Tanto clamore su questo primo tavolo tecnico che il governo ha deciso di istituire con le sigle sindacali il 30 maggio, per poi ottenere semplicemente un nulla di fatto. Sarebbe bastato ragionare sul fatto che gli argomenti all’ordine del giorno erano numerosi, da poter comprendere che la riforma pensioni 2023 avrebbe avuto una comparsa pressoché marginale.
Riforma pensioni 2023: quale scenario per il futuro?
Un semplice e triste annuncio che suona più o meno così: “Si vedrà l’anno prossimo se tira il buon vento“. Eh sì, perché in fondo il governo Meloni non è in grado di fare i miracoli e questo, lo sapeva già prima di vincere le elezioni. Lo si capiva da quando un premier tecnico come Mario Draghi, è stato costretto dall’inflazione crescente e dall’incertezza delle politiche sui prezzi, a prorogare la legge strutturale sulle pensioni che pure lui aveva in mente di attuare. Nessuna quota 100 o quota 102: un paio di bocciature sonore volute dall’ex governatore della BCE proprio in vista di una riforma meno precaria, ma difficilissima da attuare.
In effetti il sistema previdenziale italiano è un vero e proprio labirinto in cui nemmeno i tecnocrati riescono a destreggiarsi. Troppe le variabili che concorrono ad una programmazione di spesa per gli anni a venire: il surplus di gettito dell’IVA dovuto all’inflazione, la necessità di aumentare la spesa in welfare, la vitale importanza di istituire tavoli tecnici con le aziende in crisi, in modo da attenuare per le casse pubbliche la spesa di coloro che potrebbero perdere il lavoro, incentivare il prepensionamento a carico delle aziende, e poi i dati più preoccupanti che concernono l’aumento dei pensionati in rapporto ai lavoratori. Dal 2035 l’INPS vivrà un momento storico: il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori.
Riforma pensioni 2023: l’impatto economico per l’INPS
Ad attenuare l’impatto economico che dovrà essere fronteggiato dall’istituto Nazionale previdenza sociale sarà sicuramente il regime contributivo entrato in vigore dopo la riforma del 1996. Ma dal 2035 al 2050 l’INPS vivrà momenti di crisi vera e propria.
L’aumento della spesa previdenziale in rapporto al PIL creerà numerosi grattacapi ed è proprio questo il motivo per cui non bisogna riporre grandi aspettative in una riforma pensioni che accontenti lavoratori. Chi andrà in pensione oggi lo farà sicuramente pagando un prezzo pur di garantire un risparmio alle casse pubbliche.
Ma venendo al dunque, la strategia di procrastinare la legge strutturale sulle pensioni da parte del governo Meloni porta con sé due vantaggi: chi ha votato Fratelli d’Italia sperando in una svolta, magari ha aiutato anche dal fatto che la lega Nord ha sempre fatto campagna elettorale proprio sul tema delle pensioni, potrà sperare ancora un po’ e crederci almeno fino al 2024. Inoltre l’attesa darà più tempo al governo per studiare una misura con il minore impatto sociale ma anche con un inferiore peso per le casse statali.
Il discorso del premier meloni al tavolo tecnico non ha escluso infatti la possibilità che il governo si occupi della riforma pensioni, ma ha annunciato che perché ciò accada c’è la necessità di valutare esattamente le risorse a disposizione. Dopo il primo calcolo di quota 41 nei primi quattro anni, appariva chiaro che in un momento di crisi e di transizione come questo, non fosse possibile attuare una riforma strutturale sulle pensioni così costosa senza che per questo si attuasse uno scostamento di bilancio.
Riforma pensioni 2023: la legge dal 2024 è mera utopia?
Ma l’Italia non poteva permetterselo e quindi rimandare è stata una scelta obbligata anche perché sarebbe stato possibile prendere più tempo e studiare meglio la situazione.
Ma in assenza di una legge strutturale e con la possibilità di una proroga di quota 103, gli italiani si domandano se almeno il Ministero del lavoro avesse pensato a proroga riapre sociale anche per l’anno prossimo , attraverso la Nadef di settembre oppure la legge di bilancio 2024 da approvare a fine dicembre.
Perché in una situazione come questa è proprio questa misura di cui si sente maggiormente la mancanza.
Il prossimo tavolo tecnico dunque vedrà una proposta sulla riforma pensioni 2023? Il governo comincerà a sbottonarsi in merito a quelle che sono le proposte più fattibili?
Con ogni probabilità il governo cercherà di far entrare dalla finestra quota 41 universale resa strutturale attraverso un programma previdenziale a 360 gradi, ma soltanto dal 2024, con l’entrata in vigore a partire dal 2025. Il motivo è che la cristallizzazione del diritto rende possibile a tutti coloro che presentavano già i requisiti nel 2020, di avvalersi della quota 100 e quota 102 fino a quell’anno.
Inoltre una maggiore crescita del paese si potrà registrare a partire dal 2026, secondo le prospettive attuali.