L’INDICE PROVVISORIO DI RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI
Il Sole 24 Ore scrive di essere in grado di anticipare l’indice provvisorio di rivalutazione dei trattamenti pensionistici relativo al 2024: sarà pari al 5,4%, un valore non troppo diverso dal 5,6% utilizzato nella Legge di bilancio. Il quotidiano di Confindustria ricorda anche che “l’aumento del 5,4% sarà riconosciuto solo ai pensionati che ricevono fino a quattro volte il minimo, mentre per valori superiori l’adeguamento si ridurrà sempre più”. Va anche detto che “l’assegno sociale, che con la rivalutazione provvisoria del 7,3%, ora è pari a 503,27 euro, con quella definitiva dell’8,1% dovrebbe salire a 507,02 e, con l’aggiunta del 5,4%, nel 2024 dovrebbe arrivare, in via provvisoria, a 534,40 euro”. Non resta che attendere ora il decreto dei ministeri dell’Economia e del Lavoro con il dato sull’indice provvisorio ufficiale che sarà poi quello che verrà utilizzato dall’Inps per l’erogazione degli assegni pensionistici nel 2024.
IL RISCATTO PREVISTO NELLA MANOVRA
Come ricorda Il Sole 24 ore, tra le misure di riforma delle pensioni introdotte nella manovra c’è la possibilità nei prossimi due anni di riscattare i periodi non coperti da contribuzione dal 1996 in poi fino a un massimo di cinque anni per “gli iscritti Inps al fondo pensione lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive (fondo trasporti, fondo elettrici, fondo telefonici, fondo volo, fondo dazio, Inpdai, Enpals) ed esclusive (Inpdap, Ipost, Ferrovie dello Stato) alle gestioni di lavoratori autonomi, alla gestione separata senza anzianità contributiva ante 1996”. Tuttavia, “a differenza dell’edizione 2019-21, però, l’onere del riscatto non sarà deducibile al 50% (lo stabiliva espressamente l’articolo 20, comma 3, del Dl 4/2019), ma solo detraibile, quindi con un ridotto vantaggio per il richiedente”. Forse anche per questo motivo, evidenzia il quotidiano di Confindustria, nella relazione tecnica si ipotizza che il riscatto verrà utilizzato solo da 1.200 persone nel prossimo biennio contro le 5.500 del triennio 2019-21.
LA POSIZIONE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Nel documento presentato in occasione dell’audizione parlamentare sulla Legge di bilancio, come riporta Ansa, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha spiegato che il meccanismo di rivalutazione degli assegni previsto nella manovra “appare penalizzante nei confronti delle pensioni, pure se calcolate con il metodo puramente contributivo, di valore superiore a 10 volte il trattamento minimo”, quindi “si suggerisce di ripristinare le medesime fasce del 2023, che prevedevano una rivalutazione della pensione al 32% per i trattamenti superiori a dieci volte il trattamento minimo”. Per quanto riguarda l’intervento sulle pensioni di alcuni dipendenti pubblici, “si suggerisce di valutare una maggiore gradualità nella entrata in vigore della norma, specie considerando le diverse modalità di accesso a pensione, nonché anche il caso di coloro che avevano già sostenuto e saldato la spesa di un riscatto confidando, con legittimo affidamento, nel beneficio corrispondente sulla futura pensione”.
LE PAROLE DI DIDONÈ
Emilio Didonè evidenzia che “negli ultimi 20 anni il prezzo pagato dai pensionati è stato pesante, per non dire insopportabile. E ancora una volta la manovra di bilancio infierisce su di loro, che rimangono i cittadini più penalizzati dal Governo di turno. Quando il Paese è in crisi e la coperta è corta, il peso maggiore ricade sempre sui pensionati che sono usati come bancomat per recuperare le risorse che servono a tappare i tanti buchi di bilancio”. Il Segretario generale della Fnp-Cisl ricorda che “solo negli ultimi 10 anni i blocchi della perequazione hanno portato ad un abbattimento del potere di acquisto di più del 30%, senza contare l’aumento del carrello della spesa e dei consumi energetici. Per contenere il debito pubblico dell’Italia si smetta di cambiare le regole del gioco ogni anno e di tagliare i diritti legittimamente maturati dai pensionati e si combatta in modo finalmente serio i mali dell’evasione e della corruzione, e si eliminino sprechi e privilegi, veri cancri del nostro Paese”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MALACALZA
Claudio Malacalza evidenzia che “dopo anni di propaganda sull’abolizione della legge Fornero, il centrodestra al governo ha di fatto eliminato la flessibilità, garantendo l’accesso alla previdenza anticipata a poche migliaia di persone; in due leggi di bilancio hanno messo paletti, vincoli e tagliato la spesa previdenziale creando un meccanismo che addirittura rafforza il sistema basato sulla riforma Monti- Fornero del 2011”. Il Segretario generale dello Spi-Cgil di Piacenza, come riporta piacenza24.eu, ricorda infatti che Quota 103 resterà in vigore anche nel 2024, ma a differenza di quest’anno ci sarà un ricalcolo tutto contributivo con una formula molto penalizzante e con un tetto massimo mensile pari a quattro volte il minimo (circa 2.256 euro)”.
L’ALLUNGAMENTO DELLE FINESTRE PER IL PENSIONAMENTO
Il sindacalista spiega anche “per l’accesso Ape sociale, ossia l’anticipo pensionistico per i disoccupati, per le persone con invalidità sopra o uguale al 74%, per i lavoratori impegnati in attività gravose e per quelli che assistono persone con handicap confermato fino a fine 2024, occorrono almeno 63 anni e cinque mesi di età anagrafica, con aumento di cinque mesi rispetto alla situazione attuale. Per Opzione Donna occorre essere disoccupate o caregiver, o con una invalidità di almeno il 74%”. Inoltre, “per questi soggetti la ‘finestra’ per accedere alla pensione si apre dopo un anno per le dipendenti e diciotto mesi per le autonome. Vengono allungate le finestre e chi ha diritto ad andare in pensione dovrà aspettare più tempo: da tre a sette mesi per il settore privato da sei a nove mesi per il settore pubblico”.
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