Se il governo Meloni aveva promesso una legge strutturale sulle pensioni entro e non oltre il 2023, ha dovuto immediatamente ricredersi a causa dell’inflazione troppo elevata e dell’aumento della spesa pubblica. Ciò ha determinato, come affermato dalla stessa Giorgia Meloni, un atteggiamento di prudenza nella redazione e nel concepimento del Documento di Economia e Finanza presentato nell’aprile scorso (DEF).



Riforma pensioni 2023: verso che direzione sta andando il governo?

Per questo motivo la Riforma pensioni 2023 è stata rimandata inevitabilmente al 2024, anche se c’è chi attende un’anticipazione all’interno della Nota di aggiornamento del DEF, prevista per settembre 2023. E così partono le scommesse: cosa prevederà la nuova legge sulle pensioni in merito alla tanto discussa età anagrafica per la exit? Una domanda a cui è difficile rispondere se non altro perché proprio recentemente c’è chi ha sollevato la possibilità, in ambienti di destra di modellare la legge sulle pensioni contemplando una exit all’età di 60 anni. E quindi introducendo quello che dopo Matteo Salvini e la quota 100 non sarebbe più stato accettato.



Ma il criterio stavolta potrebbe essere differente, perché è stato fatto notare che senza l’introduzione di un cuscinetto previdenziale che possa fungere come ammortizzatore, la Riforma Pensioni 2023, potrebbe fare più danni che altro: se non altro perché dal 2030 entrerà in vigore al 100% il calcolo contributivo, in sostituzione integrale del vecchio modello retributivo e della fase mista di transizione, ma nel 2035 il numero dei lavoratori sarà nettamente inferiore di 2/3 rispetto al numero dei pensionati.

Riforma pensioni 2023: verso la strutturalizzazione di Ape Sociale?

E quali saranno i pensionati di domani? Inevitabilmente gli over ’50, vale a dire coloro che oggi contavano sulla strutturalizzazione dell’Ape Sociale. Ecco perché c’è chi pensa che una riforma strutturale debba essere universalmente basata su regole che possano accontentare tutti: l’età anagrafica della exit pensionistica nel 2022 è stata di 62 anni.
Per questo c’è chi ipotizza che il pendolo della scelta definitiva possa oscillare tra 60 e 62 anni.
Se cos’ fosse il governo Meloni potrebbe preferire a quota 41 universale una exit direttamente a 62 anni, così da stigmatizzare anche per gli anni a venire la possibilità di consentire un accesso all’assegno mensile anche per coloro che hanno svolto mansioni gravose.
Tutto sta alla tempistica che il governo vorrà dare alla nuova legge: infatti se le idee sono davvero chiare come ha dichiarato il premier, la legge potrebbe venire alla luce almeno in fase embrionale in occasione della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF, per poi trovare maggiormente spazio nella legge di bilancio che sarà approvata a fine dicembre e che conterrà tutte le note programmatiche da attuare nell’anno fiscale e amministrativo successivo.