Non è la prima volta che sulla riforma delle pensioni l’Italia è costretta, per spiegare l’insensato immobilismo, a mettersi a paragone con la Francia che, in queste ore, vive una vera e prioria guerriglia, che va avanti ormai da mesi, da quando cioè il popolo ha deciso di bloccare, non riuscendoci, l’approvazione delle pensioni con una exit lavorativa più alta di due anni.
E con questo paragone gli italiani vorrebbero raccontarsi che la questione del settore previdenziale è complesso ovunque e in qualsiasi lingua lo si voglia raccontare, ma è davvero così?
Riforma pensioni 2023: in Francia è guerriglia, l’Italia è una regione camomilla
La questione previdenziale in Francia vede una reazione fortissima e una partecipazione politica di tutte le parti sociali ormai da secoli. I francesi sono stati abituati a ottenere i propri diritti attraverso la lotta popolare, gli italiani, rappresentati in parlamento, non sono riusciti a ottenere nemmeno una legge che stigmatizzasse i diritti dei lavoratori attraverso una legge previdenziale strutturale, diciamo quella legge che consentirebbe loro di fare i conti anche senza l’oste.
In Italia questo manca da un po’ e l’ultima presentazione in conferenza stampa del DEF ha tolto ogni illusione anche a coloro che si aspettavano una bozza o una promessa di bozza entro la fine dell’anno. I più smaliziati non se l’aspettano nemmeno entro settembre, cioè in occasione della Nadef perché in effetti il governo avrebbe la necessità anzitutto di capire il “margine di manovra” che avrà entro dicembre 2023, mese tutto incentrato sulla legge di bilancio per il 2024.
E così, a voler essere ottimisti, una bozza programmatica potrebbe uscire entro il termine della legge di bilancio, ma molto più probabilmente entro il def 2024, per poi partorire una riforma pensioni strutturale, senza misura ponte, che potrebbe entrare in vigore dal 1 gennaio 2025. E coi tempi questa previsione sembra calzare anche perché le prospettive di crescita vedono un abbassamento dei tassi d’interesse dalla seconda metà del 2023 entro tutto il 2025. Un nuovo slancio alla crescita invece cadrebbe inevitabilmente nel 2026. E’ chiaro dunque che il governo stia aspettando tempi migliori.
Riforma pensioni 2023: la difficoltà di gestire il settore previdenziale
Parlare di previdenza è indubbiamente una partita difficile per chiunque, soprattutto in Italia. Un paese con zero nascite e che fra poco più di dieci anni avrà più pensionati che lavoratori. La domanda su “come potrebbe mantenersi l’Inps”, se la stanno facendo un po’ tutti e far quadrare i bilanci dello Stato è il grande obiettivo degli ultimi governi.
Con questo però si può comprendere che non è possibile avere grandi aspettative e mirare a una exit lavorativa con eccessiva anticipazione, perché il governo agisce all’insegna della prudenza e lo farà anche fra un anno. Tantomeno si può scegliere di fare un paragone con la Francia, perché oltre le Alpi la popolazione non ha mai dovuto soffrire l’assenza di una legge strutturale sulle pensioni.