LE RICHIESTE DELLA FNP-CISL

Il nuovo Segretario generale della Fnp-Cisl Palermo Trapani, Armando Zanotti, come spiega alqamah.it, evidenzia la necessità che si proceda a “rivedere il confine fra previdenza e assistenza, introdurre la pensione di garanzia per i giovani, maggiore flessibilità in uscita senza penalizzazione a partire da 62 anni di età o con 41 anni di contributi e la revisione del calcolo delle pensioni di reversibilità”. Dal suo punto di vista è “fondamentale anche la riforma del fisco, perché bisogna adeguare le pensioni al costo della vita e tagliare le tasse con aliquote progressive”. Daniela Fumarola reggente della Fnp.Cisl nazionale, ha spiegato che “continueremo a incalzare il Governo nazionale, soprattutto sull’auspicata e promessa rivalutazione delle pensioni, e quindi la totale indicizzazione di tutte gli importi. Serve confrontarsi per questo punto e per un dibattito aperto su una riforma complessiva della previdenza, a partire dalla separazione tra assistenza e previdenza”.



LA PROTESTA DEI MEDICI SULLA RIFORMA PENSIONI

Tra le categorie non soddisfatte dalla prima riforma pensioni operata dal Governo Meloni – anche se ancora ridotta nei termini e inserita nella maxi Manovra 2023 – resta quella dei medici e dei sanitari. In particolare a far sentire la propria voce in questi giorni è la Federazione sanitari pensionati e vedove (Federspev): «Si parla molto di integratori per la salute degli over 65, ma noi chiediamo integrazioni alle nostre pensioni», sottolinea il n.1 della federazione, Michele Poerio, che denuncia «i medici e gli operatori sanitari sono vessati».



In merito alla Finanziaria del Governo, prosegue la polemica nella nota di Federspev, «il Governo Meloni – viene affermato in un comunicato – perpetra l’ennesimo furto a carico dei pensionati (non solo di quelli fruenti di trattamenti medio-alti o elevati, ma anche di quelli fruenti di trattamenti medi, cioè tra 5 e 10 volte il Trattamento minimo) sull’onda del meloniano refrain mediatico che ne proclama la legittimità in nome di una ‘giustizia sociale’ non più differibile». Durissimo il comunicato che si conclude con l’affondo sull’articolo 58 della Manovra, quello sul meccanismo di rivalutazione delle pensioni: «tale articolo massacra l’ordinario e consolidato meccanismo di rivalutazione delle pensioni – conclude il presidente – stabilito dalla Legge 388/2000, meccanismo necessario per adeguarle nel fluire del tempo all’andamento del costo della vita al fine di preservarne il potere di acquisto». (agg. di Niccolò Magnani)



L’ANALISI DI TESTUZZA

In un articolo pubblicato sul sito del Sole 24 Ore, Claudio Testuzza evidenzia che è “fallito, con la legge di bilancio, l’assalto alla riforma Fornero, che mantiene inalterati, anche per il 2023 , i suoi capisaldi di pensionamento di vecchiaia a 67 anni e di anticipata a 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e dieci mesi per gli uomini, gli interventi sul settore previdenziale sono stati minimi”. “Il 2023 sarà, comunque, un anno interlocutorio per le pensioni. Il Governo ha, infatti, preannunciato una riforma strutturata del sistema previdenziale che, secondo le previsioni, dovrebbe vedere la luce solo nel 2024 e la cui base di discussione è stata programmata per le prossime settimane con un incontro con i sindacati il 19 gennaio”, aggiunge Testuzza, ricordando che nel frattempo “Opzione donna ha avuto un forte ridimensionamento”. Vedremo se il Governo interverrà nuovamente su questa forma di pensionamento anticipato come era emerso da alcune dichiarazioni di esponenti della maggioranza nelle scorse settimane.

LA SCELTA FRANCESE SULLE MINIME

Mentre in Italia fa discutere la proposta di Forza Italia e di Silvio Berlusconi di portare le pensioni minime a mille euro, in Francia la Premier Elizabeth Borne ha annunciato, come riporta Ansa, che la minima verrà portata “a un minimo di circa 1.200 euro netti, pari all’85% del salario minimo”. Nel nostro Paese, con la Legge di bilancio 2023, solo gli over 75 avranno una minima di 600 euro, la metà di quanto si avrà oltralpe. Intanto il Segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, plaude all’iniziativa del Governo per tenere sotto controllo i prezzi dei carburanti, ma chiede anche che vengano “prorogati strumenti per calmierare e assorbire parzialmente l’impatto di questa escalation su redditi, salari e pensioni. Significa ripristinare il taglio delle accise, disboscare i balzelli non coerenti al comparto energetico, confermare l’abolizione degli oneri generali di sistema. Il Consiglio dei ministri metta mano a questa emergenza con nuove misure ben raccordate a una nuova e partecipata politica dei redditi”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI GIULIANI

In un articolo pubblicato su lavoce.info, Paolo Giuliani spiega che “la spesa per pensioni è una posta di centrale importanza del bilancio dello Stato, ma è affetta da una sorta di schizofrenia: da una parte il numero delle pensioni è alto (le pensioni invalidità, vecchiaia e superstiti dichiarate dall’Inps nel mese di ottobre 2022 sono 17,7 milioni), a causa di scelte passate estremamente generose nei requisiti e nel metodo di calcolo (il numero di pensioni liquidate con il sistema retributivo è ancora maggioritario rispetto a quelle liquidate con il metodo contributivo introdotto dalla ‘riforma Dini’ nel 1995); d’altro canto, oltre il 30 per cento delle pensioni erogate è di importo inferiore a mille euro. Il nostro è dunque un sistema né sostenibile né adeguato”.

L’IMPORTO DELLE PENSIONI CHE FA RIFLETTERE

Il giurista ritiene quindi “ragionevole che il Governo, per risolvere il dilemma sostenibilità-perequazione torni indietro dal sistema progressivo a fasce di reddito e riproponga il meccanismo dell’importo della pensione imponendo, eventualmente, un blocco temporaneo dell’adeguamento per i redditi più elevati. È probabilmente lo strumento più logico per conciliare la salvaguardia dell’equilibrio della finanza pubblica con le esigenze di equità”. Dal suo punto di vista “c’è poi un dato su cui riflettere: il 23 per cento dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese. Senza politica dei redditi e con l’inverno demografico il peso del sistema pensionistico verrà sempre di più sostenuto con il ricorso alle risorse erariali e sempre meno a quelle contributive”.

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