LA POSIZIONE DEI SINDACATI SUL DEF
I sindacati non sembrano apprezzare il Documento di economia e finanza 2023 varato dal Governo. Come riporta collettiva.it, per Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, “il Def cammina sulla strada dell’austerity in maniera addirittura più vigorosa rispetto agli anni passati. Si rischia di non avere risorse per la sanità, il welfare, la previdenza, il lavoro e il rinnovo dei contratti pubblici, e nemmeno quelle per gli investimenti a sostegno del Pnrr, a cominciare dalle assunzioni necessarie per aumentare la capacità amministrativa che chiede l’Europa”. Luigi Sbarra, Segretario generale della Cisl, ritiene il Def “troppo difensivo, così si rischia di non agganciare la sfida della ripartenza. Dobbiamo dare margine a una politica espansiva, riallacciare il confronto con il sindacato e rafforzare un dialogo sociale che in questi mesi si è andato indebolendo. Per questo ci mobiliteremo nelle prossime settimane in modo intransigente, costruttivo e responsabile avanzando proposte concrete su fisco, previdenza, lavoro, aumento retribuzioni e pensioni, sanità, risorse per la non autosufficienza, rinnovo contratti pubblici e privati, politiche industriali e Mezzogiorno”.
I PROBLEMI DELLA RIFORMA PENSIONI QUOTA 41
Era chiaro già prima ma ora il Def lo ha reso certo: la riforma pensioni di Quota 41 in programma per il Governo Meloni non vedrà la luce prima della fine anno. Salvo clamorose sorprese nei prossimi mesi, l’impianto di sostituzione della Legge Fornero sembra al momento rallentato dalla mancanza di spesa ingente da poter caricare nella prossima Manovra di Bilancio.
Al momento l’opzione più concreta rimane quella di trovare le risorse nella Finanziaria per rinnovare di qualche mese (primo semestre?) la riforma di Quota 103, in vista però della reale riforma a tutto tondo in programma nel prossimo anno: «Con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro», lo aveva detto ancora ieri il capogruppo della Lega Riccardo Molinari, prima dell’approvazione del Def 2023. (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI DE MASI
Intervistato dalla Notizia a proposito del fatto che in tema di riforma delle pensioni non si stanno facendo passi avanti, Domenico De Masi spiega: “Non capisco di cosa ci meravigliamo. Noi di sinistra non possiamo stupirci che questo governo di destra stia facendo cose di destra. Noi di sinistra dobbiamo renderci conto di questo e organizzarci per sostituirlo alle prossime elezioni, semmai ci riusciremo. Ma fin quando c’è questo governo di destra farà cose di destra o eviterà di fare cose di sinistra. Nessuna meraviglia”. Il sociologo del lavoro aggiunge che Giorgia Meloni “sta prendendo man mano il pieno potere. Ha accontentato un po’ Matteo Salvini su alcune cose di contorno ma sulle cose di fondo non molla. Per sapere cosa farà la Meloni basta leggere la sua biografia. Lei è stata in qualche modo esplicita: nelle ultime 50 pagine ha anticipato cosa avrebbe fatto se fosse diventata capa del governo. Ora lo è e sta facendo quelle cose lì”.
LE PAROLE DI URSO
Ieri il Governo ha approvato il Def 2023, tema al centro della puntata di Porta a porta in cui è stato ospite Adolfo Urso. Come riporta Il Tempo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha risposto anche a una domanda su Quota 41, che di fatto non è tra le misure contemplate dal Documento di economia e finanza, spiegando che “noi abbiamo una priorità che è quella di sostenere imprese e famiglie. La priorità è sostenere i ceti più svantaggiati e lo abbiamo fatto anche per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale sia nella manovra economica sia con il prossimo passo che faremo. Poi ovviamente dovremo affrontare anche i problemi che riguardano l’equità pensionistica, ma siamo un Governo pragmatico, concreto prudente”. Urso ha aggiunto che “per il momento stiamo pensando a confrontarci con la Commissione europea per capire come possiamo utilizzare la flessibilità che ci è stata promessa su capitoli di spesa necessari e progetti facilmente cantierabili”, “se riusciamo a ottenere questa flessibilità allora sì che si crea un’altra prospettiva di crescita”.
RIFORMA PENSIONI, I DATI SUL GENDER GAP
Come riporta Il Sole 24 Ore, a fine marzo a Roma si è tenuto un seminario dal titolo “Le scomode cifre dell’Italia delle donne”, cui hanno partecipato anche Giuliano Cazzola ed Elsa Fornero. Con l’occasione sono stati diffusi nuovi dati relativi alla disparità di genere che dal mercato del lavoro si traslano poi alle pensioni. In particolare, “nel 2021 il reddito pensionistico medio lordo mensile delle circa 3 milioni di pensionate italiane di vecchiaia era di 1.321,14 euro, contro 1.970,19 euro dei circa 5 milioni di pensionati maschi. Il cosiddetto “differenziale di genere” è il 32,9%: significa che rispetto alla media del totale dei pensionati di vecchiaia, gli uomini percepiscono il 32,9% in più”. Un divario che deriva da carriere discontinue e redditi più bassi dei colleghi.
IL PROBLEMA NEL MERCATO DEL LAVORO
Inoltre, secondo i dati, si stima che la situazione femminile “non varierà nei prossimi anni se non si agisce oggi sul lavoro femminile delle ultra-quarantenni. Attualmente il numero delle lavoratrici è minore rispetto ai lavoratori uomini, con retribuzioni più basse e quindi fra 20 anni nel 2044 si stima che anche le future pensionate di invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs) diminuiranno rispetto ai pensionati maschi, contrariamente a quanto avviene oggi. Nel 2039 si verificherà un picco di circa 2,5 milioni di pensionati in più di entrambi i sessi rispetto al 2021. Sono i baby boomer, i numerosi nati tra il dopoguerra e il 1965, che da attivi diventano pensionati, a fronte di nascite previste da Istat fino al 2044 sotto i 400.000 nati l’anno; dopo il 2044 il sistema tenderà a riequilibrarsi automaticamente, ma nel frattempo si dovrà reggere l’urto”.
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