L’OBIETTIVO DI QUOTA 41
Il Governo ha promesso di varare quest’anno una riforma delle pensioni e, come spiega Il Sole 24 Ore, “l’obiettivo resta quota 41 ‘secca’ ma solo a fine legislatura. Nel frattempo scatteranno gradualmente alcune misure mirate partendo dalla separazione dell’assistenza dalla previdenza, chiesta a gran voce anche dai sindacati. Un’operazione che potrebbe aprire qualche spazio per altri interventi perché comporterà una sorta di riclassificazione della spesa pensionistica”. Intanto è stato reso noto che il coefficiente per rivalutare le quote di trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2022 è pari 0,188452. Il quotidiano di Confindustria ricorda che “in caso di corresponsione di una anticipazione del Tfr, il tasso di rivalutazione si applica sull’intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l’erogazione viene effettuata. Per il resto dell’anno l’aumento si applica, invece, solo sulla quota al netto dell’anticipazione, quella che rimane a disposizione del datore di lavoro”.
PENSIONI COMPLEMENTARI, LA PROMESSA DELLA MINISTRA CALDERONE
Proprio per aggiungere opzioni attorno alla prossima riforma pensioni 2023 con cui dovrebbe rivoluzionarsi l’intera previdenza italiana, la Ministra del Lavoro Marina Calderone insiste sul creare un ‘contorno’ importante anche sul fronte delle pensioni complementari. Intervenuta all’iniziativa Welfare & Hr summit del Sole 24 Ore organizzata in collaborazione con 24 Ore eventi, la titolare del Ministero del Lavoro insiste sul principio per cui la strada da affrontare sulla riforma pensioni è quella di non «mettere in difficoltà l’equilibrio dei conti pubblici».
Tra i punti all’ordine del giorno del Governo vi sarà quello, dice Calderone, di «valorizzare ancora di più il tema delle previdenza complementare che deve diventare, soprattutto per i giovani e per le giovani donne, un punto di riferimento per la costruzione di un percorso che possa portare all’erogazione di pensioni che siano dignitose». Per poterlo fare, conclude il Ministro, occorre pensare a nuovi incentivi per poter sostenere le pensioni complementari: «è uno degli obiettivi. Il tema della soglia della deducibilità fiscale credo sia importante». (agg. di Niccolò Magnani)
LA NUOVA IPOTESI SU OPZIONE DONNA
Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, si starebbero facendo passi in avanti per una soluzione al nodo Opzione donna, che potrebbe arrivare entro metà marzo. Il ritorno ai requisiti precedenti la Legge di bilancio “non appare compatibile con i paletti fissati dal Mef. Che sta ora valutando anche una proposta alternativa, congegnata sempre al ministero del Lavoro su input del sottosegretario Claudio Durigon. In questo caso l’uscita verrebbe garantita con 59 anni, che scenderebbero a 58 per quattro specifiche categorie, a partire da quelle indicate dall’ultima legge di bilancio: caregiver, lavoratrici con invalidità civile pari o superiore al 74% o ‘licenziate’. Con queste soglie la platea salirebbe a poco più di 13mila donne interessate per un costo di circa 90 milioni il primo anno. Che però potrebbe salire a 240 e 300 milioni nel secondo e nel terzo anno. Ed è proprio questo lo scoglio che dovrà essere superato nel corso dell’istruttoria tecnica avviata a via XX settembre”. Se passasse questa soluzione, quindi, la platea si allargherebbe di circa 10.000 unità.
LE PAROLE DI BOERI
Come riporta ideawebtv.it, ospite di una tappa dell’Alambicco Academy al Museo del Cinema di Torino, Tito Boeri ha risposto ad alcune domande, tra cui una relativa alla sua visione sulla riforma delle pensioni. “Penso che la strada maestra rimanga quella di garantire flessibilità in uscita sempre seguendo le regole del sistema contributivo, vuol dire permettere alle persone di andare in pensione tra i 64 e i 67 anni con chiaramente aggiustamenti attuariali nel caso si vada prima, perché non possiamo favorire chi lo fa, rispetto a chi va in pensione più tardi”, ha detto il Presidente dell’Inps, secondo cui con il debito pubblico elevato dell’Italia non ci si può permettere un grande taglio delle tasse, “quello che possiamo fare è decidere delle priorità e penso che una priorità oggi sia quella di ridurre il costo del lavoro. Dobbiamo incentrarci su questo aspetto invece di fare tante cose e di disperdere soldi, anticipi pensionistici, quote 102, 103 eccetera. Noi dovremmo concentrare tutti gli sforzi possibili per ridurre la tassazione sul lavoro. Agendo in quella direzione potremmo anche avere dei risultati importanti”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANTICIPO DEL TFS
Come riporta Repubblica, tramite un emendamento al decreto Crediti fiscali o a quello sul Pnrr, ai tre milioni di dipendenti pubblici assunti prima del 2001 potrebbe essere data “la possibilità di ricevere in anticipo una parte del proprio trattamento di fine servizio (Tfs), l’equivalente del Tfr liquidato ai lavoratori privati”, tramite un prestito bancario “con il Tfs a garanzia, per poi rimborsarlo non appena arriva la liquidazione. A quel punto all’importo del Tfs si toglierà la cifra ottenuta in prestito più gli interessi versati alla banca. Secondo Stefano Cherti, docente di diritto bancario all’università di Cassino, “è vero che in questo modo si accede alla liquidità senza erodere il reddito, ma in compenso si erode il capitale: le banche fanno il loro mestiere: applicano un interesse. E nello scenario attuale non è escluso che questi possano aumentare ancora”.
SINDACATI DIVISI
I sindacati sembrano divisi su questa misura. Secondo Felice Romano, segretario generale del Sindacato italiano unitario dei lavoratori della Polizia (Siulp), “si metterebbe fine a una disparità assurda tra lavoratori pubblici e privati” con “maggiori entrate per le casse pubbliche grazie agli introiti Iva”. Ezio Cigna, responsabile per le politiche previdenziali della Cgil, ritiene invece che “l’emendamento è forse una priorità per le banche, ma non per i dipendenti. I lavoratori del pubblico iscritti al Fondo credito di Inps già hanno accesso a mutui e prestiti a tasso inferiore rispetto a quello bancario”. Senza dimenticare che “una recente delibera Inps consente agli statali di ricevere la liquidazione immediatamente dopo la fine dell’attività a un tasso d’interesse dell’1,5%”.
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