LE PAROLE DI CALDERONE E TRIDICO
Marina Calderone ha partecipato, in videocollegamento, a un incontro nell’ambito del Festival dell’Economia di Trento, nel quale si parlato anche di pensioni e della loro sostenibilità. La ministra del Lavoro ha detto che “le strutture dell’Inps hanno un valore al di là di chi le guida, la sua sostenibilità per noi è centrale e la sua gestione è complessa. Nei prossimi anni le pensioni saranno influenzate dal calo della natalità, per questo ho attivato un osservatorio sui costi della previdenza. Alcuni lavori sono più gravosi di altri, ma il nostro sistema di welfare è centrale”. A proposito di Inps, il Presidente uscente, Pasquale Tridico, ospite della trasmissione Tagadà, in onda su La 7, ha detto, ribadendo un concetto già espresso in altre occasioni, che “il problema per le nuove generazioni non sarà se avere o meno la pensione ma i lavori che hanno svolto: con contratti a tempo determinato il rischio è che in futuro matureranno pensioni povere”.
NO AUMENTI SULLA TREDICESIMA PER LE PENSIONI
In attesa di una riforma pensioni più strutturata a partire dal prossimo anno, proseguono i preparativi “tecnici” di Ministero e sindacati in vista dell’incontro del prossimo 30 maggio, giugno novità sul fronte previdenza dopo l’ultima “manovra” lanciata dal governo Meloni con il Decreto 1 maggio: il taglio del cuneo fiscale non vedrà aumenti particolari sulla tredicesima per lavoratori e pensionati.
Lo rende noto l’Inps nel messaggio n. 1932/2023 in cui segnala le istruzioni attuative circa l’aumento dello sconto sulla «quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti a decorrere dal 1° luglio 2023»: come riporta il focus di “Pensioni oggi”, lo sconto sul cuneo sgrava la quota di contribuzione IVS che il datore di lavoro «trattiene dalla busta paga del lavoratore dipendente. L’Inps conferma che lo sconto è applicato mensilmente, dal datore di lavoro, a una condizione: che la retribuzione mensile, da intendersi “retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali”, non supera il limite di 1.923/2.692 euro mensili». (agg. di Niccolò Magnani)
LE RASSICURAZIONI DI TENERINI (FI) SU OPZIONE DONNA
Il Governo, nonostante alcune dichiarazioni dei primi mesi dell’anno, non è più intervenuto per modificare Opzione donna dopo la “stretta” varata con la Legge di bilancio, che riduce drasticamente la possibilità di accedere a questa forma di pensionamento anticipato, considerata “sostenibile” in quanto prevede il ricalcolo contributivo dell’assegno. Chiara Tenerini, deputata di Forza Italia, ha però voluto rassicurare i diversi comitati interessati al ripristino della “vecchia” Opzione donna, spiegando di avere predisposto due emendamenti al Decreto lavoro, approvato dal Governo il 1° maggio, che mirano ad ampliare l’attuale potenziale platea della misura, che a suo avviso andrebbe modificata. Al momento sembra comunque sempre più difficile il ritorno alla versione pre-Legge di bilancio di Opzione donna, anche perché ormai siamo arrivati a metà del 2023. Senza dimenticare che la finestra di pensionamento per il mondo della scuola si è ormai chiusa e si riaprirà solamente per l’ingresso in quiescenza da settembre 2024.
LE RACCOMANDAZIONI UE
Nelle raccomandazioni della Commissione europea inviate all’Italia viene ricordato che, a causa della necessità di indicizzare gli assegni all’inflazione, la spesa pensionistica del nostro Paese continuerà a salire nel prossimi anni, aggravando una situazione resa già difficile dalle misure di riforma delle pensioni varate negli anni scorsi. In questo senso Bruxelles rimarca che Quota 100 ha aumentato la spesa pensionistica di 25 miliardi tra il 2019 e il 2022. Considerando poi Opzione donna e Ape social, l’età effettiva di ritiro dal lavoro è stata nel 2021 pari a 63,9 anni, contro quella pensionabile fissata a 67 anni. Secondo la Commissione europea, per assicurare la sostenibilità del sistema pensionistico italiano nel lungo termine “è essenziale implementare pienamente la riforma del 2011”. Bruxelles raccomanda quindi di evitare misure temporanee che facilitino il pensionamento anticipato, accelerando invece il passaggio al sistema contributivo pieno.
RIFORMA PENSIONI, I DATI INPS
Dall’Osservatorio Inps sulla gestione dei dipendenti pubblici emerge, come riporta Ansa, che le pensioni degli ex statali “liquidate nel 2022 sono 155.945 con un calo del 9,4% sul 2021 quando era ancora in vigore Quota 100”. Tuttavia, “il numero delle pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici vigenti al 1° gennaio 2023 è pari a 3.107.983, in aumento rispetto all’anno precedente dello 0,8%. L’importo complessivo annuo delle pensioni (importo complessivo mensile moltiplicato 13) è di 83.318 milioni di euro, con un incremento percentuale del 5,2% rispetto al 2022. L’importo medio mensile delle pensioni vigenti è pari a 2.062,13 euro”. Inoltre, emerge che “quasi sei pensioni su dieci tra le vigenti sono state liquidate in anticipo rispetto all’età di vecchiaia”.
LA PREVALENZA DI PENSIONI ANTICIPATE
Infatti, il 58,9% delle pensioni sono di anzianità/anticipate, “con un importo complessivo annuo pari a 54.416 milioni di euro mentre il 14,3% sono pensioni di vecchiaia con importo complessivo annuo di 13.736 milioni di euro. Le pensioni di inabilità sono il 6,5% e il restante 20,3% è costituito, complessivamente, dalle pensioni erogate ai superstiti di attivo e di pensionato. Il 59,6% del totale dei trattamenti pensionistici è erogato alle femmine, contro il 40,4% erogato ai maschi. In tutte le categorie di pensione, eccetto la categoria delle pensioni di inabilità, si rileva una maggior presenza di pensionate sui pensionati, con differenziazione massima nelle pensioni ai superstiti”. Guardando alle pensioni maggiori la spesa maggiore è per i dipendenti dello Stato, con un importo medio mensile di 2.132,97 euro.
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