Gli ultimi incontri di marzo al Ministero del lavoro con Marina Calderone che detiene il dicastero più caotico di tutto l’esecutivo, ancora impantanato in una legge strutturale sulle pensioni tanto richiesta quanto detestata. Perché la proposta di una riforma con quota 41 senza vincolo dell’età anagrafica, rischia di far precipitare la situazione per tutti coloro che non hanno avuto una continuità contributiva. E non parliamo soltanto dei giovani, ma anche dei lavoratori entro i 55 anni, soprattutto residenti al sud Italia.



Riforma pensioni 2023: cos’è la pensione anticipata contributiva?

Ma quando si parla di discontinuità contributiva rientrano numerose motivazioni che spaziano dai casi specifici di alcuni lavoratori fino alla crisi economica che ha interessato l’occidente dal 2008 al 2012. Infatti la sofferenza delle imprese in quel periodo, ha avuto un fortissimo impatto sui lavoratori, benché l’origine fosse da rintracciare in una sofferenza bancaria.



Quale che sia la causa della discontinuità contributiva, è bene sapere che in Italia è ancora possibile accedere alla pensione con 20 anni di contributi. Va precisato che questo non vale per tutti, ma soltanto per alcuni lavoratori e ha determinate condizioni.

Se nel 2022 i sindacati stavano cercando di convincere il Ministero del Lavoro a elaborare una legge strutturale sulle pensioni che consentisse la exit all’età di 64 anni, equiparando quindi l’Italia alla Francia (dopo la riforma del sistema previdenziale francese voluta da Macron e fortemente avversata dalla stessa popolazione che ha ancora impegnata in scontri di piazza, n.d.r.).



Poi i sindacati hanno cambiato idea, e hanno finito per digerire addirittura una proposta come quota 41 universale, voluta dal governo meloni nonostante questa possa spostare l’exit anagrafica anche ben oltre i 70 anni e persino per i giovani che cominciano oggi con un tempo indeterminato. Quindi cosa aspettarci per il futuro? Sicuramente la riforma pensioni 2023 vedrà una prima bozza entro la fine dell’anno e potrebbe essere inserita nella nave di settembre oppure essere spostata addirittura nel Documento di Economia e Finanza (DEF) del 2024. Ma al di là delle scelte che verranno adottate, al momento è ancora possibile uscire dal mondo del lavoro all’età di 64 anni.

Riforma pensioni 2023: chi può andare in pensione con 20 anni di contributi

Bisogna però avere 20 anni di contributi, è una parte di questi devono essere stati versati nella propria cassa previdenziale nel periodo precedente al 1996, quindi nel precedente sistema previdenziale retributivo, che poi è stato sostituito dal nuovo sistema contributivo.

È bene precisare che questa modalità di pensionamento è fortemente legata al vincolo anagrafico e viene definita pensione anticipata contributiva.

Oltre al vincolo dell’età anagrafica c’è anche quello di superare il contributo minimo della pensione. Quindi se all’età di 64 anni e 20 anni di contributi non sarà possibile raggiungere la possibilità di ottenere un assegno mensile che sia di 2,8 volte maggiore rispetto al minimo pensionistico previsto e quindi per il 2023 coloro che avranno raggiunto la possibilità di beneficiare di un assegno mensile di 1408 euro al mese, 2,8 volte in più rispetto ai 503 euro previsti dall’assegno sociale.