In un momento in cui la riforma pensioni 2023 è in stallo perché a Bruxelles non è molto piaciuto il modo in cui gli ultimi governi hanno deciso di legiferare per alleggerire il carico lavorativo degli italiani, varando prima quota 100 che, nell’ottica del parlamento europeo equivaleva ad un “misura folle”, poi quota 102, immediatamente bocciata in favore di una legge con quota 103 che prevede i 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica.



Riforma pensioni 2023: le differenze tra la Spagna e l’Italia

Ebbene, la riforma delle pensioni che vorrebbe fare il governo, eliminando il paletto dell’età anagrafica rischia di tradursi in qualcosa di molto peggiore rispetto alla legge Fornero che tutti vogliono superare, ma nessuno ne ha la ricetta. E allora conviene dare uno sguardo a quello che sta accadendo negli altri paesi europei, attenzionati da Strasburgo esattamente come l’Italia: ebbene anche la Spagna ha votato la sua riforma delle pensioni 2023, ma non è riuscita assolutamente a eliminare il paletto dell’età anagrafica e, manco a dirsi, lo stesso coincide con quello voluto da Elsa Fornero.



I 67 anni valgono per tutti, anche per Madrid che in tema di legislazione in campo lavorativo si pone nettamente avanti rispetto all’Italia, basti pensare al congedo mestruale retribuito che la Spagna ha deciso di votare pochi mesi fa.

Eppure la nuova riforma delle pensioni 2023 in Spagna è passata con un governo di sinistra e con 179 voti a favore, 104 contrari e 61 astenuti. Anche lì esistono i critici della riforma e anche lì pare che a farne le spese saranno i giovani, esattamente come accadrebbe in Italia con una riforma 41 universale, senza il paletto dell’età anagrafica che, come spiegato da IlSussidiario.net, potrebbe tradursi in una bomba sociale già a partire dal 2035, quando cioè il numero dei lavoratori in Italia sarà inferiore di un terzo rispetto al numero dei pensionati. È quello l’anno in cui si conteranno 3 pensionati per 2 lavoratori.



Riforma pensioni 2023: il problema di quota 41 e il coraggio che manca all’Italia

Ma dal momento che la quota 41 potrebbe diventare difficoltosa anche per le generazioni over 55 che fra 10 anni potrebbero doversi confrontare con un piano previdenziale non adeguato ad una exit a 67 anni (innalzata di due anni rispetto alla precedente legge sulle pensioni) e, potrebbero, in alcuni casi, dover optare per restare sul posto di lavoro fino a 74 anni, capiamo che la necessità di introdurre cuscinetti previdenziali come Ape sociale assume un’importanza primaria.

Ma il governo Meloni ha depotenziato persino Opzione Donna, come si potrebbe dunque agire in vista di una riforma che guardi ai cittadini e non all’incidenza del sistema previdenziale sul Pil? Ecco in Spagna lo hanno detto chiaro e tondo: nessuna promessa di abbassare l’età pensionabile, nessuna quota 100 che comporterebbe una perdita dell’assegno mensile fino al 30%. Niente di tutto questo, anzi: l’età pensionabile l’hanno persino innalzata a 67 anni e hanno deciso di introdurre il “contributo di solidarietà“, una sorta di correttivo che ha una funzione ben precisa, quella di sostenere i redditi più bassi, vale a dire le pensioni minime. Si tratta, almeno è così che l’hanno presentata di una riforma che guardi al benessere socio economico dei nuovi pensionati: ad alzare le pensioni minime in spagna ci penseranno dei contributi di solidarietà pagati dai redditi più alti e così il sistema previdenziale finisce per reggersi su un nuovo pilastro.

La riforma aumenta l’equità nel sistema pensionistico con un’attenzione particolare alle donne, ai lavoratori autonomi, ai pensionati più vulnerabili e ai lavoratori con carriere irregolari“, ha sottolineato José Luis Escrivà il ministro spagnolo per l’inclusione, la sicurezza sociale e le migrazioni.

“Viene stabilita anche una quota di solidarietà da parte delle retribuzioni più alte che inciderà sulla massa salariale che rimane al di sopra della base massima. Questa misura sarà progressiva in base alla retribuzione del lavoratore e sarà dispiegata a partire dal 2025”, ha concluso il ministro.

Quello che ci si aspetta è che Giorgia Meloni che ha trascorso una breve parentesi della sua infanzia in Spagna possa prendere il coraggio di fare una riforma pensioni senza slogan e senza trucchi, avendo magari il coraggio come la Francia e la Spagna di non poter toccare abbassando l’età pensionabile con trucchetti che finirebbero per aumentarla. Ovviamente nessuno incita il governo a riconfermare la Legge Fornero, ma visto l’impatto che le proposte avanzate fino a questo momento rischiano di gettare in un limbo di incertezza economico sociale tutte le nuove generazioni (ma anche gli over ’50), pare doveroso stigmatizzare determinati elementi. ce la farà Giorgia Meloni a superare la prova?