LE IPOTESI PER OPZIONE DONNA

Come riporta Il Sole 24 Ore, “con tutta probabilità Opzione donna, l’uscita anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno che l’ultima Legge di bilancio ha limitato a una ristretta platea di lavoratrici, il prossimo anno non rimarrà così com’è” e sul tavolo “ci sarebbero già almeno altre due ipotesi, oltre a quella, ormai considerata improbabile, del ripristino dei requisiti in vigore nel 2022”. La prima ipotesi, secondo il quotidiano di Confindustria, “parte dalla soglia anagrafica minima di 60 anni, ma guardando a una platea molto più ampia di quella attuale (composta da caregiver, invalide civile in misura pari o superiore al 74% e ‘licenziate’). Con questa opzione verrebbe eliminato il cosiddetto “criteri figli” (requisito dell’età ridotto di un anno per ogni figlio, per un massimo di due anni)”. La seconda ipotesi invece, “prevede il ricorso a un modello simile a quello dell’Ape sociale. Con un anticipo pensionistico che sarebbe accessibile a partire sempre da 60 anni, o forse 61, anziché dai 63 anni, che è attualmente è di fatto l’età di riferimento dell’Ape”.



LE PAROLE DI TAFARO

Tiziana Tafaro, Presidente del Consiglio nazionale attuari, ha ricordato che “il nostro sistema di previdenza si basa su un equilibrio tra contributi e prestazioni. Ora abbiamo un problema legato all’invecchiamento demografico che ci porta ad avere un futuro certo con molti pensionati e probabilmente meno lavoratori”. Intervistata da Adnkronos/Labitalia, ha anche evidenziato che “pensavamo fossero meno i lavoratori che guadagnano di più, invece sono meno quelli che non guadagnano molto, quindi il monte contributi potrebbe non essere sufficiente e ciò potrebbe portare ad un’insostenibilità del sistema che non significherà che non si pagheranno le pensioni, ma potrebbe significare che dovranno essere ritoccate”. Per Tafaro, “il patto fra generazioni è fondamentale, aiutando i giovani ad avere un lavoro più equo. Non credo che sarà più possibile un lavoro continuo, ma bisogna trovare una maniera più corretta per gestire la flessibilità con i contributi previdenziali”.



L’ANALISI DI COLOMBINI

Secondo Angelo Colombini, Opzione donna “deve essere un’opportunità per tutte le donne”, “anche quelle che vivono da sole e hanno problemi con il lavoro di cura nei confronti di figli con handicap o genitori anziani malati. La penalizzazione dell’Opzione donna, però, oggi del 30 per cento, deve essere ridotta, e sarebbe bene ripristinare i requisiti precedenti alla legge di bilancio 2023 che li ha ridotti”. L’ex Segretario confederale della Cisl. intervistato da Tempi.it, ricorda anche che “i ragazzi di oggi avranno una pensione bassa che coprirà solo dal 45 al 55 per cento di quanto versato negli anni, diversamente da oggi”, quindi bisognerebbe “introdurre la cosiddetta pensione di garanzia, che valorizzi i buchi contributivi tra un lavoro e l’altro”. Più in generale, il sistema pensionistico “va reso più flessibile, permettendo al lavoratore di scegliere più liberamente quando andare in pensione”. Quanto alle risorse necessarie per le misure di riforma delle pensioni, Colombini ricorda che “la cosiddetta legge Monti-Fornero del 2011 ha permesso di risparmiare 80 miliardi”, “dove sono?”.



LE PAROLE DI TAJANI

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, come riporta Ansa, ricorda che sulle pensioni “c’è un confronto in corso, la riforma va fatta. Per quanto riguarda le pensioni minime abbiamo preso un impegno, entro cinque anni, ad arrivare a mille euro al mese. Andremo avanti” sugli aumenti raggiungere questo obiettivo entro la legislatura. Intanto Luigi Sbarra, Segretario generale della Cisl, torna sull’incontro di lunedì scorso con il Governo, ricordando che “è stato un incontro, anche se interlocutorio, che io considero positivo, perché dopo cinque mesi ci ha consentito di riprendere il cammino del dialogo sulla piattaforma che abbiamo presentato al governo per cambiare il sistema pensionistico e previdenziale, per superare la Legge Fornero, e restituire al sistema previdenziale italiano profili di flessibilità, di stabilità delle regole e di inclusività”. Il confronto proseguirà: l’11 si parlerà di pensione di garanzia per i giovani, il 18 luglio di flessibilità in uscita ed esodi, il 5 settembre di mansioni gravose e tutela previdenziale delle donne, mentre il 18 di previdenza complementare.

RIFORMA PENSIONI LO STUDIO DI PARADISI E BIANCHI

In un articolo pubblicato su ultimavoce.it vengono esposti alcuni dati contenuti nello studio “Paesi per vecchi, analisi del divario salariale per età” realizzato da Matteo Paradisi (Einaudi Institute for Economics and Finance) e Nicola Bianchi (Northwestern Kellogg School of Management) allegato al XXI Rapporto Inps. Si scopre così, che in Italia “i lavoratori più anziani creano ‘ingorgo’ bloccando le possibilità degli under 35, rilegati a posizioni di base per un periodo molto lungo. L’invecchiamento della popolazione insieme alla riforma delle pensioni sono complici della situazione, in quanto creano un mondo lavorativo da cui non si esce prima dei 66-67 anni”. E “se invecchia la popolazione invecchiano anche i lavoratori”.

LE CHANCE RIDOTTE DEGLI UNDER 35

Infatti, “l’età media degli occupati si è alzata dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 del 2019. Una tendenza che ha del tragico se si considera che in Italia ogni 100 pensioni Inps ci sono 111 lavoratori attivi, 103 se si escludono i professionisti che versano i loro contributi alle Casse private. La bassa natalità, la crescita della speranza di vita e l’età pensionabile più alta d’Europa sono i principali motivi di questa tendenza. Elementi che, secondo lo studio, hanno spinto i lavoratori più anziani a restare a lungo negli uffici, occupando i posti più prestigiosi e guadagnando di più. Dal 1985 ad oggi la possibilità che gli under 35 si trovino nel range della distribuzione dei salari più alti è diminuita del 34%, mentre la stessa probabilità è aumentata del 16% per gli over 50”. Un quadro non certo confortante per i giovani.

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