed il 62 anni di età, già oggi sono 17.000 quelli che hanno lasciato il lavoro in anticipo, poi ci sono tutte le altre domande in lavorazione, per cui raggiungeremo certamente le 40-50.000 uscite previste a fine anno». Il tema è uno e uno solo con la Quota 41 in arrivo nei prossimi anni: «voglio abbattere la riforma Fornero». (agg. di Niccolò Magnani)



L’IPOTESI DEL GOVERNO

Stando al Sole 24 Ore, al tavolo di confronto coi sindacati il Governo avrebbe prospettato l’ipotesi di creare “uno strumento unico per gli esodi incentivati, al posto dei tre attuali, da vincolare anche a nuove assunzioni. E da modellare sulla falsariga del contratto d’espansione prevedendo anche un sostegno pubblico e l’estensione alle Pmi”. Tale strumento dovrebbe essere introdotto nella prossima Legge di bilancio. L’ipotesi potrebbe essere gradita a Confprofessioni che, come riporta lavorofisco.it, ritiene che si debba rivolgere una particolare attenzione “ai meccanismi di staffetta generazionale, ai prepensionamenti e a tutti gli strumenti che possano favorire l’ingresso dei più giovani nel mondo del lavoro senza però accrescere la spesa previdenziale”. Cruciale sarebbe quindi “l’accesso alle misure di prepensionamento, come il contratto di espansione, anche alle Pmi, comprendendo gli studi professionali e il potenziamento dei Fondi di solidarietà bilaterali costituiti dalle parti sociali nei processi di staffetta generazionale”.

LA POSIZIONE DELLA CISAL

Secondo la Cisal, “parlare di uscite anticipate e pensioni integrative è importante ma sono solo palliativi. Il vero problema è l’importo dell’assegno che verrà corrisposto ai pensionati futuri, integralmente disciplinati dal sistema contributivo, che subiranno uno svantaggio durissimo rispetto alle generazioni precedenti”. Come riporta Ansa, la delegazione Cisal rappresentata dai segretari confederali Massimo Blasi e Marcello Pacifico e dalla dirigente Mariarosa Calabretta, ha spiegato che “per noi l’obiettivo resta quello di condividere e definire interventi e soluzioni che portino ad una riforma strutturale del sistema pensionistico che, tuttavia, non potrà prescindere dall’incremento dell’occupazione e dei livelli retributivi, dalla riduzione dei fenomeni di evasione ed elusione contributiva e da una corretta separazione tra previdenza e assistenza”. Secondo Pacifico, “dopo 41 anni di contributi bisogna garantire di andare in pensione con il massimo dei contributi che non possono essere inferiori all’80% dell’ultimo stipendio”.

RIFORMA PENSIONI, NUOVI INCONTRI TRA GOVERNO E SINDACATI

Nell’incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni tenutosi ieri, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha spiegato che ci saranno degli incontri su alcuni temi specifici, come l’ampliamento dell’Ape social e l’incentivazione della previdenza complementare, con l’obiettivo di arrivare a settembre ad avere un quadro in vista della Legge di bilancio. Intanto il Centro studi di Unimpresa fa sapere che “è destinata a crescere di quasi 65 miliardi di euro la spesa per le pensioni in Italia, nei prossimi quattro anni, da oggi al 2026, in aumento del 22% rispetto al 2022. Il costo totale degli assegni pensionistici si attesterà a 318 miliardi nel 2023, in crescita di 21 miliardi (+7%) sullo scorso anno e il saldo salirà sistematicamente nei tre anni successivi, rispettivamente di 22 miliardi, 10 miliardi e 11 miliardi, per arrivare a quota 362 miliardi a fine 2026”.

IL SENTIERO STRETTO PER IL GOVERNO

Complessivamente, “la spesa per le pensioni, che nel 2022 valeva il 15,6% del Prodotto interno lordo, attesa al 15,8% quest’anno, arriverà al 16,1% del Pil a fine 2026”. Il Presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, spiega quindi che “interventi sulle pensioni sono imprescindibili, ma occorre ragionare sui numeri per evitare di cullarsi su promesse poco realizzabili. Il Governo ha annunciato misure che hanno un costo di 10 miliardi sulle casse dello Stato, ma la disponibilità effettiva, al momento, è di appena un paio di miliardi. La traiettoria della spesa, senza queste nuove misure, è già in forte aumento e il sentiero, pertanto, è particolarmente stretto”. Forse anche per questo il Governo non si sbilancia sulle misure che intende adottare in vista del 2024.

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