I CASI DI STOP ALLA PENSIONE CON QUOTA 103
Come ricorda Italia Oggi, l’Inps, con il messaggio 1681/2023, ha dato “il via libera alle liquidazioni delle pensioni con quota 103”, precisando che “la pensione anticipata non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui. L’incumulabilità totale vige dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia (oggi 67 anni). La presenza di reddito di qualsiasi importo e attività lavorativa svolta, anche all’estero, comporta lo stop della pensione nell’anno di produzione dei predetti redditi”. Va anche ricordato che è previsto un “limite d’importo all’erogazione della pensione: cinque volte il minimo dell’Inps, per le mensilità pagate in anticipo rispetto all’età per la pensione di vecchiaia (come detto 67 anni nel 2023 e 2024). Perciò, fino a 67 anni, il pre-pensionato riceve una pensione non superiore al predetto limite, pari nel 2023 a 2.818,65 euro lordi mensili (in misura annua pari a 36.642 euro)”.
LE PAROLE DI MISIANI
Come riporta Ansa, Antonio Misiani affonda il colpo sul Governo dopo l’audizione della Banca d’Italia sulla riforma fiscale. “L’audizione di Banca d’Italia ha messo sul tavolo della discussione sulla riforma fiscale alcuni dati incontrovertibili. Il primo: la flat tax Irpef è difficilmente compatibile con il nostro sistema di welfare. Il re è nudo, ci viene da dire. La tassa piatta, che il governo Meloni ha indicato esplicitamente come obiettivo della riforma fiscale, ci porta dritti verso un drastico ridimensionamento delle risorse per la sanità, le pensioni, l’assistenza. Secondo punto: la prima redistribuzione fiscale è ridurre l’evasione fiscale per abbassare le tasse ai contribuenti onesti. È un assunto che condividiamo in pieno”, sottolinea il responsabile Economia del Partito democratico, secondo cui “la destra, purtroppo sta facendo esattamente il contrario, infilando condoni persino nell’ultimo decreto bollette e proponendo un concordato preventivo biennale che rischia di cristallizzare l’attuale condizione”.
LA POSIZIONE DEL PD DI LAMEZIA TERME
Il Partito democratico di Lamezia Terme ha deciso di aderire alla manifestazione unitaria sindacale in programma domani a Napoli. Il Segretario locale Gennarino Masi, come riporta lametino.it, spiega che “il Pd di Lamezia Terme ritiene insieme al sindacato che bisogna agire per l’aumento/ dei salari e delle pensioni, agendo sia sul piano della riduzione del carico fiscale e contributivo per i lavoratori sia rinnovando i contratti nazionali pubblici e privati con aumenti che recuperino il potere d’acquisto in rapporto all’inflazione e puntino ad una crescita del valore reale di salari e pensioni”. Il Pd di Lamezia Terme, specifica ancora Masi, “che sarà presente alla manifestazione con una delegazione, sostiene le richieste unitarie avanzate da Cgil, Cisl e Uil, e invita i suoi iscritti, i cittadini, studenti, pensionati, associazioni ambientaliste, professionisti e imprenditori a partecipare alla manifestazione”.
TFS/TFR DIPENDENTI PUBBLICI, L’ATTESA PER LA CONSULTA
In un articolo pubblicato su pamagazine.it viene spiegato che l’Inps ha presentato i prestiti rivolti ai dipendenti che vanno in pensione per poter ricevere senza attese un anticipo del loro Tfs/Tfr a febbraio, ma “le prime erogazioni partiranno alla fine dell’estate, tra agosto e settembre”. Questo anche perché “i tempi di lavorazione delle domande sono molto lunghi e possono richiedere fino a 180 giorni, ovvero sei mesi”. Tuttavia l’interesse applica dall’Inps, pari all’1%, è molto più conveniente di quello praticato dalla banche. Intanto “sullo sfondo cresce l’attesa per la sentenza della Consulta, chiamata a stabilire se il pagamento differito della liquidazione agli statali (che a volte aspettano anche 7 anni per ricevere il Tfs-Tfr) sia legittimo o meno”. Un’attesa che riguarda anche il Tesoro visto che “pagare subito il Tfs ai dipendenti pubblici avrebbe un costo di 13,9 miliardi di euro soltanto per il 2023, un conto salato e difficilmente sostenibile per le casse dello Stato”.
RIFORMA PENSIONI, LA DEADLINE DI FINE MAGGIO
Il Sole 24 Ore spiega che “entro la fine di maggio sarà pienamente operativo il nuovo Osservatorio per il monitoraggio e la valutazione della spesa previdenziale. È sostanzialmente questa la ‘deadline’ per la nomina dei 15 membri del nuovo organismo, a partire dal presidente, che saranno individuati, nel rispetto del principio della parità di genere, attingendo dal ministero del Lavoro, dal Mef e dalla Ragioneria generale dello Stato, dalla Covip, da Mefop e tra esperti in materia pensionistica. Una nomina che dovrebbe arrivare a ruota di quelle dei commissari straordinari di Inps e Inail”. L’Osservatorio, entro l’autunno, dovrà fornire “indicazioni tecniche utili per individuare le soluzioni più idonee per il ‘dopo Quota 103’ e per gli interventi da adottare nel 2024, su cui Governo e sindacati dovranno confrontarsi”.
VERSO NUOVI INTERVENTI TAMPONE
Tuttavia, “per la riforma vera e propria occorrerà però attendere”. Dati i margini risicati di bilancio, infatti, spiega il quotidiano di Confindustria, con la prossima Legge di bilancio dovrebbero “scattare solo misure tampone, sulla falsariga, almeno per quel che riguarda la flessibilità in uscita, delle Quota 102 e 103 introdotte negli ultimi due anni. Anche perché Quota 41 in forma secca, su cui punta la Lega, è ormai diventato un obiettivo di legislatura”. L’Osservatorio, secondo quanto stabilito dal ministero del Lavoro, avrà una durata triennale e i 15 componenti lavoreranno a titolo gratuito. Entro 60 giorni dall’insediamento l’organismo dovrà presentare una prima relazione introduttiva per poi consegnare una relazione annuale.
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