L’ANALISI DI CAZZOLA
Commentando con Lapresse le misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio, Giuliano Cazzola ha dichiarato: “Vedo che il fantasma dello scalone è ancora in giro e che si sono allocati ben 3,5 miliardi, ma non è dato capire a cosa serviranno e come opererà il fondo per la flessibilità che dovrebbe prendere il posto dell’ape sociale e di opzione donna. A mio parere si tratta di risorse sprecate, piazzate lì ‘nella vigna a far da palo’ per ragioni politiche”. L’ex deputato ha anche spiegato di rimanere “dell’opinione che sia sbagliato consentire – in via generale non in casi particolare di difficoltà – di andare prima in pensione con un trattamento più basso di quello a formula piena. Sarebbe una misura che contrasta con la realtà. Sarebbe insensato mandare il quiescenza degli anziani/giovani con un assegno ridotto magari intorno ai 60 anni di età per ritrovarseli ad 80 anni buoni solo per l’ospizio”.
LA FORTE CRITICA DELLA UIL CONTRO LA RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA
La critica alla Manovra era già arrivata come con la Cgil prima della Manovra 2024: adesso che è stata approvato il primo schema di Bilancio, il sindaco Uil contesta pesantemente l’impianto della Finanziaria specie sul fronte della riforma pensioni e del fisco (mentre promuove il Governo sul mantenimento del taglio al cuneo fiscale). «Nel nostro Paese, dunque – ha sottolineato il segretario generale Bombardieri durante l’ultimo Consiglio confederale Uil a Roma – resta aperta una questione salariale, causata dalla perdita di circa il 20% del potere d’acquisto di salari e pensioni».
In particolare sul tema della riforma pensioni modificata in Manovra, il sindacato si muove in forte critica sul tema previdenza: «oggi sarà ancora più difficile andare in pensione. Ci sarà un fondo unico, essendo stata messa in discussione persino l’ape social, si peggiora ulteriormente opzione donna e non c’è pensione di garanzia per i giovani», conclude il segretario Bombardieri annunciando iniziative e scioperi a livello territoriale, regionale e interregionale, e di categoria. (agg. di Niccolò Magnani)
I CALCOLI SU QUOTA 104
Con le misure di riforma delle pensioni inserite nella Legge di bilancio ci sarà, come scrive Il Sole 24 Ore, una “uscita anticipata per tutti, o quasi, a 63 anni. Con anzianità contributiva variabile a seconda delle ‘tipologie’: 36 anni per gli uomini disoccupati, impegnati in attività ‘gravose’, caregiver o invalidi; 35 anni per le donne; 41 anni per la maggioranza dei lavoratori”. Repubblica evidenzia che “il requisito contributivo dell’Ape si alzerà per tutte le categorie svantaggiate – disoccupati, invalidi e caregiver – a 36 anni dai 30 attuali, come già succede per i lavoratori gravosi. In questa cornice le donne forse avranno uno sconto a 35 (al massimo si scende a 33 in presenza di figli), ma l’età di uscita sarebbe quella dell’Ape e cioè 63 anni, più alta di quella prevista per Opzione donna”. Ansa ipotizza che per quanto riguarda la cosiddetta Quota 104, “il numero delle domande accolte con questo canale di uscita potrebbero essere inferiori alle 7/8mila a fronte di una platea di circa 20mila per un tasso di adesione di circa il 30%, simile rispetto alle altre Quote”.
IL COMMENTO DI SBARRA
A proposito delle misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio, il Segretario generale della Cisl Luigi Sbarra evidenzia che da quel che leggiamo “ci sarebbero misure restrittive e rigidità per le uscite con ipotesi di revisione di Ape sociale e di flessibilità per le donne. Dovessero essere confermate, registreranno la piena contrarietà della Cisl perché venerdì sera nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi il governo ci aveva assicurato che nel collegato alla manovra si sarebbe tenuto conto delle nostre sollecitazioni”. Restando in casa Cisl, Cosimo Piscioneri, Segretario generale della Fnp calabrese, chiede che “per il 2024 venga riconosciuto interamente a tutti i pensionati l’adeguamento all’inflazione, senza prevedere scaglioni che progressivamente erodono la somma cui si ha diritto: si ricorda, infatti, che l’adeguamento dovuto all’inflazione non costituisce un aumento delle pensioni, ma è il riconoscimento di un diritto derivante dai contributi versati. È fondamentale salvaguardare il potere di acquisto dei pensionati”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI NAPOLETANO
In un editoriale sul Quotidiano del Sud che dirige, Roberto Napoletano scrive che “ci vuole coraggio a continuare a stringere sulle pensioni, come ci chiede la Commissione europea nelle sue raccomandazioni specifiche e come è obbligatorio per un Paese che fa sempre meno figli e spende circa 350 miliardi l’anno per la previdenza che è pari a quasi il 17% del Prodotto interno lordo ed è la quota di spesa più alta al mondo. Questo coraggio c’è stato e, anno dopo anno, si sta tornando verso la legge Fornero riducendo sempre più la fascia di deroghe arrivando di fatto a quota 104 con un forte disincentivo per quota 103, e si investe sulla demografia continuando a incentivare fiscalmente chi fa figli. La quota 41 dei comizi estivi è morta e sepolta, meno male”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI NAPOLETANO
Tuttavia, l’ex direttore del Sole 24 Ore sottolinea che manca coraggio sul fronte della riforma delle pensioni “e si vuole davvero pensare al futuro parlando il linguaggio della verità. Che vuol dire semplicemente ricordarsi sempre che, avendo in prospettiva meno gente che lavora, bisogna tagliare subito ogni forma di anticipazione nelle uscite se non si vuole poi arrivare per gli altri o alla insostenibilità o a tempi di lavoro eterni”. L’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero, interpellata da Lapresse, spiega di ritiene l’Ape sociale “una scelta solidaristica ed è giusto che non vada a pesare sui contributi del singolo, addossandoli alla fiscalità generale, in un’ottica di redistribuzione. Lo stesso vale per le donne in situazioni di cura delle persone o di disoccupazione”.
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