RIFORMA PENSIONI, LA NOTA DELLA CIDA
In una nota riportata da Adnkronos, la Cida evidenzia che “in Italia oggi il 13% dei contribuenti ha un reddito, da lavoro o da pensione, da 35 mila euro lordi in su e si fa carico di circa il 60% di tutta l’Irpef. Un peso economico per il ceto medio che si aggrava negli anni. In un quarto di secolo le pensioni dei dirigenti e di tutti coloro che hanno un reddito pensionistico superiore a 4 o 5 volte il minimo Inps hanno subito 5 contributi di solidarietà e 10 blocchi perequativi e in 30 anni hanno perso per sempre più di 1/4 del potere d’acquisto. Oggi, per esempio, per effetto della mancata rivalutazione degli assegni, le pensioni di importo pari o superiore a 2.250 euro netti al mese si riducono tra il 7,5% e il 9% in termini di potere d’acquisto”.
LA PETIZIONE IN DIFESA DELLE PENSIONI
Le conseguenze sono pesanti, considerando che “portato a dieci anni, ai pensionati sono scippati 40 miliardi di euro proprio per il mancato adeguamento della pensione all’inflazione nel 2023. Se si reiterasse il prelievo anche nel 2024, i miliardi salirebbero addirittura a 60”. Il Presidente della Cida Stefano Cuzzilla spiega che “se non siamo ancora scesi in piazza è solo per senso del dovere e solidarietà verso chi davvero non ce la fa. È perché vogliamo essere costruttivi e arrestare il processo di impoverimento che sta colpendo il Paese, nessuno escluso”. Tuttavia, occorre “dire basta a interventi iniqui e lanciare una petizione in difesa delle pensioni del ceto medio che spinga il Governo ad adottare provvedimenti strutturali e lungimiranti per una visione di Paese più equa e giusta”.
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