L’anno scorso orribili per l’INPS sarà il 2035 quando il numero dei lavoratori sarà inferiore nettamente rispetto a quello dei pensionati. In alcune aree d’Italia ciò sta già avvenendo, esistono delle città dove vivono più pensionati che lavoratori. Ma a Bergamo si respira un’altra aria, esistono infatti 122 lavoratori per ogni 100 pensionati. Una percentuale del 22% superiore rispetto ai percettori dell’assegno mensile. Questo ha indotto Giacomo Meloni, segretario generale di Fnp CISL provinciale a investire prevalentemente sulla natalità. La riforma pensioni 2023 dovrà tenere conto necessariamente di questi dati anche per guardare alle generazioni future.



Riforma pensioni 2023: la Lombardia supera la media italiana nel rapporto lavoratori/pensionati

Il caso di Bergamo non è l’unico in Lombardia dove è incentrata la maggioranza dei lavoratori italiani, spesso emigranti. Infatti prima di Bergamo c’è Brescia con 135 lavoratori su 100 pensionati, Lodi con 134 lavoratori su 100 pensionati, Milano con 133 lavoratori su 100 pensionati esattamente come Como.



La proporzione a livello nazionale di 111 su 100 pensionati in 39 province invece i pensionati hanno già superato il numero dei lavoratori.

Ma le ultime scelte di Giorgia Meloni puntano tutte sulla natalità e non è soltanto un fatto di sensibilità femminile: infatti l’unica speranza di invertire la rotta che ci porterà ad un enorme difficoltà che già si respira oggi ma che sarà conclamata nel 2035 fino a raggiungere i massimi livelli nel 2050, è quella di avere un maggior numero di giovani lavoratori nei prossimi decenni attualmente però il saldo della natalità è ancora negativa. Come racconta Danilo Mazzola, segretario Cisl di Bergamo a bergamonews.it:



Non condividiamo che le pensioni continuino ad essere considerate una spesa e non si tenga conto del ruolo sociale che hanno, ritenendo che le misure intervenute negli ultimi anni hanno determinato risparmi rilevanti per effetto del minor numero di prestazioni liquidate rispetto a quanto previsto. Inoltre, nella determinazione della spesa pensionistica incidono molte voci, che non hanno natura previdenziale, e non hanno corrispondenza in altri paesi Europei, pertanto diviene necessario intervenire nella rilevazione evidenziando alcune specificità del nostro sistema andando a separare la spesa in previdenza e la spesa per assistenza. Sicuramente gli interventi messi in atto nei ultimi mesi dal governo, in particolare su opzione donna, che ne ha fortemente limitato l’accesso, e sul taglio ai finanziamenti ai fondi stanziati per l’anticipo pensionistico Ape social, vanno nella direzione contraria a una riforma della previdenza presentata al governo da Cgil, Cisl e Uil a gennaio 2023”.

Riforma pensioni 2023: l’immigrazione e la natalità

Un’altra fonte di approvvigionamento viene individuata anche nell’immigrazione che potrebbe dare comunque un gettito nelle casse previdenziali dell’Istituto Nazionale previdenza sociale.

Un modo per migliorare la situazione del futuro sarà quella di intervenire sugli stipendi e, contestualmente, anche sull’imponibile previdenziale da versare nella contribuzione per avere pensioni nel futuro non troppo basse che costringerebbero le future amministrazioni ad intervenire sulle pensioni minime in una condizione già fortemente debilitata.