Da due grandi esperti come Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari previdenziali, e Antonietta Mundo, membro del Comitato scientifico, vengono pubblicati e diffusi analisi e valutazioni sul sistema pensionistico che fanno giustizia dei tanti luoghi comuni che si sono sedimentati attraverso decenni di cattiva informazione. La vulgata ricorrente tiene insieme due menzogne: 1) si va in pensione troppo tardi; 2) le pensioni sono troppo basse.



I dati – che hanno la testa dura – dimostrano il contrario. Nel 2023 l’Inps ha liquidato ben 1.501.104 (nuove) prestazioni: 1 ogni 39 abitanti, un vero record europeo. Di queste, 837.399 sono trattamenti previdenziali IVS (pensioni anticipate, invalidità previdenziali, vecchiaia e superstiti), pari al 55,8% del totale delle liquidate, di cui l’83,7% al settore  privato e il 16,3% alle gestioni della Pubblica amministrazione per un importo medio di 1.292 euro mensili, con una diminuzione rispetto alle IVS del 2022 del 4,1% e con una riduzione ancora più marcata per le sole categorie “anticipata e vecchiaia”, pari al -5,5%.



Per quanto riguarda le età di pensionamento, le pensioni integrate al trattamento minimo sono l’8,1% (68.103 pensioni) del totale IVS, con un importo medio mensile di 570 euro, un’integrazione media di 156 euro mensili e un’età media di 68,9 anni perché il 48,4% sono liquidate ai superstiti; il 38,7% sono pensioni di vecchiaia (di cui il 51,6% a dipendenti privati, il 44,2% agli autonomi, il 4,2% nella gestione cumulo e totalizzazione), il 10,6% sono pensioni di invalidità previdenziale e il 2,2% (1.508 pensioni) erogate per oltre l’83% a favore di autonomi agricoli con età media 60,5 anni (coltivatori diretti, coloni e mezzadri). Ai fini delle età medie di pensionamento non sono stati considerati i 663.705 trattamenti assistenziali liquidati nel 2023, di cui 50.502 assegni sociali e 613.203 trattamenti di invalidità civile aumentati del 5,6% rispetto al 2022.



L’età media effettiva rilevata al pensionamento per IVS è stata di 66,6 anni, età abbastanza vicina all’età legale di 67 anni, stabilita per la pensione di vecchiaia di uomini e donne. A questa media concorrono: a) le 252.160 pensioni ai superstiti con importi medi mensili lordi di 1.015 euro e un’età media effettiva di 74,8 anni; l’età più bassa di 55,5 anni è relativa alle 65.360 pensioni di invalidità previdenziale (13 mensilità di 829 euro lordi); b) le 265.058 pensioni di vecchiaia con età media effettiva di 67,5 anni, importo medio di 1.112 euro e anzianità contributive di almeno 20 anni o poco più, anche se quasi sempre con alcuni anni di contribuzione figurativa per malattie, cassa integrazione, disoccupazione e così via (ecco perché sono spesso integrate al minimo); di queste 34.736 sono pensioni di vecchiaia supplementari della Gestione Separata con 383 euro mensili ed età media effettiva al pensionamento di 68,7 anni (si tenga presente che questa sono in prevalenza seconde o terze pensioni, ndr); c) le 254.821 pensioni anticipate con età media effettiva di 61,7 anni, prestazioni tra le quali ci sono quelle liquidate con 42 anni e 10 mesi di anzianità e senza requisiti di età (un anno in meno per le donne), un’anzianità contributiva più del doppio delle “vecchiaia”, con importi mensili medi di 2.032 euro lordi.

Dalla somma delle pensioni anticipate e di vecchiaia (b e c), pari al 34,6% di tutte le nuove pensioni liquidate, risulta un’età media effettiva di 64,6 anni, con un importo medio mensile lordo di 1.563 euro (nel 2022 la corrispondente media Ocse, era di 64,4 anni effettivi). Concorrono all’abbassamento delle età anche altri provvedimenti normativi tra cui, per il settore privato, “le attività usuranti”, i precoci con 41 anni di contribuzione, Quota 100-102-103, Opzione Donna, mentre è esclusa l’Ape sociale, poiché si tratta una prestazione assistenziale non pensionistica. Nel settore pubblico, invece, i dipendenti degli enti locali iscritti alla CPDEL, gli insegnanti iscritti alla Cassa pensioni insegnanti-CPI o i dipendenti civili e militari dello Stato iscritti alla Cassa pensioni Stato-CTPS: tutte gestioni nelle quali vigono limiti di età ordinamentali di 65 anni per il pensionamento di vecchiaia o vengono posti in pensione anticipata d’ufficio con qualsiasi età al raggiungimento dell’anzianità di 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne). Per i militari i requisiti per la pensione si abbassano a 60 anni di età e 35 di anzianità.

Altri limiti di età per vecchiaia anticipata riguardano il venir meno dei titoli abilitanti per alcuni profili professionali: 60 anni per i piloti e tecnici iscritti al Fondo Volo, 60 anni per i controllori di volo e alcuni profili tecnici di ENAV; di norma, ancora 48 anni di età per gli sportivi professionisti e 47 anni di età con 20 di anzianità per ballerini e tersicorei (poiché, come tutti, possono fare altri lavori, sarebbe ora di riportare queste vetuste regole alla normalità). Per contro, l’età di vecchiaia può raggiungere i 70 anni di età per la pensione di vecchiaia dei sanitari iscritti alla Cassa CPS, degli ufficiali giudiziari iscritti alla cassa CPUG e per i magistrati.

Casi particolari

Come curiosità, nel 2023 l’età media effettiva per le 20 pensioni anticipate del Fondo Volo è stata di 59,9 anni, mentre per le 94 pensioni di vecchiaia l’età media è stata di 63,3 anni; nel fondo integrativo minatori per le 13 pensioni anticipate l’età media è stata di 54,3 anni e per le 25 pensioni di vecchiaia l’età media si è alzata a 61,8 anni. L’età media effettiva delle 191 pensioni di vecchiaia dei lavoratori dello sport è stata di 56,5 anni; l’età media effettiva dei 327 pensionamenti anticipati nel settore dei trasporti è stata di 61,6 anni e per le 505 pensioni di vecchiaia 64,0 anni.

Italia: Paese dell’anticipo

Le 104.806 pensioni anticipate del Fondo lavoratori dipendenti, che nel 2023 rappresentano il 91,8% delle pensioni anticipate liquidate, evidenziano un’età media di 61,0 anni con importi medi mensili di 2.035 euro lordi. Le pensioni anticipate presentano ovviamente durate più lunghe e importi medi più alti rispetto a tutte le altre categorie.

Linee di un possibile riordino

A distanza di 28 anni dalla riforma pensioni di Dini, la soluzione potrebbe essere quella di tornare a una flessibilità in uscita con coefficienti di trasformazione dai 63/64 ai 72 anni e, contemporaneamente, innalzare il requisito di anzianità per la pensione di vecchiaia proponendo – per l’accesso con 67 anni – almeno 25 anni di contribuzione effettiva o un importo di pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale. Andrebbero altresì razionalizzati i pensionamenti per lavori gravosi che non esistono in letteratura medico-scientifica. Se ne avvantaggerebbero l’adeguatezza delle pensioni e, allo stesso tempo, si ridurrebbe la durata delle prestazioni che, nella più grande fase di invecchiamento della popolazione italiana, potrebbe mettere a rischio la sostenibilità del nostro sistema. Sistema che, ricordiamo, è basato su un forte patto intergenerazionale già eluso con l’enorme debito pubblico.

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