L’AGGIORNAMENTO INPS
L’Inps fa sapere, come riporta Teleborsa, che “il sistema telematico per la presentazione delle domande di pensione anticipata è stato aggiornato alla luce delle novità previdenziali previste dalla Legge di Bilancio 2024”. Gli aggiornamenti riguardano la domanda di “Pensione Anticipata Flessibile legge di bilancio 2024” e di “Pensione Anticipata Opzione donna legge di bilancio 2023/2024”. Per quanto riguarda Opzione donna, “la procedura contempla la possibilità per le lavoratrici interessate di inserire anche il numero dei figli”. Per effettuare la domanda “è sufficiente accedere al sito dell’Istituto tramite Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, Cns (Carta Nazionale dei Servizi) o Cie (Carta di identità elettronica 3.0), e seguire il percorso ‘Pensione e Previdenza’, ‘Domanda di pensione’ al cui interno è presente la ‘Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, Ape Sociale e Beneficio precoci’. Resta sempre possibile presentare domanda tramite i patronati.
LE PAROLE DI TRIDICO
Come riporta lavocedelpopolo.it, in un convegno organizzato da Bcc Agrobresciano, l’ex Presidente dell’Inps Tito Boeri ha spiegato che “una popolazione con meno giovani è una popolazione piccola, e che innova di meno, produce di meno, crea meno valore. Anche questo inficia la sostenibilità della crescita economica dei Paesi e dei sistemi pensionistici. Il calo del peso della popolazione in età lavorativa rispetto al totale genera gravi problemi e rende meno sostenibili i sistemi di protezione sociale. Il trasferimento intergenerazionale per le pensioni è messo in difficoltà. Il problema, ha ribadito il Prof. Boeri, non è la longevità, ma la fertilità, le prospettive di natalità, strettamente collegate al lavoro femminile: oggi nei Paesi in cui si fanno più figli ci sono più donne che lavorano. Conciliare tassi di occupazione femminile e tassi di fertilità è quindi fondamentale per dare vita a un Paese. A questo tema si aggiungono inevitabilmente altre osservazioni legate alla disparità salariale fra uomini e donne e un andamento salariale discontinuo fra le donne nel corso della propria carriera”.
I DATI DI MONEYFARM E SMILECONOMY
In un articolo pubblicato sul Quotidiano Nazionale viene spiegato che da una simulazione di Moneyfarm e Smileconomy su 8 profili di uomini e donne italiani, emerge un gender gap non indifferente, “nell’ordine del 17%-18% per le donne trenta-quarantenni e del 21%-22% per le cinquanta-sessantenni, con una media del 19,7%; l’effetto della forbice salariale si esprime sul valore della pensione, soprattutto al crescere dell’età, con differenze comprese tra il 14% e il 26%, con una pensione media di 1.256€ per gli uomini e di 994€ per le donne, equivalente ad una forchetta del 26%; le stime sono addirittura ottimistiche rispetto agli scenari del mercato del lavoro, perché ipotizzano continuità lavorativa dai 25 anni fino al momento della pensione”. Tra l’altro, “le stime assumono la permanenza della legislazione corrente, elemento non scontato se si considera l’orizzonte temporale lungo e le pressioni sul sistema previdenziale”.
RIFORMA PENSIONI, LA CONTESTAZIONE DELLA CUB
La Confederazione unitaria di base segnale che il 16 novembre scorso Anp, Cgil, Cisl, Gilda, Snals e Uil “hanno sottoscritto un ennesimo accordo peggiorativo per il personale e vantaggioso per loro che cogestiscono il fondo pensioni di categoria Espero. Il nuovo accordo prevede che per gli assunti dal 1° gennaio 2019 scatterà l’iscrizione automatica alla previdenza complementare con il meccanismo truffaldino del ‘silenzio-assenso’, quando siano decorsi nove mesi dall’assunzione. Dato il valore retroattivo dell’accordo è previsto un periodo transitorio per chi è stato assunto tra il 1° gennaio 2019 e l’entrata in vigore dell’accordo. In tal caso i nove mesi decorrono dalla data di comunicazione dell’informativa” e “nei 30 gg. successivi alla comunicazione dell’iscrizione forzata è possibile esercitare il diritto di recesso”.
LA SCELTA CONSIGLIATA AI LAVORATORI
Per la Cub “i lavoratori fanno bene a tenersi stretto il TFR piuttosto che investirlo nei fondi pensione”, dato che “la previdenza privata non è sicura, perché basata su movimenti azionari per quel che riguarda il rendimento; non aiuta di sicuro una vera lotta per la difesa delle pensioni e contro l’innalzamento dell’età pensionabile; non aiuta nella lotta per la richiesta di un’erogazione del Tfs in tempi ragionevoli (adesso, se va bene, passano 36 mesi)”. Inoltre, “il fatto che sia gestito da parte sindacale non è una ‘garanzia’ ma un’aggravante perché è una forma di complicità nel depotenziamento della previdenza pubblica; conferisce denari alla parte sindacale che la gestisce attraverso gli interessi maturati dal lavoratore; è stata sottoscritta solo dal 10% dei lavoratori della scuola (docenti ed ata) e questo dovrebbe già farci riflettere”.
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