LA MISURA DI RIFORMA PENSIONI PER LE DONNE

Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, dopo la cancellazione di Opzione donna che verrà operata con la Legge di bilancio, “l’età per consentire alle donne di accedere all’indennità di accompagnamento alla pensione di vecchiaia dovrebbe essere fissata a 63 anni (e 5 mesi, come per gli uomini), ma ancora mercoledì sul tavolo c’era un’opzione per rendere, almeno in alcuni casi, ‘mobile’ questa soglia. Che attraverso il funzionamento del fondo flessibilità potrebbe scendere di uno o due anni per specifiche categorie. Tra le ipotesi di lavoro c’era poi quella di ‘alleggerire’, sempre in determinate circostanze, anche l’anzianità contributiva richiesta, che per lavoratrici, secondo quando indicato da palazzo Chigi, dovrebbe essere di 35 anni. Nelle ultime ore la soluzione più probabile veniva considerata quella di rendere parzialmente elastico solo il paletto anagrafico, ma naturalmente per capire se la soglia mobile potrà davvero scattare occorrerà attendere il testo finale della legge di bilancio”.



LE PAROLE DI SBARRA

Luigi Sbarra, come riporta Ansa, a margine dell’assemblea organizzativa della Cisl Puglia spiega che “ci sono aspetti che, se confermati, non ci convincono. Non ci convince la stretta sulle pensioni. In queste ore stiamo lavorando per attenuare ed eliminare questi tagli”. Il Segretario generale della Cisl evidenzia anche che “avevamo chiesto un segnale forte per detassare le tredicesime dei lavoratori dipendenti e dei pensionati” e che “vogliamo che la perequazione e l’indicizzazione dell’inflazione dei pensionati venga assicurata a tutti”. “Ecco perché aspettiamo di conoscere il testo del provvedimento. Sulle parti che non ci convincono eserciteremo una forte pressione sul Governo e sui gruppi parlamentari. Questo è il tempo di esaminare nel merito e nei contenuti la Legge di bilancio”, aggiunge Sbarra. Dunque, sarà importante capire quali saranno nel dettaglio le misure di riforma delle pensioni che l’Esecutivo intende approvare.



LA PDL PER I LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI

Cisal e federazione Siad-Csa hanno depositato in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare che, come riporta Ansa, se approvata in Parlamento consentirebbe ai lavoratori socialmente utili di categoria A e B di “riscattare i contributi figurativi con cifre dimezzate in virtù delle norme già previste in Finanziaria e nel Decreto Lavoro. La retribuzione di riferimento sarebbe quella percepita alla presentazione dell’istanza, con un incremento pensionistico mensile di 327 euro per categoria A e 363 euro per categoria B”. Di fatto si potrebbe percepire poi una pensione più alta “di oltre 300 euro al mese”, grazie al riscatto agevolato dei contributi figurativi, per quasi 400 mila lavoratori socialmente utili in tutta Italia, di cui quasi 40 mila solo in Sicilia. Il sindacalista Giuseppe Badagliacca ha spiegato che con la proposta di legge si vogliono “garantire pensioni più dignitose a chi per anni ha lavorato e ora rischia di ritrovarsi con assegni addirittura inferiori alla pensione sociale. Un’ingiustizia a cui intendiamo porre rimedio”.



INCONTRO ANP-CIA CON FURFARO (PD)

L’Associazione nazionale pensionati di Cia ha incontrato a Montecitorio Marco Furfaro, responsabile welfare della segreteria del Pd. Il Presidente dell’Anp-Cia Alessandro Del Carlo ha evidenziato che “servono pensioni dignitose e, quindi, l’aumento definitivo delle minime. Oggi arrivano a 600 euro solo gli ultrasettantacinquenni e, comunque, sono sempre troppo pochi vista la batosta dell’inflazione e il caro vita. Così succede che gli ex agricoltori sono costretti a rimanere a lavoro nei campi fino a tarda età, senza tra l’altro poter agevolare il necessario ricambio generazionale in agricoltura”. Nell’incontro con Furfaro sono stati ricordati “i punti chiave della piattaforma Anp-Cia, come la previsione dell’Ape sociale anche per gli agricoltori, dandogli modo di usufruire dell’anticipo pensionistico senza penalizzazioni ed evitando rischi seri per la sicurezza e la salute, connessi al prolungarsi dell’attività lavorativa. Rinnovata la richiesta di riformare Opzione Donna in senso più favorevole per le lavoratrici e l’attenzione ai giovani perché servono, da subito, pensioni base per le future generazioni sulle quali ciascuno potrà aggiungere la contribuzione prodotta negli anni”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI CAZZOLA

Giuliano Cazzola non nasconde che ci sia “un mistero per quanto riguarda le misure che andranno a sostituire l’Ape sociale e Opzione donna”. Interpellato da Adnkronos, l’ex deputato spiega anche: “Non so se gli inventori ne siano consapevoli, ma le quote sono una trappola perché i due requisiti (quello anagrafico e quello contributivo) sono rigidi e devono concorrere entrambi. L’esperienza dal 2019 in poi ha reso evidente che è molto difficile maturare nello stesso tempo i due requisiti, per cui è successo che la grande maggioranza si è trovata ad averne uno, magari quello dell’età, ma non quello richiesto per l’ammontare dei contributi o viceversa. È ovvio però che quando si aspetta di maturare uno dei due requisiti rimanendo al lavoro, aumenta anche l’altro”.

IL COMMENTO SU QUOTA 41

Cazzola aggiunge poi che “fare dei 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica il perno di un sistema riformato sarebbe una misura troppo generosa per chi andrà in pensione dei prossimi anni, ma punitiva per i pensionati di domani che per il loro condizioni di ingresso e di permanenza nel mercato del lavoro non sarebbero mai in grado di maturare anzianità contributive importanti. Mentre, tenuto conto degli andamenti demografici, non avrebbero particolari problemi a lavorare più a lungo per ottenere una pensioni migliore”. Infine, ricorda che “il Governo giallo-verde ha bloccato fino a tutto il 2026 l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici e contributivi all’incremento dell’attesa di vita” per la pensione di anzianità, quindi bisognerà decidere cosa fare dopo.

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