Mentre il governo continua a ragionare sulla riforma delle pensioni, l’Inps ha dato il via alle domande per il pensionamento in Quota 103. Sul sito dell’Istituto è stata caricata la domanda per la pensione anticipata flessibile, prevista in forma sperimentale per i lavoratori che entro la fine del 2023 maturano 62 anni di età e un’anzianità contributiva minima di 41 anni. Ma si può ottenere la pensione se sono trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti, quindi non prima dell’1 aprile 2023. Invece, i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono attendere sei mesi, quindi almeno l’1 agosto 2023. Ci sono poi paletti da tener presente. Non è possibile cumulare pensione e redditi da lavoro dipendente o autonomo durante il periodo tra la data di decorrenza di Quota 103 e il raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia (fatta eccezione per i redditi derivanti dal lavoro autonomo occasionale nel limite di 5mila euro lordi annui).



Inoltre, l’assegno di Quota 103 prevede un tetto: l’importo massimo al mese non potrà superare cinque volte il trattamento minimo per ogni anno (per quest’anno è pari a 2.818,65 euro). Ma questo limite non si applica quando si raggiunge il requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia, che per il biennio 2023/2024 è di 67 anni. Per quanto riguarda il pagamento del Tfr o del Tfs, non tiene conto della data di collocamento a riposo per chi usufruisce di Quota 103, in quanto scatta quando il dipendente raggiunge il requisito per la pensione anticipata o quello anagrafico per la vecchiaia. (agg. di Silvana Palazzo)



Riforma pensioni 2023: Governo vuole rilanciare previdenza integrativa

Arrivano conferme da più parti riguardo l’allungamento dei tempi per l’introduzione di Quota 41. La misura su cui punta la Lega per la riforma delle pensioni 2023 rischia di essere rimandata a fine legislatura per evitare un nuovo fronte con l’Unione europea e non mettere a rischio altri dossier considerati più urgenti. Ma nella prossima legge di Bilancio potrebbe esserci spazio per un capitolo piccolo dedicato alle pensioni, con gli interventi prioritari: il rilancio della previdenza integrativa anche tramite nuove agevolazioni fiscali. Potrebbe essere inserito nel Def di aprile.



Inoltre, si valuta l’allargamento della platea dei lavori usuranti, che possono uscire con 61 anni d’età e 7 mesi e 35 anni di contributi. Stando a quanto riportato da Qui Finanza, si punta a rendere più appetibili le riforme integrative agendo sulla leva fiscale. Si dovrebbe aggiungere con la nuova manovra un adeguamento della soglia di deducibilità dei contributi destinati ai fondi pensione. Ma non si esclude la possibilità di far destinare il Tfr alla previdenza integrativa. (agg. di Silvana Palazzo)

Riforma pensioni 2023: proroga quota 103?

Tra le opzioni al vaglio del governo Meloni, per quanto riguarda la riforma delle pensioni rientra anche la proroga di quota 103. Vediamo insieme quale sarà la prossima dell’esecutivo.

Come sappiamo la riforma pensioni 2023 è un punto di stallo e il governo, che contava di emettere una legge strutturale entro il mese di maggio, probabilmente riuscirà a malapena ad arrivare ad una bozza che verrà puntualmente modificata e poi fatta slittare nella Nadef 2023. Per questo l’unica soluzione sembra prorogare di un anno la legge strutturale sulle pensioni e rinnovare quota 103 anche per il prossimo anno ordinò di incorrere nella legge Fornero che sarebbe un vero e proprio problema per l’attuale governo.

Riforma pensioni 2023: perché il governo è costretto a riflettere

La riforma del sistema previdenziale infatti è stata sostenuta (e più volte modificata) soprattutto grazie alle pressioni della Lega e di Matteo Salvini che prima ha proposto quota 100, poi quota 102 e poi anche a causa della mancanza di coperture sia optato per una quota ibrida (quota 103) e che prevede la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età.

Il motivo per cui il governo si muove in maniera così ponderata sulle pensioni e che una modifica radicale che possa compromettere anche la liquidità statale e incrementare le spese pubbliche, potrebbero incidere sull’acquisto di titoli di stato oltre al patto di stabilità dell’Unione Europea che ha come fulcro centrale il settore previdenziale. Quindi la proposta di una quota 41 universale consentirebbe l’uscita anticipata dal lavoro dopo i 41 anni di contributi e che potrebbe essere attuata soltanto dal primo gennaio 2025 qualora il governo dovesse adottare un disegno definitivo della legge strutturale entro il 2024.

Riforma pensioni 2023: quota 103 verso la riconferma?

Per quota 103, il governo ha stabilito un tetto massimo che non potrà superare il quintuplo dell’assegno minimo e che dovrà essere rispettato fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, quindi fino ai 67 anni di età e 20 anni di contributi versati. Naturalmente se da un lato le maxi pensioni dovessero essere ghigliottinate con l’introduzione del tetto massimo, anche i giovani non avrebbero una maggiore garanzia visto che i 41 anni di contributi possono essere raggiunti soltanto da coloro che hanno una continuità contributiva.

In altri casi quindi il pensionamento potrebbe slittare anche fino ai 74 anni di età attualmente l’unica ipotesi che possa conciliare le due visioni, quella dei sindacati con la pensione anticipata è quella del governo con una minore spesa pubblica in modo da rispettare i piani europei è la proposta Tridico (ex Presidente dell’INPS, n.d.r.), quindi la pensione a due velocità che taglierebbe in media il 3% all’anno per quattro anni fino al raggiungimento dei 67 anni di età. Un correttivo alla legge Fornero che potrebbe in un qualche modo risolvere l’arcano sulla legge delle pensioni 2023.