LE PAROLE DI CUPANI

Come noto a luglio dovrebbero finalmente arrivare gli aumenti delle minime, fino a 600 euro per gli over 75, varati con la Legge di bilancio, comprensivi degli arretrati. Per Tina Cupani, Segretaria generale della Fnp-Cisl del Veneto, tuttavia, “è giusto che gli anziani che hanno una pensione minima, o inferiore alla minima, sappiano che non tutti avranno questi incrementi, che sono peraltro di natura transitoria”. Infatti, sono escluse dall’incremento le pensioni basse che hanno natura assistenziale. Per la sindacalista, “questo dovrebbe insegnare al Governo a non fare più facili proclami, e rinnoviamo la richiesta di affrontare la riforma fiscale e la riforma previdenziale in modo strutturato e parallelo”, visto che “per i pensionati la tutela del potere d’acquisto è cruciale, per quanti hanno un assegno basso è vitale contare su sostegni certi. Non ci stancheremo di ripetere che una seria ed efficace lotta all’evasione e all’elusione fiscale sia la vera ricetta per recuperare risorse da destinare al welfare, non una flat tax che rischia di favorire solo i redditi alti”.



IL “BILANCIO” DI TRIDICO SULLE PENSIONI

Si conclude l’esperienza di Pasquale Tridico come Presidente INPS e nell’ultima conferenza stampa di “bilancio” sui risultati ottenuti tra il 2019 e il 2023, non sono pochi gli accenni alla riforma pensioni ancora tutta da costruire per i prossimi mesi. «Con voucher, intermittenza, bassi salari, si creano pensioni povere», è l’attacco diretto dal professore nominato dal M5s contro il Governo Meloni.



Oggi il sistema delle pensioni, ha spiegato ancora Tridico, «si basa sul lavoro. Quanto più è stabile e ben retribuito tanto più sarà alta la pensione. I voucher hanno una contribuzione del 13% appena contro il 33% del lavoro stabile». Secondo Kearney ed Swg, spiega il presidente uscente dell’INPS in conferenza stampa, il 2050 sarà “l’Italia degli ultrasessantacinquenni”, in quanto «il fenomeno dell’invecchiamento demografico, che oggi vede il rapporto tra anziani e giovani di 4 a 10, tra meno di trent’anni crescerà del 34% arrivando a un rapporto di 7 a 10. Quella dei settantenni diventerà cosi una nuova classe che, contando su un’aspettativa di vita più lunga e in buona salute, è oggi fuori dal servizio pubblico e assicurativo tradizionale, ma che rappresenterà un valore non solo da proteggere ma anche una importante opportunità di sviluppo». (agg. di Niccolò Magnani)



I DATI DEL RENDICONTO INPS

Come riporta Italia Oggi, dal rendiconto generale approvato dal Cda dell’Inps emerge che il 2022 si è chiuso con un bilancio in attivo per “23.554 milioni, registrando una crescita di 21.497 milioni rispetto al 2021”, mentre “l’avanzo di parte corrente registra 14.354 milioni e il risultato in conto capitale 9.200 milioni”. Un dato interessante è quello relativo alle entrate contributive, che “sono risultate pari a 256.138 milioni, con un aumento dell’8,1% sul 2021, a 256.138 mln. Il maggior incremento in valore assoluto riguarda le contribuzioni dei lavoratori dipendenti del settore privato (+9,2%), ed è pari a 13.755 mln, per un totale di 163.657 mln; in termini percentuali, invece, i versamenti dei lavoratori autonomi riportano un aumento del 13% (+2.521 mln, per un totale di 21.948 mln). I contributi dei dipendenti del settore pubblico raggiungono i 60.586 mln (+1.906 mln, pari a un incremento del 3,2%); quelli dei lavoratori parasubordinati e liberi professionisti aumentano del 12%, per un totale di 9.947 mln”.

L’APPUNTO DELL’INAC-CIA

La Cia Toscana ricorda che dai dati dell’Osservatorio Inps emerge che “il 21,2% delle pensioni nel complesso è al di sotto dei 500 euro, dato che cresce al 23,2% per le donne. Si tratta di un dato che conferma la spia da tempo accesa dal Patronato Inac-Cia, che denuncia l’esposizione al rischio di povertà e indigenza per milioni di pensionati che hanno lavorato duramente per una vita e a cui non viene riconosciuta una pensione dignitosa”. Dunque, l’aumento a 600 euro delle minime varato con l’ultima Legge di bilancio “non risolve la questione portata al tavolo dal Patronato Inac-Cia, in quanto non consente la tutela del potere di acquisto delle famiglie. La novità è prevista nell’ultima manovra e mira ovviamente a garantire un maggior sostegno economico a chi non ha conseguito i requisiti previdenziali per trattamenti di ammontare più consistente”. Tra l’altro, l’aumento a 600 euro riguarda solo gli over 75 e non tutti i pensionati. E arriverà solamente a partire da luglio.

RIFORMA PENSIONI, LE NOVITÀ DEL DECRETO LAVORO

La Flp-Scuola di Foggia ricorda che nel decreto lavoro ci sono tre misure riguardanti le pensioni. La prima “consiste in una ricongiunzione dei contributi più onerosa”, con una maggiorazione, “in considerazione del combinato disposto tra gli oneri a carico del lavoratore che aumentano e una rivalutazione del montante contributivo che si riduce. Dunque, non proprio una bella notizia”. La seconda riguarda i lavoratori precoci, “che possono andare in pensione con la c.d. ‘quota 41’. Il decreto lavoro, infatti, “allarga da due a tre le uscite per i lavoratori precoci: oltre a quelle già previste del 31 marzo e del 30 novembre, sarà ora possibile l’uscita anche al 15 luglio, a condizione ovviamente di rientrare in una delle situazioni di disagio economico o sociale previste per l’Ape sociale”.

LA PROROGA DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE

Quest’ultime sono: “essere disoccupati e da almeno tre mesi non percepire più assegni di disoccupazione; caregiver familiari di conviventi con disabilità o non autosufficienti; inabili al lavoro per almeno il 74%; soggetti rientranti in una delle categorie di lavoratori che svolgano mansioni gravose”. Infine, la terza misura è la proroga fino al 31 dicembre del 2025 del contratto di espansione, “che consente di avviare piani concordati di esodo per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi (5 anni) dal conseguimento del diritto alla pensione. Dunque uno ‘scivolo’ attuabile però solo previo accordo sindacale, con l’azienda che andrà a pagare il costo della pensione maturata dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto fino al momento in cui il lavoratore raggiunge i requisiti per la prestazione pensionistica vera e propria, anticipata o di vecchiaia”.

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