Il governo sta ancora discutendo con sindacati e parti sociali per definire la legge strutturale sulle pensioni che entrerà in vigore nel 2024 o, tutt’al più, nel 2025. Dipenderà dal fatto se la riforma sulle pensioni verrà inserita nella NADEF di settembre oppure spostata all’interno della presentazione del DEF 2024. In questo caso i primi effetti della Riforma pensioni 2023 potrebbero slittare anche di due anni e finirebbero per coincidere con l’attuazione dei decreti attuativi della riforma fiscale che è stata recentemente approvata.



Ma la brutta notizia è che anche con quota 103, dal 2024 la maggior parte dei pensionati sarà costretto a richiedere il pensionamento una volta raggiunti i 67 anni anagrafici già previsti dalla Riforma Fornero. Quest’anno il dato interessante INPS è che il 30% di coloro hanno fatto accesso alla pensione, anche sfruttando Quota 103, ma anche altri strumenti come Ape sociale e Opzione donna concerne anticipi pensionistici. Un terzo degli italiani, nell’incertezza politica ha deciso di andare in pensione anticipatamente.



Riforma pensioni 2023: quota 41 soddisferà mai le esigenze deli italiani?

Ciò determina un elemento importante: superare la legge Fornero è determinate e necessario per la maggior parte degli italiani. Se lo è per gli italiani, che costituiscono la base degli iscritti alle sigle sindacali, deve esserlo anche per le stesse dirigenze, al netto del fatto che alcune di queste sono favorevoli a quota 41 universale, quella ideata senza il vincolo dell’età anagrafica che, purtroppo, finirebbe per prorogare la permanenza lavorativa dei giovani o semplicemente di non migliorare la exit lavorativa anagrafica di quanti hanno avuto una discontinuità contributiva e, per poter raggiungere i 41 anni di contributi dovrebbero restare ancora molto tempo al loro posto.



Insomma, c’è da chiedersi se quota 41exit a 62 e 64 anni d’età, che hanno costituito gli argomenti all’ordine del giorno di tutti i tavoli sindacali promossi dal ministero del lavoro sotto la dirigenza Orlando, un dato di fatto che, se paragonato con l’attuale consenso a quota 41, dimostra una certa arrendevolezza da parte proprio dei sindacati.

Riforma pensioni 2023: il 30% degli italiani vuole andare in pensione prima dei 67 anni

Ma il dato statistico c’è e parla chiaro: il 30% degli italiani ha chiesto e fatto in modo, pur perdendoci, di andare in pensione anticipatamente. Questo dato rilevato dall’INPS potrebbe da un lato spingere alla proroga di quota 103, che nella sostanza non avvantaggia nessuno, e dall’altra a rafforzare e migliorare la proroga di Ape sociale e Opzione donna (rivista, dopo che il governo meloni l’ha depotenziata obbligando le donne a spostare di due anni l’anticipo pensionistico, se confrontato con “la prima versione” dello strumento destinato prevalentemente alle donne). Insomma l’obiettivo resta sempre quello di superare la Fornero, ma per poterlo fare occorre serietà e non slogan politici.

L’ultimo monitoraggio condotto dall’Inps sui flussi di pensionamento conferma come più di 3 trattamenti su 10 sono erogati con la fisionomia di assegni anticipati o prepensionamenti. E l’età media dei titolari di queste pensioni è di 61,1 anni per gli iscritti al Fondo lavoratori dipendenti dell’ente previdenziale, di 61 anni per coltivatori diretti, mezzadri e coloni per poi salire leggermente a 61, 4 anni nel caso degli artigiani, 62,1 anni in quello dei commercianti e a 62,4 per i dipendenti pubblici.