RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI CGIL E SPI
Il dipartimento previdenza della Cgil e dello Spi ha svolto un’analisi sui “tagli pesantissimi sulle pensioni nel biennio 2023-2024, che raggiungono 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette)”. Si tratta di tagli che, “proiettati sull’attesa di vita media raggiungono importi elevatissimi, si parte da 6.673 euro netti per un pensionato con una pensione netta di 1.786 euro, fino a raggiungere 36.329 euro nette, per una pensione di 2.735 euro nette”. Dura, quindi, la critica di Lara Ghiglione, Segretaria confederale della Cgil: “Il Governo Meloni fa cassa sulle pensioni. Infatti, oltre ad essere riusciti nell’impresa clamorosa di peggiorare la legge Monti/Fornero, azzerando qualsiasi forma di flessibilità in uscita, continua a tagliare per migliaia di euro la rivalutazione delle pensioni”.
LE PAROLE DI GHIGLIONE E SACCHETTI
La Cgil ricorda anche che “il Governo intende cambiare dal 2027 gli indici con cui calcolare la rivalutazione delle pensioni, sostituendo l’attuale indice di perequazione con il deflatore Pil”. Si tratta di una modifica che “avrebbe un impatto gravissimo sulle pensioni, con una perdita mensile di 78 euro per una pensione di 1.786 euro nette e di 230 euro per una pensione di 2.735 euro nette. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi che variano tra 18.019 euro fino a 35.051 euro di mancato guadagno”. “Non c’è nessuna equità in queste scelte, soprattutto per una fascia di popolazione che ha solo questo strumento per tutelarsi, almeno parzialmente, dagli incrementi del costo della vita indotti dalla crescente inflazione”, sottolineano Ghigilione e Tania Sacchetti, Segretaria nazionale dello Spi-Cgil.
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