LE PAROLE DI CALDERONE SULLA RIFORMA DELLE PENSIONI
Marina Calderone, come riporta Ansa, ha spiegato che sulle misure di riforma delle pensioni pensioni contenute nella manovra “mi sento di dire che è stato fatto quello che era consentito dalla situazione”. La ministra del Lavoro ha ricordato “la necessità principale della tenuta dei conti” e di dare una risposta “adeguata ma al tempo stesso lungimirante e prudente alle aspettative” degli italiani e ha evidenziato che “tante misure che nel corso degli anni hanno prodotto effetti non positivi hanno condizionato quella che poteva essere la proposizione di strumenti e momenti di riflessione sul fronte pensionistiche. Riflessioni che verranno comunque fatte nell’ottica di legislatura”. Ospite di Restart, in onda su Rai 2, Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia, ha invece detto che “la rivalutazione delle pensioni è dentro alla manovra e noi di Forza Italia ci siamo battuti per l’aumento delle pensioni minime, portandole da 600 a 620. Nessuno lo aveva fatto in vent’anni”.
RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA, IL FOCUS SULLA RIVALUTAZIONE ASSEGNI
All’interno dei 91 articoli della bozza sulla Manovra di Bilancio, un focus particolare è dedicato alla rivalutazione delle pensioni per l’adeguamento con l’inflazione: uno dei capitoli della nuova “mini” riforma pensioni prevede che vi sarà adeguamento pieno all’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo (sotto cioè 2.000 euro circa). L’adeguamento sarà invece al 90% per quelle tra 4 e 5 volte il minimo mentre sarà e al 22% (con un taglio rispetto al 32% delle norme in vigore quest’anno) per tutte le pensioni più alte, ovvero sopra 10 volte il minimo, pari a 5.000 euro al mese.
La nuova indicizzazione confermata dalla Manovra sale dal 85% – presente nella precedente Finanziaria – al 90% per tutti gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (tra 2.000-2.500 euro circa); confermata al 53% per gli assegni pari a 5-6 volte il minimo, scende al 47% per quelli tra 6 e 8 volte; al 37% per quelli tra 8 e 10 volte. Come conferma TgCom24, l’indicizzazione viene infine ridotta dal 32% al 22% per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LA BOZZA DELLA MANOVRA
Stando a una prima bozza della Legge di bilancio che sta circolando sulle principali agenzie di stampa, tra le misure di riforma delle pensioni sarebbe previsto il varo di Quota 104 (63 anni di età e 41 di contributi) con il ricalcolo contributivo dell’assegno. Secondo quanto riporta il sito di Repubblica, resterebbe, invece, in vigore Opzione donna, ma con l’innalzamento a 61 anni del requisito anagrafico con uno sconto massimo di due anni per le madri con almeno due figli. Per l’Ape social vi sarebbe l’innalzamento di 5 mesi del requisito anagrafico, che diventerebbe, quindi, pari a 63 anni e 5 mesi. La manovra interverrebbe anche sul blocco all’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti per la pensione di anzianità (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), anticipandone la fine al 31 dicembre 2024, anziché a fine 2026. Per chi si trova, infine, nel sistema contributivo viene innalzato a 3,3 volte (da 2,8 volte) il requisito relativo all’importo minimo dell’assegno sociale in caso di uscita anticipata a 64 anni.
LE PAROLE DI CUZZILLA
A proposito delle misure di riforma delle pensioni inserite nella Legge di bilancio, Stefano Cuzzilla, Presidente di Cida, evidenzia che “aumentare di ben 10 punti percentuali il taglio sull’indicizzazione delle pensioni più alte metterebbe a forte repentaglio la crescita economica e civile del nostro Paese. La middle class è il pilastro della nostro sistema economico e gioca un ruolo rilevante nel rinnovamento sociale. Colpirla così duramente significherebbe voler aumentare il debito sulle generazioni future, provocare un pericoloso scollamento sociale e soprattutto disallineare il carico fiscale rispetto a quelli degli altri Paesi europei, provocando una perdita di competitività del nostro sistema economico. Da un dal Governo del merito ci aspettiamo maggiore attenzione. Invece finirà come al solito? Anche quest’anno a pagare saremo solo noi? Le nostre categorie non scendono in piazza, ma ciò non significa che accettano passivamente queste misure. Non possiamo di certo stare zitti di fronte ad una palese ingiustizia, per questo abbiamo avviato ricorsi, stiamo mettendo a punto una petizione e valuteremo anche altre azioni”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI MAZZAFERRO
In un articolo pubblicato su lavoce.info, Carlo Mazzaferro ricorda che, in tema di riforma delle pensioni, il 2024 dovrebbe vedere “la nascita di una nuova quota, la 104, che andrebbe a sostituire la 103. La combinazione di età e contributi, rispettivamente 63 e 41 anni, necessari per accedere in anticipo al pensionamento rispetto all’età di 67 anni (con almeno 20 di contributi), testimonia un ulteriore irrigidimento rispetto alle quote precedenti. Quota 100, ad esempio, consentiva il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi. Sembra che verranno previste forme di incentivazione alla permanenza al lavoro e di penalizzazioni, in caso di ulteriore anticipo. Non sono ancora disponibili dettagli su come questi interventi si realizzeranno”.
L’IRRIGIDIMENTO PER L’USCITA DAL LAVORO
Invece, continua Mazzaferro, “Ape sociale e Opzione Donna, strumenti di accesso in anticipo alla pensione molto utilizzati in passato e in scadenza a fine anno, dovrebbero scomparire per confluire in un nuovo strumento unico per la flessibilità in uscita. In questo caso, l’accesso al nuovo fondo – le cui fonti di finanziamento non sono chiare, ma che avrebbe evidentemente un costo per il bilancio pubblico – sarebbe garantito con 63 anni di età e 36 di contribuzione per alcune categorie svantaggiate (caregiver, lavori gravosi, disabili). Per le donne il requisito di contribuzione scenderebbe a 35 anni. Si tratta di combinazioni che rendono più difficile l’accesso rispetto alla normativa attuale, sia nel caso di Ape sociale che in quello di Opzione donna”.
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