Il governo Meloni dice di avere le idee molto chiare: arrivare entro il 2026 con quota 41 secca entro il 2026. È questa per loro la riforma pensioni strutturale, non una riforma che tenga conto della discontinuità contributiva e nemmeno una riforma che tenga conto delle giovani generazioni cresciute, lavorativamente parlando, in un’epoca caratterizzata dalla totale assenza di una riforma pensioni. Una quota 41 seccariforma pensioni della Fornero perché prevederebbe l’eliminazione dell’età anagrafica. Per arrivare a quest’obiettivo, il governo Meloni ha già dichiarato di dover attraversare un percorso segnato dalle quote.



Riforma pensioni 2023: il sistema a quote per giungere alla quota 41 secca

Quota 103, quota 102, quota 100. Sono solo alcuni passi che il governo ha compiuto. Perché l’obiettivo sarebbe quello di approvare nuove quote che comprendono però anche l’alleggerimento della tassazione sui fondi pensione complementare ed eventualmente legiferare in merito al silenzio assenso per la destinazione del TFR direttamente a forme integrative. In pratica il lavoratore non potrebbe più richiederlo e questo verrebbe dirottato all’interno di Fondi integrativi previdenziali.



In pratica il governo sa che una legge strutturale sulle pensioni che preveda 41 anni di contributi, Intesa in modo secco, così com’è, non aiuterebbe le persone a raggiungere la exit lavorativa, Per questo la separazione delle voci pensionistiche da quelle assistenziali diventa necessaria. Per farlo serve anche rafforzare i fondi integrativi.

Riforma pensioni 2023: la missione è “trovare i fondi” per Ape sociale e Opzione donna

Il primo scoglio è quello della spesa in quanto far quadrare i conti non sarà certamente facile, la riforma pensioni ormai è passata al vaglio della manovra e pare non dovranno esserci nuovi aggiustamenti, ma il prossimo anno è prevista una crescita dell’8,1% contro il 3,9% del 2022. L’anno successivo invece ci sarà un incremento del 7,5%, e si aumenterà a 297,3 miliardi di euro rispettivamente 321,3 e 345,3 miliardi di euro.



Perché se quota 103 ormai è assodato che ci sarà, e anche da capire dove trovare le coperture anche per le proroghe di Opzione donna e Ape sociale.

Tutto ciò che però sta affannando i pensieri della maggioranza, non piace assolutamente ai sindacati che invece mirano a un pensionamento a 62 o 63 anni. Ed è infatti l’obiettivo che si era posto anche il precedente Ministero con Andrea Orlando, nei tavoli di lavoro che si sono svolti da gennaio a febbraio, almeno prima che cominciasse la guerra in Ucraina. L’inflazione dilagante e il peso per le casse dello Stato dovuto all’aumento dell’indice perequativo.

Il rilancio del secondo pilastro è una priorità sia dell’esecutivo che dei sindacati. Il governo vorrebbe quindi applicare un prelievo fiscale direttamente sulla rendita delle forme integrative del 9% in sostituzione al 15% attuale.