LE MISURE NEL DECRETO LAVORO SULLE PENSIONI

Nel Decreto lavoro, come spiega pensionioggi,it, ci sono interventi riguardanti la previdenza. In particolare, per la ricongiunzione dei contributi verrà utilizzato un tasso di rivalutazione del montante contributivo che coinciderà con il tasso di capitalizzazione e non sarà più pari al 4,5% annuo. Questa modifica “comporterà un aumento dei costi di ricongiunzione per i lavoratori perché da circa un ventennio il Pil cresce a ritmi stabilmente inferiori al 4,5% e, pertanto, la somma che si porta a scomputo dell’onere di ricongiunzione costituita, per l’appunto, dal montante dei contributi versati nella gestione trasferente sarà inferiore rispetto a quanto avviene attualmente”. Prevista anche la creazione di una terza finestra per il pensionamento dei lavoratori precoci e l’uniformazione dei tempi di presentazione delle domande a quelli dell’Ape social. Infine, il contratto di espansione viene prorogato di due anni fino alla fine del 2025.



LA RIFORMA SUL LAVORO CONFERMA LE PENSIONI DI CITTADINANZA

Con il via libera giunto ieri in CdM del nuovo Decreto Lavoro alcune novità giungono anche sul fronte previdenza, in attesa di una più composita riforma pensioni che potrà giungere solo con la prossima Manovra di Bilancio. Nel nuovo testo del Dl Lavoro licenziato dal Governo Meloni ricompare la “Pensione di cittadinanza”, legata alla riforma che porterà nel 2024 il nuovo Assegno di Inclusione a prendere il posto del Reddito di Cittadinanza.



Si ripristina l’assegno più alto per le famiglie composte da anziani e/o disabili: se la famiglia ha componenti tutti over 67 oppure un componente over 67 e gli altri disabili gravi o non autosufficienti, allora i requisiti di accesso all’AdI sono più alti: «la soglia di reddito familiare sale a 7.560 euro annui, moltiplicata per la scala di equivalenza. Il requisito anagrafico di 67 anni viene adeguato alla speranza di vita, quindi crescerà nel tempo», osserva il focus di “La Repubblica”. Ciò significa che viene in sostanza ripristinato l’importo di 630 euro al mese della “vecchia” Pensione di cittadinanza. (agg. di Niccolò Magnani)



LE RICHIESTE SINDACALI

Il Segretario della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, come riporta ottopagine.it boccia il Decreto lavoro, spiegando che “non c’è una misura che possa garantire strutturalmente l’aumento delle buste paga dei lavoratori dipendenti e delle pensioni che protegga il potere d’acquisto dei salari”. Paolo Andreani, Segretario nazionale della Uiltucs, come riporta l’edizione locale della Nazione, a Pistoia ha detto: “Basta elemosine, servono salari più alti, occorre adeguare le pensioni, altrimenti si impoverirà il Paese. Utile ma non sufficiente il taglio del cuneo fiscale, necessaria la detassazione immediata degli aumenti contrattuali. Serve ora dunque un colpo di reni per andare al rinnovo dei contratti collettivi”. A Portella Ginestra, invece, come riporta palermotoday.it, il Segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo ha detto “che si continua a tassare il lavoro dipendente e le pensioni, più delle rendite finanziarie e questo è inaccettabile. Come è inaccettabile che buona parte della politica italiana, del parlamento e di tutto il governo non sentono la sofferenza del mondo del lavoro, gli appelli che si sono alzati in tutte le piazze in questi mesi”.

LE PAROLE DI GIORGETTI E TRIDICO

Mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervistato dal Sole 24 Ore, ha spiegato che “non c’è riforma delle pensioni compatibile con gli attuali tassi di natalità italiani”, Pasquale Tridico, come riporta Ansa, ha evidenziato che “i migranti contribuiscono alla sostenibilità del sistema, perché sono prevalentemente lavoratori attivi. Oggi contribuiscono per circa 11 miliardi alla spesa pensionistica. E allo stesso tempo usufruiscono di prestazioni pensionistiche per circa 1,2 miliardi l’anno e prestazioni non pensionistiche per circa 3,3 miliardi l’anno”. Il Presidente dell’Inps, ospite della trasmissione Omnibus, in onda su La7, ha quindi detto che “c’è un attivo a favore dell’Italia di 6-7 miliardi l’anno. Il loro contributo nel sistema è certamente positivo”. Intanto Antonio Massafra, Segretario Generale della Uil di Varese, come riporta Il Giorno, ha ricordato che “abbiamo lavoratori di più di 60 anni che fanno lavori usuranti: chiediamo che bastino 41 anni di contributi o i 62 anni di età e che vengano rivalutate le pensioni”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MASTRAPASQUA

In un articolo pubblicato su Libero, Antonio Mastrapasqua evidenzia che “è ripartito il tormentone delle pensioni”. “Nei fatti il Documento di economia e finanza (Def) del Governo non indica alcuna risorsa che il Governo dovrebbe stanziare per il superare la legge Fornero. E questo irrita le organizzazioni sindacali. Ma c’è da preoccuparsi? Gli ultimi numeri che si leggono dicono che quasi 3 milioni di nuovi pensionati accederanno alla quiescenza per anzianità, quindi ben prima della soglia tanto vituperata dei 67 anni e rotti. Già oggi, su un totale di 17,7 milioni di pensioni erogate dall’Inps (al primo gennaio 2023) oltre 5 milioni sono di anzianità, o ‘anticipate’. Con buona pace dei giovani che vedono ingrossare le fila dei titolari di trattamento pensionistico”.

IL DIBATTITO STACCATO DAI DATI

L’ex Presidente dell’Inps spiega che “c’è ancora chi discute della riforma delle pensioni, immaginando di ridurre l’età di uscita. E c’è chi si rifugia in dibattiti politici che poco o nulla hanno a che fare con i dati attuariali. Non solo, molti si avventurano ancora – nel tempo della sacrosanta inclusione – a verificare il colore dei contributi previdenziali, ragionando su chi possa garantire le prossime pensioni. Immigrati sì, immigrati no? Che senso ha? Se ha un senso riguarda solo la polemica politica. Stupisce che in questo vortice di opinioni – di opinioni si tratta – si getti anche chi ha il ruolo del responsabile dell’Amministrazione pubblica che deve assicurare il migliore servizio in base alle leggi dello Stato vigenti”.

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