LE PAROLE DI DI STEFANO
Donato Distefano, direttore Cia Potenza-Matera, intervenendo alla presentazione del rendiconto Inps ha ricordato che “quanto alla situazione pensionistica, nelle aree rurali si vivono le situazioni più difficili: se in Italia quasi un pensionato su due vive con meno di 1.000 euro al mese, nelle campagne la media percepita si abbassa notevolmente, ed è proprio qui che si registra la massima concentrazione di pensioni minime, poco sopra la soglia di 500 euro mensili e quasi il 70% delle pensioni in Basilicata presentano importi sotto i 1.000 euro mensili, oltre alla netta differenza in negativo riguardo gli importi medi percepiti dai pensionati lucani che relega le nostre Province fra quelle con importi minori a riprova della modesta qualità assicurativa nei periodi di lavori. Per non parlare dei pensionati che vivono nelle zone di campagna i quali risentono in misura più pesante deI ‘morsi’ della crisi inaspriti dal disagio sociale, soprattutto per gli ultrasessantacinquenni, che pagano la nota carenza di servizi socio-assistenziali”.
LA PROTESTA DELL’ANP-CIA SULLA RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA
«Manovra deludente e poco ambiziosa»: dal mondo degli agricoltori arrivano critiche sulla riforma pensioni inserita nella Manovra di Bilancio in arrivo domani pomeriggio al Senato. L’analisi dell’Anp-Cia – Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani – sottolinea per l’appunto come la Legge di Bilancio del Governo Meloni sia «modesta e senza ambizioni, deludente sul versante delle pensioni, ancora una volta senza aumenti e con un’indicizzazione che non recupera nemmeno l’inflazione».
Le proposte degli scorsi mesi sulla riforma pensioni per ora sono rimaste inascoltate: dai peggioramenti su Opzione Donna («tempi previsti dalla misura sono troppo ristretti, così come le modalità di accesso e il valore stesso della pensione») al mancato intervento sulla pensione di garanzia per i giovani, così come male – per gli agricoltori – sarebbe la «riformulazione dell’Ape Sociale che cancella il riconoscimento dei lavori gravosi e usuranti, tra i quali quello degli agricoltori». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI CIRIANI E ORLANDO
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, intervistato dal Messaggero spiega che rispetto ai tempi inizialmente previsti per l’approvazione della Legge di bilancio, “il tutto slitta di qualche giorno. Ma questo è dovuto anche al fatto che il Governo è reintervenuto sul tema pensioni e ha trovato le coperture per i contratti della sicurezza e delle forze dell’ordine. Blindatura? Il messaggio è servito perché ci ha consentito di tenere fede all’impegno”. Il deputato del Pd Andrea Orlando, invece, come riporta Adnkronos, spiega di ritenere si debba “concentrare la nostra iniziativa sulla Legge di Bilancio, sulle questioni della sanità e delle pensioni, a partire da quella del comparto della sanità che è rimasta non risolta al Senato, contrariamente a quanto veniva detto. Non credo che si debbano tenere i riflettori puntati sul Mes e penso, invece, che bisogna spostare l’attenzione sul fatto che la manovra sul Mes non stia producendo effetti sulla riforma del Patto di Stabilità che, spiegato agli italiani, significa che se non vai in una certa direzione si torna all’austerità e al rigore. Significa il fallimento della Meloni”.
L’EFFETTO INVECCHIAMENTO POPOLAZIONE SULLE PENSIONI
Il Sole 24 Ore evidenzia come il trend di progressivo invecchiamento delle popolazione emerso anche dai dati sul Censimento 2022 di Istat appaia irreversibile nel nostro Paese e “il confronto tra il numero di anziani e giovani ne è la prova più evidente: l’indice di vecchiaia (che misura il numero persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni) è passato infatti dal 187,6% del 2021 al 193,1% del 2022 (era al 148,7% nel 2011)”. Nel 2022 a ogni bambino con meno di sei anni corrispondevano “oltre 5 anziani (5,6). Nel 1971 si contava un anziano per ogni bambino. In cinquant’anni, sottolinea l’Istat, è sempre più sbilanciato il rapporto tra anziani, bambini e giovani e fa l’esempio che se nel 1971 si contavano 46 over 65 ogni 100 giovani under 15, oggi (come detto sopra) se ne contano 193”. E questo squilibrio “non potrà non avere ricadute sul sistema lavorativo e previdenziale. Secondo le previsioni dell’istituto di statistica il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) è passata da circa tre a due nel 2022 e a circa uno a uno nel 2050”.
RIFORMA PENSIONI, IL PUNTO DELL’USB PUBBLICO IMPIEGO
Secondo l’Usb Pubblico Impiego, “alla fine il tanto atteso emendamento sul blocco del taglio delle pensioni di oltre 700 mila dipendenti pubblici è arrivato, ma la toppa è peggiore del buco. Medici, infermieri e personale sanitario, maestre/i, ufficiali giudiziari e personale degli Enti Locali, per non incorrere in tagli drastici dell’assegno pensionistico, legato alla quota di retributivo per chi ha lavorato tra il 1981 e il 1995, dovranno rimanere al lavoro fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia ovvero 67 anni, per ora. Perché nessuno può garantire che i requisiti per la pensione di vecchiaia non vengano ulteriormente peggiorati nel tempo, che è poi tra i principali motivi per i quali, appena si può, si scappa dal lavoro”.
LA STRETTA SU OPZIONE DONNA
Il sindacato di base ricorda poi che “va anche peggio per le lavoratrici costrette ad accedere a Opzione donna, che viene ulteriormente peggiorata sia nei requisiti di accesso che nella decurtazione economica”. Il giudizio di sintesi è che “fare cassa sulle pensioni e rendere continuamente precaria la qualità della vita in vecchiaia non è solo profondamente ingiusto ma anche il segno del disprezzo che questo Governo, e tutti quelli che l’hanno preceduto, nutre nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti di questo Paese. Non mancano i soldi, come dimostrano i continui e miliardari finanziamenti alle guerre o a inutili infrastrutture come il Ponte sullo Stretto, manca la volontà di difendere il lavoro pubblico e i servizi pubblici. A tanto disprezzo non resta che rispondere nelle piazze!”.
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