apeIl mistero sta proseguendo le analisi per valutare l’impatto socio economico di un eventuale legge strutturale sulle pensioni che potrebbe anticipare all’età pensionabile a 63 anni. Ma quali sono le ipotesi al vaglio del Ministero del lavoro?
Riforma pensioni: la panoramica delle proposte precedenti
Il precedente governo Mario Draghi avrebbe dovuto già proporre una legge strutturale sulle pensioni che era richiesta anche dall’Europa. Infatti Bruxelles aveva emesso il diktat verso il belpaese di una necessaria riduzione della spesa statale in campo previdenziale.
È vero che l’Italia ha una spesa previdenziale molto alta ed è altrettanto vero che, nei prossimi anni, l’incremento del peso di questa spesa in relazione al PIL metterà seriamente il rischio le casse statali.
A causa del conflitto in Ucraina il presidente Draghi non ha potuto inserire la riforma pensioni all’interno del documento di Economia e Finanza, da quel momento in poi si sono allarmati quasi tutti i sindacati che chiedevano la proroga per Ape sociale e Opzione Donna. Quest’ultima è stata modificata innalzando di due anni la exit per le potenziali beneficiarie della misura di welfare previdenziale.
Riforma pensioni: cosa potrebbe accadere
Il ministro Marina Calderone ha dichiarato che il governo ha le idee molto chiare sulla legge da attuare. Giorgia Meloni non ha mai nascosto la sua intenzione di lavorare ad una quota 41 universale senza limite anagrafico che potesse, ipoteticamente, mandare in pensione i lavoratori anche a 60 anni. Ma va da sé che i potenziali beneficiari potrebbero essere soltanto coloro che hanno ottenuto un posto statale in giovanissima età. La maggior parte dei lavoratori è fatta invece di autonomi, partite IVA e dipendenti di aziende che hanno dovuto sperimentare la crisi del 2008.
È per questo motivo che la riforma pensioni 2023 deve necessariamente includere anche i lavoratori con discontinuità contributiva, soprattutto le classi ’80 che hanno dovuto pagare il peso economico di una mancata riforma strutturale.
Del resto una quota 41 universale potrebbe anche costituire un ostacolo per la maggior parte dei lavoratori che non hanno hanno avuto una continuità contributiva e che rischiano, secondo le proiezioni dell’INPS, di andare in pensione oltre i 70 anni compiuti.
Anche per questo motivo fino ad oggi sembra certo che la prossima riforma strutturale sulle pensioni debba includere una normativa che riguardi i fondi integrativi.
Ma visto che la commissione messa a disposizione dal Ministero del lavoro guidato da Marina Calderone, ha il compito di studiare l’impatto socio economico delle varie proposte, ancora non è certo se prenderà maggiormente piede quota 41 oppure la proposta di una quota 41 con un limite anagrafico di 63 anni, una novità di cui si parla ancora da poco tempo.
Lo studio su quota 41 ha infatti evidenziato che il costo potrebbe essere eccessivo per lo stato nei mesi seguenti.
Attualmente molti sindacati, vista l’incertezza politica sull’argomento, hanno chiesto che venisse rivalutata la proports dell’attualePresidente dell’Inps, Pasquale TRidico il quale ha proposto una pensone a due velocità, che potesse da un lato soddisfare i lavorati e dall’altro l’istito che avrebbe emesso un assegno mensile ridotto per tutto il perodo anticipato e poi l’assegno pieno raggiunti i 67 anni, così come previsto dalla legge Fornero.