Il governo Meloni sta ancora procedendo per proporre le misure da introdurre nella nota di aggiornamento al documento di Economia e Finanza approvato lo scorso aprile. La Nadef di settembre infatti è una partita molto dura, soprattutto perché le risorse sono difficili da trovare, ma le misure da attuare sono ancora tante. Una fra queste è la riforma pensioni 2023 che ancora non vede una bozza nonostante i tavoli di lavoro previsti: il prossimo sarà il 19 settembre.



Riforma pensioni 2023: quota 103 bis come ipotesi probabile

Anche se la misura ponte di quota 103 potrebbe vedere il bis entro dicembre di quest’anno, in occasione dell’approvazione della legge di bilancio 2024 che sarà proposta in prima istanza entro fine ottobre, sembra ormai chiaro che il governo meloni non potrà effettuare una legge strutturale così come aveva previsto. Ma tutte le proposte messe in campo, compresa quella di attuare la strutturalità di alcuni cuscinetti previdenziali come ape sociale e opzione donna unificati, sembrano delineare i connotati di una legge strutturale con quota 41 ibrida, così da garantire l’accesso alla exit pensionistica a partire dai 62 anni di età. E infatti nel 2022, un report dell’INPS, ha proprio stabilito che la maggior percentuale di pensionati ha fatto accesso all’assegno mensile all’età di 62 anni. La misura ponte dunque si configura come una proroga dei diritti garantiti nell’anno fiscale appena concluso.
Ma sono ancora tante le questioni da risolvere anzitutto le categorie e i sindacati sperano in un ritorno dei vecchi requisiti di opzione donna che garantivano la exit a partire dai 36 anni di contributi e 58 anni di età. Questi sono stati aumentati di due anni contributivi e di due anni attinenti ai requisiti anagrafici.



Riforma pensioni 2023: cosa ci aspetta per Natale

L’approvazione di una bozza della riforma pensioni potrebbe ricadere proprio nel periodo natalizio, perché la legge di bilancio 2024 è da approvarsi entro il 31 dicembre di quest’anno. Se ciò non dovesse accadere si ricadrebbe nell’esercizio provvisorio, un’ipotesi che tutti cercano sempre di scongiurare. È chiaro però che sono in molti ad avanzare altre proposte per rendere strutturale una exit a partire dall’età di 62 anni, che era il limite anagrafico massimo a cui miravano sia le categorie che i sindacati.



Inoltre rendere strutturale un cuscinetto previdenziale come ape sociale dovrebbe tener conto di una riconfigurazione della compagine di lavoratori attualmente esistente: entro il 2035 saranno maggiori il numero dei pensionati rispetto ai lavoratori ed entro il 2050 e il sistema previdenziale potrebbe realmente collassare. Qualsiasi riforma sulle pensioni strutturale dovrà tenere conto di questa analisi a medio lungo termine.