Il governo Meloni aveva annunciato di voler mettere mano alla legge che avrebbe soppiantato definitivamente la riforma pensioni della Fornero: in realtà in pochi hanno creduto che con queste congiunture storico-economiche il governo potesse realmente superare la vecchia riforma, e soprattutto che fosse il tempo giusto per mettere mano ad una legge strutturale sulle pensioni, data la situazione internazionale e le evidenti ripercussioni in ambito economico.
Ma la riforma pensioni 2023 doveva essere già fatta un anno fa e lo stesso Mario Draghi, durante il discorso di fiducia al Senato aveva già annunciato la volontà di riscrivere la legge che, molto probabilmente, sarebbe finita nella nota di aggiornamento prevista per fine settembre.
Riforma pensioni 2023: come il governo ha distrutto Opzione donna (invece di renderla strutturale)
La patata bollente però poi è stata lasciata all’attuale governo che, nonostante i buoni propositi, non sa proprio come metterci mano. Anziché migliorare lo strumento già utilizzato e adattarlo in funzione di una legge strutturale, in alcuni casi ha pensato bene di disintegrare letteralmente degli strumenti previdenziali che costituivano una leva sociale necessaria per la conciliazione lavoro-vita-privata e welfare previdenziale. Opzione Donna infatti consentiva a tutte le lavoratrici di andare in pensione a 59 anni di età con 38 anni di contributi. Questa possibilità era estesa a tutte le donne anche se veniva poco utilizzata proprio perché comportava una decurtazione notevole dall’assegno pensionistico. Inoltre chi avrebbe scelto Opzione Donna sarebbe uscito dal mondo del lavoro con un calcolo integralmente contributivo, pur potendo vantare un regime parzialmente retributivo che avrebbe potuto aumentare l’importo pensionistico se il beneficiario avesse deciso di optare per la exit pensionistica ordinaria.
Come sappiamo poi il governo ha deciso di cambiare anche Opzione Donna e di destinare lo strumento prevalentemente alle donne che hanno avuto dei figli così da stigmatizzare il ruolo sociale della donna, che molto spesso deve fronteggiare i problemi lavorativi e quelli familiari insieme. È questa duplice funzione a rendere gravoso qualsiasi lavoro per una donna, ma la clausola che avrebbe consentito alle donne di andare in pensione anche a 58 anni in presenza di uno o più figli, non è piaciuta proprio a nessuno ed è stata considerata discriminatoria.
Riforma pensioni 2023: il governo fa retromarcia e promette di ripristinare Opzione Donna
Per questo Marina Calderone è dovuta tornare sui suoi passi e lo strumento di Opzione Donna ulteriormente modificato è finito quasi per essere cancellato o, almeno, non esiste più per quella che era la sua funzione originaria. Come sarà elaborata la riforma pensioni 2023? Entro quando? Il governo ha le idee chiare? pare proprio di no, anzi, sembra quasi che in tema di riforma previdenziale si stia navigando a vista.
Adesso l’opzione donna così come è stata modificata dal governo Meloni è destinata solamente alle caregiver, alle invalide al 74% e alle donne che hanno subito un licenziamento oppure alle dipendenti di aziende in stato di crisi. Le proteste si sono fatte sentire subito, non soltanto dai sindacati Ma anche dalle donne che sono scese in piazza: il Governo è stato costretto a tornare sui propri passi dichiarando di voler ripristinare lo strumento originario.
Si tratta di una situazione che dipinge esattamente il quadro in cui ci troviamo adesso: non ci sono coperture (e nemmeno tante idee) per la riforma pensioni 2023 che dovrebbe essere messa nero su bianco almeno entro maggio così da essere approvata entro l’estate per dare al governo la possibilità di varare i decreti attuativi e renderlo operativa a partire dal gennaio 2024.