Il governo Meloni ha nuovamente cambiato idea per quanto concerne le piccolissime norme che potrebbero costituire i pochi elementi di una legge strutturale, difficilissima da elaborare, come quella che ormai si attende da molti anni. La riforma del sistema previdenziale infatti non può prescindere dai pochi e solidi elementi che possano funzionare come ammortizzatori sociali e anche se si attende la strutturalizzazione di Ape Sociale, le poche accelerazioni alla exit potrebbero essere costituite dal riscatto della laurea (che però è a carico del lavoratore) ma anche il sistema previdenziale complementare che sosterrà il pagamento dell’assegno previdenziale dei futuri pensionati.



Riforma pensioni 2023: riscatto gratuito della laurea

E dunque mentre il Ministero del Lavoro sta ancora lavorando per comprendere in che modo possano impattare le proposte di riforma del sistema previdenziale, anche attraverso una commissione ad hoc, Giorgia Meloni pensa a introdurre il riscatto della laurea gratuito per tutti coloro che possano vantare l’acquisizione del titolo di studio. Oggi il riscatto della laurea costa 5127 euro all’anno, quindi la concessione gratuita dello stesso costituirebbe un vantaggio per i lavoratori, soprattutto quelli giovani che hanno una discontinuità contributiva. Ma al netto di ciò il problema legato alla riforma pensioni con quota 41 universale investe sia i costi sia la sostenibilità, perché questa non è associata ad un salvagente previdenziale come Ape sociale che si sperava fosse resa strutturale.



Riforma pensioni 2023: quota 103 bis è l’unica certezza

Attualmente dunque esistono due classi di lavoratori, non solo i giovani ma anche gli over 50 che hanno bisogno di eliminare il paletto dell’età anagrafica. Per questo motivo si attende la strutturalizzazione di un’agevolazione in vista del 2030, anno in cui il sistema contributivo diventerà integrale ossia ricoprirà il 100% del corpo dei lavoratori. Per adesso l’unica ipotesi realistica è quella di una quota 103 bis, quindi una misura ponte che possa consentire il passaggio per una legge strutturale che sarà inevitabilmente rimandata al 2024.

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