OPZIONE DONNA, LA POSIZIONE DELLE DEMOCRATICHE BIELLESI

Le Democratiche biellesi, come riporta newsbiella.it, ricorda che “oggi Opzione Donna viene, nei fatti, smantellata senza dirlo, perché assistiamo ad un ridimensionamento drastico. Assisteremo nel 2023 al fatto che solo 900 donne in Italia potranno usufruire di questa opportunità per andare in pensione mentre nel 2021 sono state 20.681  e nel  2022  ben  23.812”. Dal loro punto di vista, “Opzione donna non è la soluzione ai problemi, ma spesso una condizione necessaria, visto che ancora oggi il maggior carico della cura e della famiglia sono sulle spalle delle donne, non è un costo aggiuntivo per lo stato ma un anticipo di cassa visto che la pensione viene calcolata interamente con il contributivo”. Il Governo “ha, invece  ridotto la platea di donne che possono accedervi, tagliando fuori prevalentemente le dipendenti delle piccole imprese e le lavoratrici autonome, oltre ad introdurre una discriminazione inaudita su chi ha figli e chi non ne ha. Non è questa la risposta che auspichiamo per aiutare la natalità”. 



LE PAROLE DI TRIDICO

Pasquale Tridico è tornato a parlare della situazione di squilibrio nei conti Inps spiegando, come riporta Ansa, che “era una situazione già nota soprattutto agli economisti che si occupano di previdenza, quando analizzano l’indicizzazione delle pensioni”. Il Presidente dell’Inps ha ricordato che “abbiamo pagato circa 22 miliardi di incrementi pensionistici e allo stesso tempo non abbiamo incamerato contributi crescenti, per via del fatto che i salari sono fermi e i contratti non vengono rinnovati. In assenza di un salario minimo lo squilibrio ne è la conseguenza. Ci auguriamo che sia una situazione temporanea, legata all’anno in cui c’è l’inflazione”. Intanto il Senatore del Pd Antonio Misiani su Twitter evidenzia che “due milioni di pensionati aspettano da 5 mesi l’aumento delle minime che sarebbe dovuto scattare a gennaio. Nel frattempo, l’inflazione corre. Ma il Governo Meloni è in altre faccende affaccendato: meglio occuparsi di Rai o presidenzialismo. I pensionati possono attendere”.



PROCEDURA INPS PER DOMANDE RIFORMA PENSIONI QUOTA 103

Quando ormai sembra scontato che la riforma pensioni Quota 103 potrà essere estesa anche ai primi mesi del 2024, l’Inps comunica un aggiornamento circa la procedura di richiesta delle domande per l’anno in corso: i requisiti, tanto quelli anagrafici quanto quelli contributivi, «devono essere perfezionati entro il 31 dicembre 2023».

La riforma che consente l’uscita verso le pensioni per chi ha 62 anni di età e ha 41 anni di contributi – la cosiddetta Quota 103 – vede alcune piccole modifiche nell’iter di presentazione: «Le modifiche riguardano i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive gestite dall’Inps, nonché alla Gestione separata», si legge nella nota Inps dell’11 maggio. Ancora l’Istituto precisa che il diritto alla pensione anticipata flessibile, conseguito nel corso del 2023, «consente l’accesso alla pensione in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra entro determinate tempistiche», ovvero dopo un periodo di 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, «per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle Pubbliche amministrazioni e per i lavoratori autonomi. La decorrenza della pensione non può comunque essere anteriore al 1° aprile 2023». Dopo 6 mesi invece dalla maturazione dei requisiti «per i lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni (articolo 1, comma 2 – decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). La decorrenza della pensione non può comunque essere anteriore al 1° agosto 2023». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI BOMBARDIERI

“Oggi da Milano il nostro appello al Governo affinché si possa riordinare l’attuale sistema pensionistico, con una netta separazione tra previdenza e assistenza, prevedendo il diritto sacrosanto per i lavoratori a pensioni dignitose, e garantendo al contempo il loro potere d’acquisto, per poter far fronte all’aumento del costo della vita e ad un’inflazione sempre più alta”. Queste la parole, riportate da Agenparl, di Emilio Didonè, Segretario generale della Fnp-Cisl durante la manifestazione di sabato scorso. Pierpaolo Bombardieri, Segretario generale della Uil, come riporta Ansa, ha invece detto che “Cgil Cisl e Uil stanno in piazza per chiedere al Governo e alla politica di costruire un Paese diverso, basato su un lavoro stabile, dignitoso e sicuro, dato che si continua a morire, e di fare una riforma fiscale che tenga conto di chi effettivamente paga le tasse e di chi evade, e di discutere finalmente di una riforma delle pensioni, che fino ad adesso ha sacrificato giovani e donne”.

RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI PALEARI

In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, Stefano Paleari avanza, in tema di riforma delle pensioni, “una proposta che favorisca un’uscita graduale dal lavoro, volontaria e sostenibile, capace di superare le logiche on/off un po’ novecentesche. Nella versione più semplice (per brevità mi limito a enucleare il ragionamento di fondo), a partire da una certa età (minore di 67 anni), si introduca la possibilità di ridurre l’impegno lavorativo a fronte di una riduzione proporzionale della retribuzione e, al tempo stesso, si acceda alla frazione di pensione corrispondente, calcolata con il metodo contributivo. Avremo in tal modo una situazione più variegata e più giusta rispetto a quella attuale”.

I VANTAGGI DEL PENSIONAMENTO GRADUALE

Infatti, spiega il professore di Analisi dei Sistemi Finanziari e di Public Management presso l’Università degli Studi di Bergamo, oggi “chi si pensiona con una forte componente retributiva (quindi non coperta interamente dai contributi) riceve più del dovuto e può giustamente continuare a lavorare. Un “pensionamento graduale” favorirebbe anche una staffetta generazionale, non solo anagrafica ma anche di competenze e aumenterebbe il numero di occupati “equivalenti” con benefici sulla crescita del Paese. Da ultimo, e forse più importante, metteremmo le persone nella condizione di lavorare per più tempo e progressivamente di meno. E la scelta dipenderebbe anche dalla salute e dalle scelte economiche di ciascuno”. Tuttavia, tale proposta “non è la panacea di tutti i mali, soprattutto di quelli derivanti dall’inedita situazione demografica, che va affrontata con un insieme di azioni”.

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