LE PAROLE DI CONTE E SCHLEIN

Come riporta Ansa, secondo il Presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, “stiamo attraversando un momento molto difficile, perché il governo sta varando una manovra di Bilancio che ha tanti tagli al Welfare e, soprattutto, sono tagli ai cittadini, alle persone più fragili, alle pensioni”. Critiche al Governo sulla Legge di bilancio arrivano anche da Elly Schlein. Come riporta Askanews, infatti, la Segretaria del Partito democratico ha detto che “non solo ci preoccupa il fatto che il Governo rischia di accettare un compromesso al ribasso che ci riporta all’austerità, ma ci preoccupa che si stia già applicando l’austerità in Italia. Perché una manovra che taglia la sanità pubblica, che non mette nulla sulla scuola pubblica e sul diritto allo studio, che taglia le pensioni e che taglia pesantemente” le risorse “agli enti locali, è già una manovra di austerità, che noi contrastiamo duramente in Parlamento in questi giorni”.



IL GIUDIZIO DELL’ANP-CIA SULLA MANOVRA

Come riporta Ansa, Ivan Pedretti, Segretario generale dello Spi-Cgil, dalla manifestazione nazionale in piazza Santi Apostoli a Roma ha detto che “ci ha riportato in piazza la richiesta di una maggiore tutela del potere d’acquisto delle pensioni, tagliate dal blocco delle rivalutazioni, la volontà di difendere il diritto ad una sanità pubblica, che invece è costantemente tagliata, e quello dei giovani per un futuro con un lavoro stabile e meno precario. Il Governo non solo ci ha deluso ma ci ha taglieggiato, ci ha tolto le risorse con il blocco della rivalutazione”. Per il sindacalista, “tutto questo è un’ingiustizia e continueremo a batterci per riconquistare il diritto ad avere una pensione”. Intanto l’Anp-Cia evidenzia che “ la manovra peggiora Opzione Donna che vede ristretti tempi, modalità di accesso e valore della pensione, così come la riformulazione dell’Ape Sociale che cancella il riconoscimento dei lavori gravosi e usuranti, tra i quali quello degli agricoltori. Inoltre, nulla si prevede per la pensione di garanzia dedicate ai giovani, mentre si complicano le regole e si allungano i tempi per chi deve andare in pensione”.



L’ANALISI DI MAZZOTTA

Rispetto agli allarmi sulla tenuta del nostro sistema pensionistico, il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, in un colloquio con Radiocor, spiega che “dobbiamo sempre fare i conti con la nostra demografia e cercare di guardare nel medio-lungo periodo e prepararci oggi a quello che accadrà nel 2050, 2060 o 2070, quando saremo se tutto continua così – e se non ci sono interventi che il Governo sta già mettendo in atto – un 20% in meno come popolazione. E, quindi, in prospettiva bisogna cercare di rendere il nostro sistema pensionistico sostenibile”. Da questo punto di vista, “sicuramente le uscite anticipate creano un problema in prospettiva, perché fanno uscire dal mondo del lavoro una serie di persone che poi non è detto si riesca a trovare immediatamente la persona che poi subentra. È vero che l’occupazione sta andando meglio, i dati sono abbastanza buoni, quindi vediamo. Ci vogliono politiche per cercare di far trovare lavoro soprattutto ai giovani e alle donne”.



LE PAROLE DI PEDRETTI

Oggi lo Spi-Cgil scende in piazza a Roma e il Segretario generale Ivan Pedretti, interpellato da Collettiva.it, spiega che “per anni gli esponenti dell’attuale maggioranza ci avevano raccontato che avrebbero cancellato la Legge Fornero. Il risultato? Quattro mesi in più per Quota 103, cinque mesi in più per l’Ape sociale, un anno in più per Opzione donna e giovani e precari destinati ad andare in pensione a 71 anni. Per chi, invece, è già in pensione la mancanza più eclatante riguarda il sostegno al reddito. I pensionati continuano a essere considerati una sorta di bancomat nazionale. La riduzione di dieci punti (dal 32 al 22%) degli indici di rivalutazione degli assegni ne è un chiaro e vergognoso esempio”. Il sindacalista evidenzia che “quando si lavora, si partecipa alla tenuta del sistema pubblico nel suo complesso, anche versando i contributi previdenziali, per poi ritrovarsi, una volta in pensione, con assegni inaspettatamente e ingiustamente ridotti”. Dal suo punto di vista, “le pensioni vanno aumentate, non tagliate, e va ampliata la platea dei beneficiari della quattordicesima”.

RIFORMA PENSIONI, IL SONDAGGIO DI MONEYFARM

Da un sondaggio condotto da Moneyfarm emerge che “a quasi la metà dei rispondenti (41%) piacerebbe smettere di lavorare entro i 60 anni e al 25% entro i 65. Un 15% di ‘esasperati’ vorrebbe smettere di lavorare oggi stesso, mentre, all’estremo opposto, c’è un 7% che lavorerebbe oltre l’età della pensione, per entusiasmo o magari anche per necessità”. Come riporta Repubblica, Andrea Rocchetti, global head of investment advisory di Moneyfarm, ha annotato che “data la mutevolezza del quadro normativo e i non semplici dibattiti a tema pensione, non sorprende che gli intervistati si dividano tra rassegnati e incerti su tempi e ammontare effettivi della loro pensione”. In particolare, “circa la metà (48%) è rassegnata a ricevere un assegno non superiore al 60% dell’attuale stipendio, mentre solo il 7% conta di ricevere l’80% della busta paga”.

L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

C’è poi un 20% di intervistati che “non ha la minima idea di quanto gli spetterà a fine carriera, con i giovani che si confermano più in difficoltà a guardare al proprio futuro: il 41% degli under 30 dichiara di non sapere quale sarà l’importo della propria pensione”. L’adesione a una forma di previdenza complementare appare, quindi, necessaria per l’81% degli intervistati, tuttavia, come evidenzia Rocchetti, attualmente “solo un quarto degli italiani partecipa attivamente alla previdenza integrativa e in molti saranno verosimilmente costretti a rivedere il proprio stile di vita una volta in pensione”. E dire che per il 31% degli intervistati, la rendita integrativa dovrebbe ammontare tra i 500 e i 1.000 euro netti al mese.

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