Ci risiamo, a proposito di riforma delle pensioni, il Sottosegretario al ministero del Lavoro e padre di Quota 100, Claudio Durigon, rilancia un vecchio cavallo di battaglia della Lega: quello dei 41 anni di contributi per poter accedere alla pensione.
I 41 per tutti indipendentemente dall’età anagrafica per accedere al pensionamento è un’idea che la Lega persegue, a oggi con scarsi risultati, dalla scadenza di Quota 100 nel 2021 per soddisfare le richieste di molti lavoratori soprattutto del nord Italia che avendo cominciato a lavorare molto giovani ritenevano di aver diritto a una giusta e meritata pensione dopo 41 anni di lavoro applicando ovviamente il metodo misto che sarà in vigore almeno fino all’anno 2036. Richiesta sacrosanta a mio parere e suffragata anche dalla proposta delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, perché aver lavorato e versato contributi per 41 anni della propria vita si ritiene che possa essere sufficiente per ritirarsi dal lavoro.
Sennonché in tre/quattro anni è cambiato il mondo e di conseguenza tutta la politica economica degli Stati europei, e dell’Italia in particolare, ne è stata completamente sconvolta. In questi ultimi anni abbiamo avuto il Covid che, ricordiamolo sempre, ha causato in Italia oltre 175.000 decessi, da due anni e mezzo siamo indirettamente impegnati in una guerra nel cuore dell’Europa dove il nostro contributo economico per sostenere l’Ucraina è molto considerevole e da oltre sette mesi subiamo anche gli effetti economici devastanti della guerra in Medio Oriente dalle conseguenze militari non prevedibili. Il costo dei superbonus edilizi, che pur hanno dato un impulso al Pil, è enormemente aumentato rispetto alle previsioni con valori di ben oltre i 100 miliardi e per quanto riguarda la previdenza la spesa, anche a causa dell’altissima inflazione causata dalle guerre sopracitate, raggiungerà i 337 miliardi quest’anno e aumenterà nel 2025 a 345 miliardi, nel 2026 a 356 miliardi fino a raggiungere i 368 miliardi nel 2027.
L’incidenza del costo delle pensioni sul Pil nei prossimi quattro/cinque anni sarà sempre ben oltre il 15% e raggiungerà addirittura il 17% nel 2040, mentre il debito pubblico alla fine del 2025 sfonderà i 3.000 miliardi con la conseguenza di dover pagare nel triennio 2024/2026 interessi per circa 270 miliardi.
Ci sono poi due elementi il cui mix si rivela esplosivo per i futuri conti delle pensioni che sono la fortissima denatalità che attanaglia l’Italia da quarant’anni, e dove non si vedono inversioni di tendenza, e l’aumento dell’aspettativa di vita ormai arrivata a 83,8 anni che determina che gli assegni previdenziali siano corrisposti per più anni con costi maggiori per lo Stato.
Con questa situazione economico/sociale e con una Riforma delle pensioni della Fornero molto gradita ai vertici europei e diventata improvvisamente a detta di tutti un baluardo ai conti dissestati della previdenza in Italia, è del tutto evidente che non si potrà fare quest’anno alcuna riforma delle pensioni 2024 e che le speranze della Lega di attuare Quota 41 si allontanino sempre più. Già quest’anno è stata istituita Quota 103 composta da 41 anni di lavoro e 62 anni di età con tutto il calcolo dell’assegno effettuato col sistema contributivo e l’idea della Lega dei 41 per tutti è stata spostata al termine della legislatura nel 2026 per essere operativa dal 2027. Durigon rilancia nuovamente i 41 anni indipendentemente dall’età anagrafica, ma col calcolo tutto contributivo che comporta una perdita sull’assegno previdenziale per sempre del 15-20%.
Durigon poi afferma che si potrebbe anche pensare, parlando di contributivo puro, di consentire di sommare i contributi versati nella gestione pubblica con quelli della previdenza complementare che potrebbero servire non soltanto per raggiungere i contributi necessari, ma anche per aumentare l’importo della futura rendita. Potrebbe essere un’ipotesi interessante di riforma pensioni, ma si dovrebbe fare un discorso complessivo sulla previdenza complementare che in Italia stenta a decollare per scarsa educazione finanziaria e per motivi ideologici. Ridiscutere tutto il pacchetto della “seconda gamba del sistema previdenziale italiano” che con l’attuale sistema a ripartizione ormai in crisi potrebbe diventare una risorsa importante da perseguire soprattutto nei confronti delle giovani generazioni aumentando le detrazioni, applicando minori tassazioni e ponendo tutto l’impianto complementare sotto il controllo di un organismo pubblico.
Quanto alle dichiarazioni di Durigon sono troppo penalizzanti come dimostrato anche dalla recente Quota 103, cui hanno aderito pochissimi lavoratori. Abbiamo bisogno, invece, di incontri serrati tra esperti economici, attuariali, informatici, organizzazioni sindacali e datoriali che in maniera concreta e approfondita mettano mano a una possibile ipotesi di riforma delle pensioni che, dopo l’approvazione delle forze politiche, possa dare ai cittadini italiani le risposte che aspettano su un argomento così importante della loro esistenza.
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