IL PROBLEMA APERTO NELLA PA
Da un’indagine sul lavoro pubblico realizzata da FPA, società del Gruppo DIGITAL360, presentata a FORUM PA 2023, come riporta Teleborsa, emerge che “dopo l’ennesimo calo registrato nel 2021, a fine 2022 tornano a crescere i dipendenti pubblici in Italia, che raggiungono 3.266.180 unità, il valore il più alto dell’ultimo decennio, +0,8% in un anno. Resta il fatto che la Pubblica amministrazione “è chiamata ad assumere innanzitutto per mantenere l’operatività degli enti: entro il 2033 oltre 1 milione di dipendenti pubblici saranno obbligati ad andare in pensione, circa uno su tre. Alcune amministrazioni dovranno sostituire più di metà del personale in servizio, ma in valori assoluti le uscite più significative saranno per scuola (463.257), sanità (243.130) e enti locali (185.345). E la PA deve far decollare le assunzioni per la tenuta del sistema pensionistico: nel 2023, nel pubblico si contano 94,8 pensioni erogate ogni 100 contribuenti attivi (erano 73 nel 2022)”.
BONUS MARONI E RIFORMA PENSIONI QUOTA 103: LE NOVITÀ
Dopo il via libera con la Manovra di Bilancio 2023, la riforma pensioni di Quota 103 ha visto diverse novità giunte negli ultimi giorni: l’ultima è l’approvazione del decreto attuativo circa il “Bonus Maroni”, ovvero l’incentivo per chi resta al lavoro e non usufruisce dell’anticipo pensionistico. Il Bonus per l’anno 2023 ha lo scopo di mantenere i lavoratori in azienda con l’aumento dello stipendio netto per chi decide di proseguire fino all’età di invecchiamento prevista dalla riforma pensioni Fornero (67 anni).
Il Bonus Maroni 2023 prevede un esonero pari al 9.19% del totale dei contributi previdenziali da versare: il decreto attuativo sancisce che il beneficio si applica dalla prima decorrenza utile della pensione Quota 103: ergo, se il lavoratore matura 62 anni e 41 anni il 16 maggio 2023, l’incentivo dello Stato decorre dal 1 settembre 2023, a 3 mesi dalla maturazione dei requisiti. Se la finestra si è già aperta invece, il Bonus Maroni decorre dal «primo giorno del mese successivo a quello di esercizio della facoltà». Se ci sono i requisiti (62 anni e 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023) la domanda si può presentare anche successivamente a fine anno purché non si sia ancora raggiunta l’età di vecchiaia (ovvero 67 anni): come spiega il portale “Pensioni Oggi”, il Bonus dura infatti fino al raggiungimento dei seguenti requisiti, o pensione diretta; età vecchiaia; requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia inferiori a 67 anni se applicabili nella gestione pensionistica di riferimento. (agg. di Niccolò Magnani)
QUOTA 103 A PIENO REGIME
Come ricorda Avvenire, “il cantiere allestito dall’Inps per la lavorazione della ‘pensione anticipata flessibile’, meglio nota come ‘Quota 103’, è attivo da pochi giorni al top delle sue potenzialità. Dietro il semplice requisito di accesso a Q103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) si affollano diverse variabili, volute dalla legge, che la tecnologia dell’Istituto di previdenza filtra tuttavia agevolmente fino alla liquidazione finale. L’Inps ricorda che possono accedere a Q103 i lavoratori dipendenti, gli autonomi, gli iscritti alle Casse statali e alle numerose previdenze di categoria (telefonici, trasporti, elettrici, piloti, sportivi, artisti ecc. e ora anche i giornalisti professionisti, sotto il titolo di “fondi sostitutivi”), insieme ai collaboratori della Gestione Separata. Tutti sono ammessi anche utilizzando il cumulo gratuito e universale di altre contribuzioni, ma escludendo in questa occasione i versamenti alle casse professionali”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI MASTRAPASQUA
In un articolo pubblicato su Libero, Antonio Mastrapasqua spiega che in tema di pensioni “il problema non sono i vecchi, ma i giovani che non ci sono. Bisognerebbe non indulgere in un ribaltamento di prospettiva. In una recente analisi si è visto che l’82% delle province italiane nel Sud del Paese registra ormai un numero superiore di pensioni, rispetto a quello dei lavoratori attivi. Troppi anziani? No, troppo pochi i giovani. L’inverno demografico si è abbattuto su un Paese dove il lavoro è sempre meno apprezzato, dove ha attecchito il verbo di chi ha predicato che lavorare ormai non è più necessario: ‘Ci basterebbe lavorare meno e vivremmo meglio’, Beppe Grillo dixit. Una cosa è certa: con questo trend le pensioni di tutti sono a rischio”.
IL PROBLEMA CHE RIGUARDA TUTTI
L’ex Presidente dell’Inps sottolinea che “il problema non si circoscrive alle aree dove il rapporto attivi/pensionati è più deficitario; riguarda tutti. E soprattutto i più giovani. Se non ci saranno più abbastanza lavoratori attivi, non ci saranno le risorse finanziarie per pagare le pensioni ai pensionati. Il sistema a ripartizione – il massimo della solidarietà tra generazioni e tra aree geografiche – funziona così. Ma va in tilt quando le culle si svuotano e quando il lavoro viene considerato un optional, con buona pace della nostra Costituzione”. Mastrapasqua aggiunge poi che “in questo orizzonte è inevitabile fare una considerazione sulla mutualità. Il rischio si distribuisce meglio se siamo in molti a doverlo condividere”.
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