LE PAROLE DI BOMBARDIERI
Come riporta Teleborsa, ospite di Sky Tg24 Pierpaolo Bombardieri ha spiegato che “la relazione che ha portato la Manovra alle Camere dice che nei prossimi anni ci saranno 60 miliardi di risparmi sulle pensioni, attraverso la mancata rivalutazione delle pensioni sopra quattro volte il minimo e con l’intervento sui coefficienti per i medici e i dipendenti pubblici”. Restando in casa Uil, la Segretaria generale della Uil Pensionati Umbria, Elisa Leonardi, come riporta orvietonews.it, evidenzia che “la manovra economica del Governo è giunta alle battute finali in Parlamento ed è andata a rompere il patto sulla rivalutazione delle pensioni in base all’inflazione, con il taglio della rivalutazione. Taglio che, invece, in Umbria non si registra per i vitalizi dei consiglieri regionali che si ritrovano a godere di assegni spropositati in un contesto generale di difficoltà economica e di scarso potere d’acquisto, divorato dall’inflazione”.
ALLARME CGIL SULLE PENSIONI IN MANOVRA
«L’accesso alle pensioni sarà più difficile e l’importo dell’assegno è più basso»: così Emmanuele Comi, direttore del patronato INCA CGIL di Bergamo, commentando le nuove norme a breve approvate nella riforma pensioni inglobata nella Manovra di Bilancio 2024. Tra le novità della Finanziaria, continua il sindacalista Cgil, compaiono sia le modifiche a quota 103 sia le rivalutazioni varie.
«L’importo della pensione, per chi raggiungerà i requisiti nel 2024 (almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi), sarà calcolato col metodo contributivo e la finestra passa da 3 a 7 mesi per i lavoratori privati e da 6 a 9 mesi per quelli pubblici. Anche il tetto della pensione, fissato nel 2023 a 5 volte il trattamento minimo, passa a 4 volte, rendendo meno appetibile il pensionamento», sottolinea ancora Comi nella lunga nota diffusa da Bergamo News contestando anche le norme sulle pensioni per le donne, «questo Governo sostiene di essere a favore delle donne lavoratrici, mentre, in realtà le sue misure rivelano il contrario: risulta dai fatti chiaro che ha, come unico scopo, quello di rendere il pensionamento più difficile e l’importo dell’assegno pensionistico più basso, in una logica di punizione per quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima e, soprattutto per le donne». (Agg di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI GHIGLIONE (CGIL)
Il giudizio di Lara Ghiglione, Segretaria confederale della Cgil, sul capitolo previdenziale della Legge di bilancio resta negativo, nonostante gli emendamenti che sono stati approvati al Senato la scorsa settimana:. “Si continua a fare cassa sulla previdenza: altro che 41 anni di contributi per tutti, come avevano promesso in campagna elettorale. I pubblici, coinvolti dalla revisione delle aliquote di rendimento, rischiano addirittura di accedere alla pensione con 48 anni di contribuzione, per evitare il taglio. Mentre le deroghe introdotte, di fatto, sposteranno l’accesso al pensionamento per tutte e tutti”, spiega la sindacalista, secondo cui Governo e maggioranza “sono riusciti nell’impresa clamorosa di peggiorare la legge Fornero, azzerando qualsiasi forma di flessibilità in uscita, e a tagliare la perequazione delle pensioni continuando a manomettere il meccanismo di rivalutazione. Un risultato peggiore di qualsiasi previsione negativa”.
IL RITORNO DI PREVIDENZA ITALIA
Secondo quanto riporta Repubblica, nel Decreto Milleproroghe che verrà approvato oggi dal Consiglio dei ministri vi sarà anche una misura che porterà a una “retromarcia” rispetto allo spostamento delle risorse (29,5 milioni di euro) da Previdenza Italia ad Assoprevidenza votato quest’estate. Una misura che, come evidenziato dalla Cgil, spostava risorse pubbliche a un organismo privato. Secondo il quotidiano romano, sarebbe stata la Premier Meloni ha volere questa “retromarcia” che si concretizzerà nell’articolo 20 del Milleproroghe che “fa tornare in vita Previdenza Italia e le restituisce anche le risorse stanziate a fine 2019 dal governo Conte II: in totale 29,5 milioni, circa 2,5 milioni all’anno. La prima annualità sarà erogata entro il prossimo 31 gennaio e poi entro il 31 marzo ‘di ciascun esercizio’”. Non resta che aspettare il Cdm di oggi per avere la conferma di questa notizia.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI BEVILACQUA E GRONCHI
In un articolo pubblicato su lavoce.info, Mirko Bevilacqua e Sandro Gronchi spiegano che “il sistema contributivo italiano meriterà il nome che porta sol quando ne saranno corretti gli errori e colmate le lacune”. Tra quest’ultime “c’è l’assenza di un meccanismo di perequazione coordinato coi coefficienti di trasformazione, che priva questi ultimi di ogni fondamento attuariale con grave pregiudizio per il senso e le finalità del calcolo contributivo della pensione”. Infatti, ricordano gli autori, “in Italia, la perequazione non è più automatica da decenni. Infatti, è affidata all’oracolo della legge di bilancio che, alla fine d’ogni anno, rivela ai pensionati la sorte che li aspetta nel nuovo. Inoltre, è sempre più differenziata e, mediamente, sempre più negativa in termini reali”.
L’ANOMALIA SULL’INDICIZZAZIONE
Bevilacqua e Gronchi evidenziano, quindi, che “l’anomalia riguardante la perequazione ne finanzia implicitamente un’altra riguardante l’età media al pensionamento, che, a causa delle tante forme di anticipazione consentite, è mediamente inferiore a quella Ocse di 18 mesi per gli uomini e 25 per le donne. Nulla di male se fosse vero il luogo comune che, nel sistema contributivo, la maggior durata delle pensioni anticipate è compensata da un coefficiente di trasformazione inferiore”. In realtà, “la compensazione è impedita da non banali ragioni connesse alla natura backward looking dei coefficienti. Le anticipazioni restano quindi costose, prima fra tutte la pensione d’anzianità che è tanto radicata nella tradizione previdenziale italiana quanto priva di riscontri internazionali”.
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