LE USCITE DI STELLANTIS

Come spiega Repubblica, Stellantis e i sindacati, a eccezione della Fiom-Cgil, hanno raggiunto un accordo per duemila uscite volontarie dei lavoratori dei siti italiani del gruppo nel 2023. “Le uscite saranno su base volontaria e la buonuscita sarà maggiore con l’avanzare dell’età. L’accordo interesserà al massimo 2.000 lavoratori, circa il 4,4% dell’occupazione totale in Italia, pari a circa 47.000 dipendenti. Sono interessati gli stabilimenti di Cassino, Mirafiori, Enti Centrali di Torino, Pratola Serra, Termoli e Cento, mentre alla ex Sevel di Atessa è prevista l’apertura di un contratto di espansione con la stabilizzazione di alcuni lavoratori in somministrazione”. In base all’accordo, “a chi aggancia la pensione entro quattro anni verrà riconosciuto un incentivo per i primi due anni – sommato alla Naspi – pari al 90% della retribuzione e per gli ulteriori due anni il 70% della retribuzione. Per chi non aggancia l’assegno dell’Inps il bonus di uscita sarà in base all’età”.



AUMENTI PENSIONI, LA PROMESSA DEL GOVERNO

Mentre è ancora in pieno stalle la fase di costruzione della nuova riforma pensioni, una promessa lanciata dal Governo Meloni nell’ultima Manovra di Bilancio si concretizza da oggi 1 marzo 2023. Come noto infatti scatta a pieno regime da oggi la rivalutazione delle pensioni introdotta dall’ultima Legge di Bilancio, ovvero quella che prevede l’adeguamento dell’assegno al corso della vita.



Il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini sui social rivendica l’impegno dell’esecutivo nell’aumentare – in attesa di una riforma complessiva – diverse pensioni degli italiani: «Da oggi aumentano le pensioni di milioni di italiane e italiani, restituendo potere d’acquisto a tante persone in difficoltà. Una promessa del governo e della Lega mantenuta in pochi mesi. Bene così». Qui tutti gli aumenti, suddivisi per fascia, in atto da oggi 1 marzo. (agg. di Niccolò Magnani)

IL CALCOLO DI TRIDICO

Nel corso della presentazione del libro “Il lavoro di oggi, la pensione di domani” scritto insieme a Enrico Marro, Pasquale Tridico ha detto, come riporta Adnkronos, che “fissare una soglia ipotetica di salario minimo a 9 euro lordi porterebbe il rateo pensionistico di ognuno al 10% più alto”. Il Presidente dell’Inps ha però aggiunto che non si deve pensare che “si tratti di una pensione alta perché un salario minimo di 9 euro per 30 anni vuol dire andare in pensione con 750 euro, che non è una pensione alta. Si dovrebbe lavorare 40 anni per avere una pensione sopra i 1.000 euro che, con 9 euro lordi, vuol dire 1.200 euro netti scarsi al mese. Quindi la vera chiave di volta che può portare a pensioni più alte è solo il lavoro di qualità”. Il punto è che “il nostro Paese produce troppi pochi posti lavoro, e questo non è un problema di rigidità, o di ragazzi che non hanno voglia di lavorare, né un problema di sussidi che fanno stare sul divano”. Per Tridico “servono investimenti, non la flessibilità”.



LE PAROLE DI ZUPPI

Come riporta Ansa, intervenendo alla presentazione del libro “Il lavoro di oggi la pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’Inps” scritto dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico insieme a Enrico Marro, il cardinale Matteo Maria Zuppi ha detto che “la logica che ha portato all’introduzione delle ‘baby pensioni’ non è stata sconfitta” ed è una logica “pericolosissima, come quella dei bonus”, che è basata “sull’opportunismo”. Secondo il Presidente della Cei, “l’ascensore sociale è rotto” nel nostro Paese, “oppure, ho l’impressione che funzioni solo per andare giù”. Il riferimento alle baby pensioni deriva dal fatto che nel testo di Tridico si legge che “nel complesso, i lavoratori che hanno beneficiato delle cosiddette baby pensioni sono stati circa 256.000. Quelle ancora vigenti sono circa 185.000, di cui 149.000 pagate a donne. La spesa annuale è di circa 2,9 miliardi di euro. L’età media alla decorrenza della pensione degli attuali beneficiari era di circa 42 anni per le donne e 45 anni per gli uomini”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PORTA (PD)

Fabio Porta evidenzia che Quota 103 dimentica “i diritti degli italiani all’estero”. Si tratta, infatti, di “un pensionamento anticipato che teoricamente riguarda tutti i pensionandi italiani ma in realtà è inapplicabile a una gran parte degli italiani all’estero”. Il deputato del Pd eletto all’estero spiega che “il trattamento pensionistico in questione, fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui”. Quindi “per aver diritto al trattamento anticipato è praticamente necessaria la formale cessazione del lavoro”.

QUOTA 103, L’OSTACOLO PER I RESIDENTI ALL’ESTERO

Il problema è che “all’estero l’età pensionabile del Paese di residenza potrebbe essere posticipata rispetto a quella italiana (62 anni in questo caso) e gli interessati sarebbero quindi costretti a continuare a lavorare all’estero, la nuova pensione anticipata italiana non verrebbe concessa anche se fossero perfezionati i requisiti contributivi ed anagrafici”. Per Porta si tratta di “un bel pasticcio. Sarebbe stato quindi opportuno che il legislatore avesse previsto una deroga per i residenti all’estero consentendo la possibilità di cumulare il pro-rata italiano con il reddito da lavoro percepito all’estero. Ma abbiamo oramai imparato che questa sensibilità non è appannaggio dei nostri Governi”. Vedremo se ci sarà un cambiamento di rotta nelle prossime settimane, con l’approvazione di questa deroga.

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