Il governo Meloni, con il decreto del 3 maggio scorso, ha deciso di “eliminare” sia il presidente dell’INAIL che quello dell’Inps: il presidente dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, Pasquale Tridico fu nominato dal Movimento 5 stelle. Si tratta di una sostituzione strumentale e propedeutica al lavoro sulla riforma pensioni 2023? Se sì, quali potrebbero essere gli elementi che hanno reso necessaria questa sostituzione?



Riforma pensioni 2023: forse sta per arrivare, ma a che prezzo?

La riforma delle pensioni è giunta ad un punto di stallo, a causa del fatto che la presentazione del documento di Economia e Finanza è stato redatto all’insegna della “prudenza” per la spesa delle risorse economiche. Il nodo delle coperture infatti non è stato superato nemmeno dalla crescita superiore alle attese. Il Ministero del lavoro brancolava letteralmente nel buio a causa del fatto che, oltre a non esserci le coperture necessarie a sopportare la proroga di numerose misure di welfare, l’Italia non aveva mai realmente lavorato ad una riforma pensioni strutturale, cioè a quel faro a cui ciascun lavoratore possa guardare per poter poi giungere alla pensione. l’Italia è il paese delle riforme ponte, quelle che servono a traghettare il Ministero delle finanze, sempre in bilico e impegnato a stringere la cinghia, verso la legge di bilancio, per poter essere certi di come poter spendere i soldi l’anno successivo.



Ma nel 2022 è intervenuta l’inflazione a mischiare le carte e perfino l’ex ministro del lavoro Andrea Orlando, ma anche l’attuale ministro del lavoro Marina Calderone, hanno dovuto letteralmente ignorare la proposta di Pasquale Tridico di una riforma pensioni a due velocità, che se da un lato accontentava i lavoratori, i sindacati e le parti sociali attuando un pensionamento anticipato da molte richiesto alleggeriva anche le casse dell’Inps. Infatti il lavoratore avrebbe percepito un assegno mensile ridotto fino al raggiungimento dei 67 anni, cioè la soglia anagrafica fissata dalla riforma Fornero. Da quel momento in poi la sua pensione sarebbe stata erogata nella sua integralità. Nessuna decurtazione dunque è un alleggerimento per le casse statali. Ma è intervenuta Giorgia Meloni e il ministro Marina calderone a proporre quota 41 per tutti, prima di questa proposta per la legge strutturale però è stata varata una riforma ponte: quota 103. Vale a dire una proposta che conciliava da una parte quota 100 e dall’altra quota 102. In base all’entità del pensionamento anticipato, sarebbe dunque aumentata la percentuale di detrazione dal netto mensile. Ma la detrazione poteva anche arrivare al 30%, esattamente come avveniva con quota 100.



Per le tasche del lavoratore le cose si sarebbero messe male rispetto ad una ipotetica attuazione della proposta Tridico.

Riforma pensioni 2023: Tridico fuori dall’Inps, il governo si attrezza per la legge strutturale?

Ebbene, secondo l’analisi di Investireoggi, è proprio la sostituzione del presidente dell’Inps che può far sperare in una rimescolamento di carte per poter proporre una riforma pensioni, probabilmente proprio quota 41, con tutti i difetti che questa proposta potrebbe comportare. Fare infatti che Pasquale Tridico, il cui mandato di presidente dell’INPS voluto dal movimento 5 stelle, sarebbe dovuto terminare nel 2024, ma l’avvocatura dello Stato ha deciso di farla scadere alla fine di maggio 2023. Mancherebbero dunque pochi giorni alla fine del suo mandato e poi sarà nominato un nuovo presidente dell’INPS.

Tuttavia Pasquale Tridico non è stato ascoltato nemmeno dal governo 5 stelle che lo avevano minato, la riforma pensioni infatti si sarebbe potuta varare già durante il conte 2 oppure durante il governo Draghi. Sappiamo però che i due mandati di Conte hanno visto la nascita di quota 100 e quota 102. Il governo draghi invece non avrebbe mai concesso un pensionamento anticipato con la formula di Tridico.

Riforma pensioni 2023: e se la causa fosse la proposta sul salario minimo?

E se pure la ricetta Tridico dovesse piacere a Giorgia Meloni, perché non rimaneggiarla su proposta di un uomo scelto dall’attuale esecutivo? Insomma l’unica falla che potrebbe essere individuata nell’ipotesi che il cambio del presidente dell’INPS possa essere un elemento sufficiente a rimescolare le carte, gira tutto intorno all’importanza che questa figura ha assunto fino a questo momento per l’esecutivo in riferimento alla legge pensioni: vale a dire, zero.

Probabilmente la fretta nel nominare un nuovo presidente dell’INPS potrebbe girare unicamente intorno al contenuto della sua proposta e quindi alla paternità della proposta Tridico. Perché dunque eliminarlo dal podio prima che i tempi giungano a compimento? Potrebbe anche essere che la commissione ad hoc nominata dal Ministero del lavoro, che sta lavorando ormai da settimane per comprendere l’ipotetico impatto sociale, amministrativo, previdenziale ed economico sui conti pubblici causato dalla riforma pensioni basata su quota 41 o su qualsiasi altra proposta possa aver giudicato l’idea dell’ormai quasi ex presidente Istituto Nazionale previdenza sociale vincente, come del resto molti addetti ai lavori hanno fatto. E allora perché non rimaneggiarla e attribuirne la paternità e renderla esecutiva sotto la direzione di un uomo più vicino all’attuale esecutivo? Si tratta sempre di ipotesi. Come resta anche l’ipotesi di voler eliminare Tridico dalla Presidenza dell’INPS a causa della sua ossessione per il salario minimo: eh sì, non si può fare a meno di notare come egli stesso lo avesse candidamente proposto appena poco tempo fa ad un esecutivo guidato da Giorgia Meloni, la stessa che aveva etichettato il salario minimo come uno “specchietto per le allodole”. Per il governo il taglio sul cuneo fiscale era una questione assorbente, tanto che nel decreto lavoro di inizio maggio non c’è assolutamente traccia di salario minimo.

Ma sicuramente il dato più importante è che, se questo cambio all’interno dell’Istituto Nazionale previdenza sociale dovesse avere a che fare con la riforma pensioni, questa potrebbe sicuramente confluire nella NADEF di settembre e diventare attuativa dal primo gennaio 2024.