LE USCITE CON QUOTA 103, APE SOCIAL E OPZIONE DONNA STIMATE DALLA CGIL

Come riporta Repubblica, secondo uno studio della Cgil, realizzato da Ezio Cigna, responsabile politiche previdenziali, spiega che quest’anno appena 11.750 lavoratori potranno andare in pensione con Opzione donna, Quota 103 e Ape sociale. “Sarebbero stati 63.634, se i requisiti fossero rimasti quelli originari, senza penalità, finestre allungate, età alzate. Colpisce il dato femminile: zero con Quota 103, appena 250 con Opzione Donna”, aggiunge il quotidiano romano, che riporta anche le dichiarazioni di Lara Ghiglione, Segretaria confederale della Cgil, secondo cui sarebbe “tutto falso” il proposito del sottosegretario Durigon di un avvicinamento all’abolizione della Legge Fornero. “Questo governo riesce nell’impresa clamorosa di peggiorarla. I 41 anni per tutti poi ora sono diventati 41 anni col ricalcolo contributivo. Disarmante con quanta leggerezza riescano a danneggiare le lavoratrici e i lavoratori. Contrasteremo questo Governo con tutte le forme di mobilitazione”, sono le parole della sindacalista.



IL FOCUS DI ITINERARI PREVIDENZIALI SULLA (PROSSIMA) RIFORMA PENSIONI

Il sistema pensioni in Italia al momento è sostenibile perché aumentano gli occupati più dei pensionati, ma alla lunga «è necessario porre un limite alle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero e all’eccessiva commistione tra previdenza e assistenza cui si è assistito negli ultimi anni». Per Itinerari Previdenziali dunque la prossima riforma pensioni 2024 (e future) dovrà tener conto per forza di indicazioni in arrivo dalla spesa globale previdenziale, onde evitare il “crash” nei prossimi anni. I nuovi dati arrivano dal Rapporto di Itinerari previdenziali sul sistema previdenziale italiano, presentato questa mattina a Roma dal Presidente Alberto Brambilla.



«Nel 2022 per il Welfare sono stati spesi 559,5 miliardi, con una crescita del 6,2% sull’anno precedente, soprattutto a causa degli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale», spiegano da Itinerari Previdenziali, sottolineando come vi sia netta la necessità di separare le uscite previdenziali da quelle assistenziali, contenendo quest’ultimo capitolo di spesa. Ad oggi infatti l’assistenza costa allo Stato 157 miliardi di euro, +126% negli ultimi 10 anni: il sistema regge in quanto il rapporto attivi-pensionati è a quota 1,4443 restando lontano dalla soglia di sicurezza dell’1,5, ma per Brambilla «in futuro occorre «limitare le numerose forme di anticipazione ed equiparare le regole di pensionamento dei cosiddetti contributivi puri a quelle degli altri lavoratori». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI CAVALLARO

Secondo Francesco Cavallaro, “attivare la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi versati a prescindere dall’età è un’ipotesi condivisibile”. Il Segretario generale della Cisal, come riporta agenpress.it, evidenzia che “da tempo, tuttavia, aspettiamo una riforma sistematica sulle pensioni che non affronti solo il problema dell’età pensionabile ma anche e soprattutto quello relativo alla riduzione degli importi che colpirà coloro che accederanno alla pensione col sistema contributivo. Lo svantaggio economico è notevole, e anche la libertà di scegliere ‘Quota 41’ non sarà vera libertà se non si garantiranno pensioni dignitose. La Cisal da tempo sostiene che occorre migliorare i contratti di lavoro, i compensi, e scoraggiare la discontinuità lavorativa, al fine di porre le basi per una riforma che irrobustisca le pensioni del futuro, in un contesto in cui, oltretutto, cresce l’aspettativa di vita e crolla la natalità”.

LE REAZIONI DEL PD A DURIGON

Continua a scatenare reazioni l’intervista rilasciata da Claudio Durigon. Come riporta Ansa, Annamaria Furlan, Senatrice del Pd, evidenzia che “nel giro di un anno di governo siamo passati dalle promesse di abolizione della Fornero al peggioramento delle condizioni di accesso alla pensione, come certificato dall’intervista di oggi del sottosegretario Durigon. Sono riusciti nell’impresa che sembrava impossibile di far rimpiangere la legge Fornero”.Per Emiliano Fossi, deputato del Pd, “sulle pensioni va dato atto al sottosegretario Durigon di averci messo la faccia. Non era facile in piena campagna per le Europee ammettere candidamente che tutte le promesse elettorali della destra e del Governo Meloni erano un inganno e ‘quota 100’ una clamorosa fake news”. Il suo collega di partito Arturo Scotto, come riporta Adnkronos, ritiene che “il Governo debba rapidamente venire in commissione Lavoro e spiegare cosa intenda fare e con che metodo intende coinvolgere le forze sociali”.

RIFORMA PENSIONI, I DATI DELLE CASSE PRIVATIZZATE

In un articolo pubblicato sul sito di Itinerari Previdenziali, Bruno Bernasconi spiega che nel 2021 “il totale delle entrate contributive versate alle Casse privatizzate è ammontato a 10,948 miliardi, mentre le uscite per prestazioni a 7,883 miliardi: il risultato è un saldo positivo di 3,065 miliardi, con un rapporto entrate/uscite pari in media a 1,39. Sono ben 16 le Regioni su 20 oltre l’1,30: solo Liguria (1,13), Friuli-Venezia Giulia (1,15), Valle d’Aosta (1,16) e Toscana (1,29) presentano valori inferiori. Anche il rapporto tra attivi (1.541.947) e pensionati (518.951), pari a 2,97 a livello nazionale, è da considerarsi in linea di massima soddisfacente con tutte le Regioni comprese tra il 2,53 dell’Emilia-Romagna e i 4 della Calabria, con la sola eccezione di Liguria (2,24) e Friuli-Venezia Giulia (2,24)”.

LE DIFFERENZE TERRITORIALI

Inoltre, in linea a quanto accade nelle altre gestioni previdenziali, “si conferma come al Nord la quota di contributi sia più elevata rispetto alla quota degli iscritti, mentre al Sud accade l’opposto. Nel dettaglio, al Nord il 44% di iscritti contribuisce per il 50,2% delle entrate totali e con il 48,8% dei pensionati assorbe il 50,5% delle uscite; il Centro con il 22% degli iscritti contribuisce per il 21,9% rispetto al totale delle entrate e con il 23% dei pensionati riceve il 23,4% delle uscite; il Sud, infine, a fronte del 34% degli iscritti complessivi alle Casse contribuisce per il 27,8% delle entrate contributive totali, mentre al 27,7% dei pensionati corrisponde il 25,6% della spesa per prestazioni”.

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