LE PAROLE DI BRAMBILLA
Durante la presentazione del rapporto di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, come riporta Ansa, è tornato a parlare della proposta di portare le minime a 1.000 euro, evidenziando che questa misura costerebbe 27 miliardi l’anno e porterebbe in poco tempo l’Inps al default. Oltretutto, “se si portassero le pensioni basse a questo livello perché le persone dovrebbero versare i contributi?”. Di fatto, secondo Brambilla, le persone sarebbero scoraggiate a lavorare e a versare contributi in un Paese nel quale il tasso di occupazione è già ai livelli più bassi nell’Ue. Dunque, “lo Stato deve fare attenzione”, perché “ci sono 4,5 milioni di pensionati che non hanno versato abbastanza contributi e quindi non hanno neanche pagato le tasse, oltre un quarto dei pensionati italiani”. Dal suo punto di vista non si tratta di una percentuale fisiologica, perché quella di coloro che hanno realmente bisogno “è del 6-8%”.
LE PAROLE DELLA MINISTRA CALDERONE ALLA VIGILIA DEL VERTICE SULLA RIFORMA PENSIONI
Da domani 19 febbraio l’iter per formulare una nuova riforma pensioni nell’anno 2023 scatterà “spedito”: lo dice la Ministra del Lavoro Marina Calderone, alla vigilia del primo tavolo effettivo tra Governo e sindacati per preparare la nuova legge che dovrà sostituire la Fornero dal prossimo anno. «L’obiettivo non è fare parole ma attivare un confronto ampio e articolato, che coinvolge tutti gli attori sociali e istituzionali, per poi arrivare ad un percorso di riforma», ha spiegato ieri la Ministra rispondendo in commissione Lavoro del Senato sulle linee programmatiche del dicastero.
«C’è la consapevolezza di dover mettere fine a quella stagione, non più breve, di interventi che vengono fatti ogni anno in finanziaria per evitare lo scalone della legge Fornero e individuare forme di uscita anticipata», sottolinea ancora Calderone che sarà presente domani con i leader dei principali sindacati nazionali. Serve ragionare su una riforma «di sistema incentrata sul tema della flessibilità e avere un sistema equilibrato», ribadisce la titolare del Ministero, aggiungendo come «il tavolo sulla sicurezza sul lavoro andrà avanti spedito, così come il tavolo sulle pensioni. I tempi possono essere entro i primi 5-6 mesi dell’anno per quanto riguarda sia la bozza di riforma delle pensioni che la sicurezza sul lavoro». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI PROIETTI
Secondo Domenico Proietti, nell’ambito della riforma delle pensioni su cui Governo e sindacati si confronteranno a partire da domani “si deve strutturare un meccanismo che partendo da Ape sociale ne rafforzi le tutele e riduca l’anzianità contributiva richiesta a favore di chi perde il lavoro negli anni antecedenti la pensione, di chi ha una disabilità o assiste un familiare con disabilità e per tutti coloro che svolgono mansioni gravose o usuranti”. Il Segretario confederale della Uil, intervistato da pensionipertutti.it, spiega anche che verrà chiesto “un aumento delle detrazioni specifiche e un rafforzamento della 14 mensilità” per i pensionati, “misure importanti che aiuterebbero concretamente milioni di famiglie”. La Uil, inoltre, “chiederà al Governo un impegno concreto che porti alla formalizzazione di un accordo dettagliato entro maggio di quest’anno così che gli interventi programmati possano essere inseriti già nel prossimo DEF”.
L’ANALISI DI GRONCHI
Su lavoce.info è stato pubblicato un articolo di Sandro Gronchi il cui abstract recita: “È stata pubblicata la tabella con i nuovi coefficienti di trasformazione per il biennio 2023-2024. Grava su di loro la mancanza di trasparenza che li caratterizza fin dai primi passi della riforma Dini. La via maestra è l’aumento dell’età pensionabile”. In effetti, l’autore spiega che l’aumento dell’età pensionabile “può non solo contrastare la riduzione del tasso di sconto con quella della vita residua, ma anche consentire montanti contributivi più robusti. In Svezia, l’età minima è di 65 anni e la pensione d’anzianità è sconosciuta, mentre in Italia il traguardo dei 65 anni è tagliato solo dal 42 per cento delle pensioni liquidate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti nei primi 9 mesi del 2022 (Inps, Monitoraggio dei flussi di pensionamento – Rilevazione del 2/10/2022, Tav. 8)”. Intanto la Cgil, tramite la sua vicesegretaria generale Gianna Fracassi, evidenzia che “per evitare la recessione ormai alle porte occorre: aumentare i salari delle lavoratrici e dei lavoratori e sostenere i redditi delle pensionate e dei pensionati”.
RIFORMA PENSIONI, LA CONVENIENZA DI QUOTA 103
Conviene accedere a Quota 103 oppure restare al lavoro e avere una busta paga più pesante? Milano Finanza ha interpellato Andrea Carbone, fondatore di smileconomy, e dalle simulazioni compiute emerge che “la convenienza varia tra uomini e donne, sia perché l’anticipo di Quota 103 è più limitato per le donne, ovvero 10 mesi invece di 1 anno e 10 mesi, sia per le diverse attese di vita”. In particolare, “per i redditi simulati per gli uomini, Quota 103 è quella che dà la maggior ricchezza pensionistica. Anche con il limite di pensione, prevale l’effetto di percepirla prima rispetto al minor valore. Tuttavia, se si guarda al totale, che include anche i redditi da lavoro e il bonus, la ricchezza maggiore si ha ovviamente continuando a lavorare”.
LE SIMULAZIONI DI SMILECONOMY
Per quanto riguarda le donne, invece, “per redditi da 2 mila euro netti, la maggior ricchezza pensionistica si ha con Quota 103, mentre per redditi più elevati, cioè 4 mila euro, il cap si rivela più penalizzante a fronte del minor anticipo. Come per gli uomini, la maggior ricchezza complessiva si ha continuando a lavorare”. Per le donne “rimane la sensazione che saranno poche ad usare Quota 103, sia per i soli 10 mesi di anticipo, sia per la possibilità di usare il bonus Maroni o continuare a lavorare”. “Soprattutto per chi ha redditi alti, la variabile decisiva è se si desideri smettere di lavorare prima, grazie a Quota 103. Per chi preferisce continuare, si tratta di scegliere tra avere qualcosa in più subito, con il bonus, o nel lungo periodo nello scenario base”, conclude Carbone.
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