La sensazione netta è che, nonostante le promesse di una legge strutturale a cui tutti i governi hanno tentato di metterci le mani dopo l’entrata in vigore della legge Fornero (2011), nessuno abbia davvero il coraggio di riformare il sistema previdenziale a causa degli scenari futuri, di medio lungo termine. La motivazione principale è che l’INPS dovrà affrontare una situazione di forte disagio già dal 2035, vale a dire dopo 5 anni dal raggiungimento dell’integrale sostituzione del sistema contributivo rispetto a quello retributivo. Adesso la riforma previdenziale è ancora in corso, o meglio: nonostante le promesse non mantenute e una manovra da 15 miliardi, il governo promette di lavorare ancora in vista del 2024, ma il comitato donne non ci sta e scende in piazza.
Riforma pensioni 2023: le proteste contro l’azzeramento di Opzione Donna
Tra le cose che proprio non vanno giù ai comitati e alle associazioni (e forse anche ai sindacati) è il pressoché totale azzeramento di una misura come Opzione donna che, dopo essere stata riformata in peggio con un aumento di due anni dell’età anagrafica tra i requisiti d’accesso ed altri due anni per i il paletto del montante contributivo, ha finito per tornare alla versione precedente per poi essere totalmente esclusa dalla manovra 2024 da approvare entro dicembre 2023.
E così alle ore 14.00 dell’11 novembre il Comitato Opzione donna si è riunito a Roma, a Piazza del Popolo per manifestare contro le incongruenze di un esecutivo che, almeno nel sistema previdenziale ha finito per penalizzare proprio le donne.
La riforma strutturale di Opzione donna che aveva promesso di realizzare l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando non è giunta a compimento nemmeno sotto la guida di Marina Calderone, oggi al vertice del medesimo dicastero e nemmeno dopo le promesse e le aspettative di Giorgia Meloni.
Un esecutivo guidato da donne non è riuscito a sbrogliare il bandolo della matassa e il sistema previdenziale è tutt’ora appeso ad un filo. Pare infatti che l’unica misura che il governo possa permettersi è una misura ponte come quota 103 fortemente penalizzata rispetto alla precedente versione.
Riforma pensioni 2023: persino quota 103 è peggiorata
Ma anche Opzione Donna, benché riformata in peggio, aveva fortemente ridotto la platea dei potenziali beneficiari tanto da diventare quasi insussistente. L’azzeramento di Opzione donna dunque, per Caterina Rinaldi che è intervenuta in piazza oggi è stato quasi un atto fisiologico. Ecco una parte del suo discorso:
“Da anni esisteva una misura che, finanziariamente a totale carico di chi la sceglieva, dava la possibilità dopo 35 anni di doppio, triplo a volte quadruplo lavoro svolto in casa e fuori casa, di poterci pensionare, si chiamava Opzione Donna e questo esecutivo l’ha cancellata a fronte del nulla, senza porre un’alternativa adeguata, senza dare una possibilità di pensionamento a 20000 donne” – e ancora – “Peggiorando la misura dell’Opzione Donna aumentando di ulteriori due anni l’età di accesso alla misura hanno tolto, ancora una volta, la possibilità di esercitare il diritto di scelta pariteticamente a quello che altre lavoratrici hanno potuto scegliere, creando un’ennesima differenza fra uguali“.
A fronte di queste proteste il governo chiede ancora un’attesa e cerca di rassicurare sul fatto che la riforma strutturale arriverà. Insomma a Palazzo Chigi i lavori sono ancora in corso, ma le risorse diminuiscono. La manovra conta solo 15 miliardi e non può che offrire una quota 103 peggiorata.